Paolo Rumiz, la Repubblica 11/11/2008, 11 novembre 2008
Ryzsard Kapuscinski raccontò un giorno di essere stato invitato a cena dal re di Svezia, che voleva sentire dei suoi viaggi nel Terzo Mondo
Ryzsard Kapuscinski raccontò un giorno di essere stato invitato a cena dal re di Svezia, che voleva sentire dei suoi viaggi nel Terzo Mondo. Quando arrivò a corte s´accorse che a tavola c´erano dieci tra gli uomini più potenti della Terra. Petrolieri, padroni dell´industria farmaceutica e alimentare, fondatori di imperi elettronici, banchieri e titolari di miniere di diamanti. Una bella fetta del prodotto lordo planetario s´era raccolta attorno a lui lì a Stoccolma. Quando il polacco cominciò a raccontare la miseria degli Ultimi, con i quali aveva condiviso trent´anni di vita da reporter tra Africa, America Latina e Russia sovietica, s´accorse subito che i padroni del Pianeta non avevano la minima idea dei disastri su cui si fondava la loro ricchezza. Tutti lo guardavano attoniti; tutti, alla fine, gli strinsero commossi la mano, e tutti staccarono davanti al re assegni miliardari per questa o quella associazione benefica, come vergogandosi di ciò che avevano saputo di se stessi. «La macchina dell´informazione ? mi spiegò il viaggiatore più inquieto del ventesimo secolo ? è costruita apposta per non farci sapere la gravità del disastro mondiale. Dio non voglia che la verità non inceppi la macchina del consumo? Così si tace: e il silenzio è così perfetto che persino i potenti ignorano la verità». Certo, disse, siamo prontamente informati delle guerre. Ma il disastro non sta negli eventi; sta in ciò che si ripete ogni giorno, e, ripetendosi, non fa più notizia. Il dramma è la «normalità della miseria e della fame». Per capire la macchina infernale devi uscire dai circuiti, diventare viaggiatore leggero, battere strade fuori mano. Ed ecco che Giampaolo Visetti, inviato di Repubblica, proiettato anni dopo negli stessi mondi di Kapuscinski, va a sporcarsi le scarpe nella polvere dell´Asia Centrale, nel gelo acquoso della Siberia e nel fango dell´Africa equatoriale. Viaggia dalla Groenlandia al Sudafrica. Va, torna, scrive, e arriva alle stesse conclusioni. La storia la scrivono i vincitori, ma appartiene ai vinti. E soprattutto, il mondo vero è proprio quello che «non fa notizia». Dopo cinque anni di viaggi, Visetti s´è accorto di aver fatto in verità un viaggio solo: quello alla ricerca degli sconfitti, dei miserabili, dei periferici e dei dimenticati. Così gli è stato facile radunare i suoi scritti e farne un libro - Mai una carezza / storie di un mondo che dobbiamo cambiare, Baldini & Castoldi Dalai, pagg. 284, , euro 17 ? dedicato a coloro che in vita non hanno mai conosciuto un gesto di tenerezza e sono scomparsi senza lasciar traccia. Ai miserabili ? gli stessi che approdano in Italia con i barchini della disperazione - è dedicato questo volume, perché «solo essi possono avvicinarsi alla verità». Camminare con loro, scrive l´autore, è «necessario per capire il mondo». Ed è tanto più necessario oggi, con il collasso della Terra saccheggiata e le ultime tempeste finanziarie globali che non risparmiano nessuno. Anche noi possiamo diventare un Terzo Mondo, mentre i poveri di ieri, come la Cina e l´India, stanno rialzando la testa. Coerentemente, editore e autore hanno deciso di dare in beneficenza i proventi dell´opera, all´associazione italiana «Water for life», fondata dall´italiano Elio Sommavilla, che da un quarto di secolo si batte contro la guerra e la miseria in Somalia, uno dei luoghi più disgraziati della Terra. Un invito, rivolto a chi legge, a sostenere anche in futuro quest´attività benefica con donazioni personali (Acqua per la Vita, Cassa Rurale di Trento, IT9400830401801000000015606, sede via Belenzani 6, Trento). E´ una raccolta di articoli, ma in essi tutto si collega. Auschwitz, rappresentazione dell´indicibile, «confine da cui non si rientra», e le donne stuprate del Darfur costrette a mendicare a quattro zampe dai padroni che hanno spezzato loro i garretti. I ragazzini russi che imparano a uccidere a quindici anni per entrare nell´esercito di Putin, e le fosse comuni di Srebrenica, dove sta sepolto l´onore dell´Occidente che ha tradito il popolo bosniaco. L´Occidente che esporta in Africa carne immangiabile e il silenzio del turco sulla strage degli armeni. Pugni nello stomaco che lasciano intontiti. Vorkuta, il gulag di Stalin oscenamente adattato ad avamposto minerario e poi a hotel a cinque stelle mentre le ossa dei reclusi ancora affiorano dalla terra. La melma di Mogadiscio, la sua aria «spessa, bollente e polverosa» che stende su tutto una nebbia affumicata. Il ponte di Kosovska Mitrovica, ultimo muro d´Europa, tra serbi e albanesi nel cuore dei Balcani. Gli eschimesi della Groenlandia che si lasciano morire tra i ghiacci. Le studentesse d´Ossezia, stuprate, segregate e uccise tra i loro escrementi. La terra ucraina sterminata, fertile e governata dalla mafia, da cui milioni di donne fuggono per vendersi come badanti in Occidente. Miseria, oceani di miseria. Mai un respiro, un po´ di speranza. Una delle svolte è l´incontro con Anna Politkovskaja, la giornalista che ha messo il Cremlino sotto accusa ed è stata uccisa nel giorno del compleanno di Putin. La reporter viaggia in aereo col nostro corrispondente verso il luogo della carneficina nella scuola di Beslan, gli confida di voler incontrare il capo della guerriglia cecena per convincerlo a liberare gli ostaggi e viene avvelenata da un thè consumato a bordo. «Ania», che avrebbe potuto lavorare all´estero ed essere ricca e invece è morta tra i perseguitati «con le borse della spesa in mano». L´epicentro del saccheggio è il Congo, con la desertificazione della foresta primaria più grande del Pianeta dopo quella amazzonica. Il Paese più ricco del mondo, carico anche di petrolio e minerali rarissimi, con la popolazione che resta la più disperatamente povera. E i cinesi, organizzatissimi, che nello sfruttamento pianificato hanno sostituito belgi e francesi. La senti, nel racconto, la nausea per questa oscena corsa all´accaparramento delle ultime risorse, con l´orrore che tocca il fondo, tribù che si scannano, elefanti impazziti senza nutrimento, gorilla seviziati e crocefissi vivi nella foresta. Solo la Russia concede ogni tanto squarci di luce. C´è la piaga dei bambini orfani già alcolizzati che la notte vanno a dormire nei treni, ma c´è anche l´affresco di un popolo grande, autenticamente cristiano, capace di slanci che l´Occidente ha dimenticato. C´è il bambino buttato nelle immondizie e salvato da una cagna che lo nutre e lo alleva, il selvaggio piccolo Vanja che cresce abbaiando nel branco, ma c´è anche un angelo di nome Tatjana che lo strappa all´abominio, lo cresce e lo fa diventare cadetto della marina. Lui, almeno, una carezza l´ha avuta.