Il Messaggero 11/11/2008, An. Pa., 11 novembre 2008
ROMA - Non riparte, l’industria italiana. La produzione scende per il quindo mese mese consecutivo, secondo i dati Istat di settembre
ROMA - Non riparte, l’industria italiana. La produzione scende per il quindo mese mese consecutivo, secondo i dati Istat di settembre. La flessione su base annua è dello 0,4% e porta al 2% il calo nei primi nove mesi del 2008, ma il passo indietro su agosto (2,1%) è il più vistoso dell’ultimo decennio. Per di più, l’Istat sottolinea che a settembre 2008 i giorni lavorativi sono stati due in più rispetto al 2007: e dunque la variazione corretta diventa un pesante meno 5,7%. E la situazione non pare destinata a migliorare: il Centro studi di Confindustria prevede che il calo proseguirà anche a ottobre, e l’Isae dal canto suo vede a fine 2008 una retromarcia del 3%. «Sono dati molto negativi», secondo la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, per la quale però uscire dalla congiuntura negativa «è possibile», a patto che «la Bce riduca i tassi, le banche continuino a sostenere l’economia», e il governo «supporti fiscalmente le imprese che continuano ad investire, sostenga le famiglie più povere e avvii un piano per le infrastrutture». A soffrire sono infatti un po’ tutti i settori (fa eccezione solo quello di elettricità, gas e acqua), con ribassi a due cifre per pelli e calzature, prodotti in legno e mezzi di trasporto, e Federmeccanica che prevede cali attorno al 3%. Un rallentamento che non accenna a finire. Il Centro studi di Confindustria stima una «netta diminuzione» della produzione anche in ottobre (-2,6% annuo) e sottolinea che, al di là delle oscillazioni mensili, il trend resta «di contrazione». Anche l’Isae prevede una flessione della produzione nei prossimi mesi (-5,5% a ottobre, -8,1% a novembre, per poi rimbalzare dell’1,9% a dicembre), con il già citato prnostico di un meno 3% a fine anno. Preoccupati si dicono, a loro volta, sindacalisti e consumatori, che chiedono misure urgenti. Trasferendo, in proiezione, i dati sulla produzione sulle prospettive occupazionali «ne va dedotto che abbianmo già un grave problema», diagnostica la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, secondo la quale, oltre alla questione dei redditi e degli ammortizzatori, serve che si rilancino gli investimenti. Dall’Ugl Cristina Ricci chiede di ridurre le tasse alle piccole imprese, ai lavoratori, ai pensionati e alle famiglie. Adusbef e Federconsumatori, poi, vedono uno stretto collegamento con il potere di acquisto delle famiglie ridotto ai minimi termini e chiedono una «sferzata economica», suggerendo una moratoria che riduca i prezzi di largo consumo e l’anticipo dei saldi, un forte processo di defiscalizzazione per incrementare il potere d’acquisto delle famiglie e un nuovo meccanismo che preveda l’adeguamento delle rate dei mutui a tasso variabile. Suggerimenti in proposito arrivano anche dal Cerm. I cui economisti affermano che non si può correre il rischio di attendere gli effetti dell’espansione monetaria o di affidarsi al solo rientro del prezzo del greggio. Per accelerare la ripresa è necessario invece «lavorare a progetti di rilancio della domanda aggregata, sia per consumi che per investimenti, con misure rapide e chiare». E il Cerm propone dunque un mix di misure coordinate, tra cui la razionalizzazione della spesa pubblica, «l’avvio di progetti di ”public procurement” competitivo per le grandi opere infrastrutturali, l’innovazione e la ricerca, l’avvio di un processo di riforma ad ampio raggio dei mercati di beni e servizi, la riforma del mercato del lavoro verso schemi di contrattazione decentrata», la riforma delle pensioni e del welfare per una maggior diversificazione degli istituti e un welfare attivo in tutte le fasi di vita degli individui e delle famiglie. An. Pa.