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 2008  novembre 09 Domenica calendario

Detroit, 3milioni di posti a rischio - Andrea Malan - Il Sole 24 Ore, 9 novembre 2009 Nei cinque anni dal 2002 al 2007 le case automobilistiche americane hanno perso 2,2 milioni di veicoli sul mercato interno – dai 10,6 venduti nel 2002 agli 8,4 del 2007

Detroit, 3milioni di posti a rischio - Andrea Malan - Il Sole 24 Ore, 9 novembre 2009 Nei cinque anni dal 2002 al 2007 le case automobilistiche americane hanno perso 2,2 milioni di veicoli sul mercato interno – dai 10,6 venduti nel 2002 agli 8,4 del 2007. Nei soli primi dieci mesi di quest’anno ne hanno perso un altro milione e mezzo. Questa cifra misura l’accelerazione della crisi, spiega come mai le pur dure misure di ristrutturazione prese a Detroit negli anni scorsi siano largamente insufficienti a riportare i conti in equilibrio e giustifica l’urgenza con cui le General Motors e le rivali chiedono aiuto al Governo americano. In base alle più pessimistiche, il fallimento di uno o più costruttori potrebbe costare fino a tre milioni di posti di lavoro negli Usa. Secondo quanto scrive il «Wall Street Journal» i leader democratici del Senato, Harry Reid, e della Camera, Nancy Pelosi, scriveranno al presidente Bush per sollecitare l’aiuto alle tre case automobilistiche di Detroit sotto forma di apertura alle loro finanziarie del programma di acquisto di "attività tossiche" da parte dello Stato (Tarp). Il presidente eletto Barack Obama ha già dato il suo sostegno alle misure di aiuto, ma i tempi per Detroit sono molto stretti, con Gm e Ford che hanno "bruciato" 15 miliardi di dollari di liquidità in tre mesi. Per questo la maggioranza democratica in Congresso si muove autonomamente, sotto la spinta di senatori e rappresentanti del Michigan. Il Dipartimento dell’Energia, che dovrebbe erogare il prestito da 25 miliardi approvato a ottobre, ha già fatto sapere che difficilmente riuscirà a farlo entro fine anno. E questa prima tranche sarebbe solamente una boccata d’ossigeno, un po’comeilprestito da 300milioni di euro che ha finora consentito la sopravvivenza di Alitalia; serviranno almeno altri 25 miliardi per consentire ai costruttori americani di superare la crisi. Le decine di migliaia di posti di lavoro già eliminati dalle Big Three e dall’indotto non sono infatti bastate a ristabilire la competitività, nonostante l’accelerazione dei tagli: 140mila nei dodici mesi a fine settembre, compreso l’indotto, oltre 60mila da agosto a ottobre. Secondo uno studio pubblicato questa settimana dal Center for Automotive Research (Car), il fallimento di una o due delle Big Three potrebbe provocare nel 2009’in caso di blocco complessivo della produzione – la perdita di 240mila posti di lavoro diretti, 800mila nell’indotto e altri 1,4 milioni come conseguenze su settori esterni (per effetto del calo della domanda aggregata di beni e servizi). Secondo il Car l’impatto sarebbe rilevante anche per gli impianti stranieri negli Usa, che condividono in partegli stessi fornitori. Se le ipotesi del centro studi rispecchiano gli scenari più pessimistici che Detroit evoca per ottenere gli aiuti pubblici, la logica delle richieste di aiuto è chiara: per le finanze pubbliche è forse meglio "investire" 50 miliardi di dollari subito che riparare il danno dopo; una logica non dissimile, insomma, da quella utilizzata dal segretario al Tesoro Paulson per far digerire al Congresso il maxi piano di aiuti alle banche. Se alcune banche sono state "fatte salvare" dalle concorrenti; per l’auto una "soluzione nazionale" si è rivelata finora impraticabile (la fusione Gm-Chrysler è per ora saltata perché nessuna delle due è in grado di pagare i costi delmatrimonio) e nessuno straniero si è finora lasciato convincere a investire. La crisi di Detroit viene da lontano (l’industria americana nei cinque anni dal 2002 al 2007 ha perso terreno in un mercato sostanzialmente stabile) ma si è aggravata quest’anno con il crollo del mercato, partito nella prima metà dell’anno con il caro petrolio e la crisi dei mutui subprime ed accelerato dopo l’estate con il blocco completo dei finanziamenti al consumo. Con un paradosso in più per General Motors: a causa della crisi della finanziaria Gmac (controllata al 49% dal colosso dell’auto e al 51% da Cerberus), è stata costretta a consigliare ai clienti di rivolgersi ad altre finanziarie... con risultati disastrosi: -45% per le vendite a ottobre. Un crollo così repentino della domanda (non solo per Gm) è derivato anche da un altro fattore: le vendite di auto sono state artificialmente sostenute, da una politica monetaria espansiva e dagli incentivi pagati dalle stesse case automobilistiche. La campagna "Keep AmericaRolling", lanciata proprio dalla General Motors a partire dall’attacco alle Torri gemelle del settembre 2001, si è di fatto trasformata in una guerra combattuta a colpi di sconti e finanziamenti a tasso zero (un recente studio della banca d’affari Goldman Sachs sottolinea peraltro che la domanda è stata artificialmente gonfiata anche in Europa, proprio dal 2001). Il risultato degli incentivi negli Usa è che le vendite sono rimaste relativamente stabili fino al 2006 tra i 16,6 e i 16,9 milioni di auto, per poi scendere a 16,1 l’anno scorso. Quest’anno le stime più ottimistiche non superano i 14,5 milioni, ma c’è chi teme una scivolata verso quota 13 se gli ultimi due mesi dell’anno saranno pari al terribile ottobre. Goldman Sachs prevede 13,8 milioni quest’anno e una discesa a 13 nel 2009; un calo del 25% dal picco ciclico – scrivono gli analisti della banca d’affari – è in linea con le precedenti recessioni, mentre una ripresa più lenta (le vendite Usa nel 2011 sarebbero a 15 milioni di unità, uno meno dell’anno scorso) deriva dalla minore facilità a finanziare gli acquisti. Se la recessione è già iniziata sulle due sponde dell’Atlantico, i costruttori americani sono i più colpiti: perché già prima perdevano quote sul mercato interno, e perché dopo anni di perdite sono ridotti finanziariamente allo stremo. Basteranno a ricapitalizzare Detroit i 50miliardi di fondi pubblici? La data chiave è quella del 2010, quando entrerà regime l’intesa siglata l’anno scorso dalle case con i sindacati della Uaw: la riduzione degli oneri per l’assistenza pensionistica e sanitaria potrebbe a quel punto riportare la struttura dei costi di Detroit in linea con quella dei concorrenti stranieri.