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 2008  novembre 11 Martedì calendario

Il torneo di calciobalilla prima di iniziare a lavorare non lo fanno più. Diradate anche le partite di tennis con la pallina di carta da un divano all´altro del salotto di Aldo

Il torneo di calciobalilla prima di iniziare a lavorare non lo fanno più. Diradate anche le partite di tennis con la pallina di carta da un divano all´altro del salotto di Aldo. Il trio comico più amato d´Italia, adesso si è fatto solerte, subito sotto, al lavoro. Ma il clima di lieta follia resta. Aldo porta una idea («ne ha quintalate; per forza, non fa niente tutto il giorno», chiosano gli altri), poi tutti e tre insieme chiacchierano, giocano, inventano, provano, scrivono, cambiano, la sviluppano? Una scena che era partita da due serial killer diventa l´irresistibile sketch del bancomat di Anplagghed, lo spettacolo record di incassi del 2006: quello dove Giacomo è uno di noi che vuole solo prelevare dei soldi ma inciampa nel mondo surreale di Aldo e dell´ineffabile punkabbestia Giovanni. Oppure una vecchia storia di vent´anni fa su due scienziati e un intervistatore, tornata alla memoria, diventa Il cosmo sul comò, titolo del nuovo film che dal 19 dicembre affronterà il mercato di Natale, dopo un anno di incontri, sedute e due mesi di set a Milano. Il bello di Aldo, Giovanni e Giacomo è che vivono e lavorano con la stessa leggerezza, allegria e generosità di certe loro storie comiche. Sono carichi di popolarità, record, fan appassionati che conoscono a memoria i loro sketch, ma sono rimasti tre giovanotti (rispettivamente cinquanta, cinquantuno, cinquantadue anni) che ancora si regalano il piacere del gioco, del divertimento, dello spreco. E infatti la loro è un´officina di risate un po´ speciale: fabbrica film, spettacoli, pubblicità, libri, dvd e milioni di euro (trentotto Chiedimi se sono felice, il film del 2000; trentatré Così è la vita, del 1998; diciannove Tu la conosci Claudia, del 2004) ma prospera da diciassette anni in una sua simpatica dimensione domestica. A partire dalla scelta del luogo: la casa di Aldo, tra Monza e Milano, dove si riuniscono da anni, tutti i giorni se devono fare un film o uno spettacolo, qualche giorno alla settimana se non c´è un progetto preciso. Sempre dalle tre alle sei del pomeriggio. «Ci troviamo ma così, rilassati, senza stress», mette le mani avanti Aldo. E Giacomo: «Uno lancia l´idea, di solito Aldo, che ne ha anche di incredibili. Poi gli altri sono bravi a entrarci dentro, costruendo personaggi e situazioni. A me viene in mente un poliziotto, a Giovanni magari una vecchietta? buttiamo giù sui nostri quaderni lo scheletro dello sketch, poi andiamo avanti. Il tutto in un´atmosfera molto di relax, chiacchierando, divagando? Aldo in genere scarabocchia disegni su fogli volanti. In questo modo di storie ogni volta ne vengono fuori a decine. Alla fine ci accorgiamo che potremmo mettere insieme due o tre spettacoli. Ma l´importante è divertirci, se no che gusto c´è?». Per il nuovo film, il sesto della loro carriera (settimo col progetto audiovisivo di Anplagghed), il primo con la regia di Marcello Cesena, assicurano che si sono divertiti molto costruendo cinque episodi - tre storie "normali", una folle e una quinta filo di Arianna che collega tutte le altre - e una caterva di personaggi nuovi, tra cui un prete, Aldo coi capelli, loro tre nei panni di alcune figure di quadri famosi che si animano. Spiega Giovanni: «Per noi creare vuol dire inventare. Le nostre storie non sono mai dialogo, sceneggiatura. Non siamo Woody Allen che forgia le battute. Noi accenniamo l´idea, poi la improvvisiamo. Il dialogo cambia continuamente. A restare fissi sono i personaggi. Tant´è che i nostri quaderni di lavoro sono fitti di canovacci, storie appena abbozzate, non di veri e propri testi perché battute e intrecci sono molto scarni, vengono fuori poi, scherzando, rimpallandoci l´un l´altro le frasi. Provando molto specie se facciamo teatro». All´inizio, raccontano, erano molto più incoscienti: «Nel ´91, quando ci siamo messi insieme la prima volta sul palco del Cafè Teatro di Verghera di Samarate, vicino Legnano, arrivavamo senza nulla di pronto: un´ora prima dello spettacolo facevamo lì per lì una sorta di canovaccio con tre o quattro idee e si andava in scena. Eppure eravamo un fiume in piena. un peccato che all´epoca non scrivevamo nulla sui quaderni, sarebbero stati un serbatoio comico cui attingere ancora oggi. Per dire che pazzi: io mi ero rotto una gamba e andavo in scena su una carrozzina a rotelle, perciò ci eravamo inventati la parodia della ruota della fortuna e in palio c´era l´Opel tamarro di Aldo, una Opel con una pantera sul cofano, da vero terrone. Chi riusciva a metterla in moto era sua. Mi pare che ci riuscì solo uno spettatore una volta, ma l´auto si rifiutò di prenderla». In questo clima di spensieratezza artigianale ognuno ci mette del suo. «Aldo è il nostro macina-idee, è incontenibile. Ma è anche il terrone, quella parte dell´Italia che ci dà la possibilità di litigare sulla scena», dicono gli altri due. «Giacomo è quello che pur essendo una schiappa nelle cose fisiche, mentre noi siamo lì a sudare e faticare, trova quei due o tre gesti maledetti che la gente poi ricorda. Prendi Tafazzi, l´interista masochista in tuta nera che si martellava i genitali? con quella cazzata è pure entrato nello Zingarelli. L´anno prossimo lo inviteranno all´Isola». Giovanni è il mimo, la fisicità ma anche «il pilastro, quello che nei momenti chiave ha deciso il nostro destino». Senza le idee di Giovanni, raccontano, non ci sarebbe mai stato il successo. Bisogna risalire a Mai dire gol, la trasmissione tv che nel triennio ´95-97 ha segnato il momento più elettrizzante e incredibile della storia del Trio. Giacomo a ricostruire: «Ogni settimana inventavamo cose nuove, dividendoci per di più tra tv e teatro, prima con Paolo Rossi, poi nel ´96 con i nostri Corti, e l´anno dopo ancora con il nostro primo film. Non si finiva mai. Che energia. Ma che umiliazioni all´inizio. Mai dire gol per noi non era partito bene: i tre della Gialappa´s ci bocciavano idee. Poi c´era Teo Teocoli che, non avendo saputo del nostro arrivo, l´aveva presa male. Dopo le prime tre puntate pensavamo di andar via, di essere cacciati. I tre vecchietti non funzionavano. I bulgari nemmeno. C´eravamo inventati Aldo che faceva l´arbitro e noi due i guardalinee, ma in realtà eravamo tre capacchioni. Ci voleva qualcosa. La Gialappa´s insisteva a dirci di creare ognuno un personaggio. Forse pescando dalla lontana memoria di quando faceva il mimo, Giovanni a un certo punto s´inventa il geco, una cosa da pazzi perché se ne stava appeso a un muletto con una corda che poteva pure stritolarlo, ma quell´animale strano che strisciava sul muro fu un successo enorme». Da lì nacquero il cammello (Giovanni), gli struzzi (Aldo e Giovanni), l´avvoltoio (Giacomo): personaggi tornati in vita in una serie di spot. E poi Nico il sardo, l´inventore dello "sgracchia e vinci" e del primo dizionario sardo Cuccureddu, suo fratello Sgracchiu (Aldo) e il nonno (Giacomo), per non parlare degli indimenticati svizzeri, Rezzonico (Giovanni), Huber (Aldo) e Gervasoni (Giacomo), nati intrecciando personaggi preesistenti, accenti ticinesi depositati nella memoria, la presa in giro della Svizzera efficiente, e un po´ di viaggi Milano-Chiasso. Non tutti gli incontri di lavoro sono ugualmente fervidi, effervescenti. Aldo: «Ci sono giorni che non viene fuori niente. Ed è meglio lasciar perdere. Piuttosto giochiamo a calcetto. Litigi? Pochi, mai stato un vero scontro». Giovanni: «Lavoriamo insieme da così tanto tempo che nessuno si sognerebbe di dire una cosa che non diverte l´altro. Anzi basta che uno non sia convinto di una scena che gli altri si tirano indietro». Niente protagonismi, esibizionismi, sopraffazioni, nessuna frenesia personale. Dov´è il segreto di questa meravigliosa officina? «Siamo tre estranei, ci odiamo e finito il lavoro speriamo di non vederci più», ironizzano. Dice Giacomo: «Come altro definire se non una grande amicizia quello che Aldo e Giovanni hanno fatto per me quando ancora non eravamo insieme? Mi passavano le loro serate per tirar su duecentomila lire in anni, la metà degli Ottanta, difficili per tutti, in cui loro facevano i mimi nei supermercati, e io con Marina Massironi l´annunciatore di pubblicità, e per guadagnare un po´ di più sognavo il doppiaggio. Una volta ci chiamarono pure, me e Giovanni, per le tartarughe Ninja. No, mica le voci, dovevamo solo fare "uch" "ah" "hu", i suoni, ma eravamo così scarsi che dopo un turno ci mandarono via». Aldo: «E io come posso dimenticare che Giacomo mi ha ospitato per sei mesi a casa sua quando io non avevo nemmeno i soldi per piangere? O che fu Giovanni a pagare l´affitto del furgone necessario a firmare il nostro primo contratto con un agente vero? Fu un´avventura. Gli amici, Anna Guri che oggi lavora con noi, Susanna Wachter che gestiva il Teatro Ciak di Milano, allora un tempio per i comici, ci dicevano che per crescere dovevamo andare all´Agidi, l´agenzia di Paolo Guerra, la stessa di Paolo Rossi. Dopo molto insistenze sbottò: "Affitto un teatro a Modena, voi mi fate vedere il vostro spettacolino e non mi rompete più le scatole". Quel santo di Giovanni, che pure aveva famiglia, tirò fuori novecentomila lire per affittare il camioncino e trasportare le scene dello spettacolo Lampi d´estate che già gli era costato dieci milioni di lire, disinvestendo gli unici due Bot che aveva. Meno male che finì bene: facemmo lo spettacolo, non so nemmeno come, visto che in sala c´erano solo Guerra, la moglie, il figlio Mattia di tre anni, i suoceri, il cane, ma chiuso il sipario venne con le lacrime agli occhi dal ridere, ci portò al ristorante e sulla carta del pesce firmò il contratto». La comicità li ha fatti conoscere, li tiene legati nell´amicizia e continua ad arricchire il loro legame. Fruttuoso anche perché talvolta ognuno prende la propria strada: Giacomo impegnato nelle iniziative del Centro San Fedele di Milano, luogo del cattolicesimo milanese più aperto al dialogo; Giovanni con la sua passione ecologista coltivata letteralmente in Monferrato, dove ha preso casa; e l´irrefrenabile Aldo che dipinge, canta, compone canzoni. Dice: «Potremmo tirare i remi in barca e dire: sì, abbiamo ricevuto molto più di quello che aspettavamo dalla vita. Però forse è proprio questo a renderci più rilassati, a permetterci di non tradire noi stessi e fare solo ciò che noi riteniamo sia di qualità. Insomma a essere felici. Anche se il nostro agente dice che le banche sono crollate, i risparmi persi e bisogna ricominciare da capo». ANNA BANDETTINI PER LA REPUBBLICA DI DOMENICA 9 NOVEMBRE 2008