Gioacchino Lanza Tomasi, la Repubblica 11/11/2008, 11 novembre 2008
Oggi ricorre il cinquantenario della pubblicazione del Gattopardo. Il libro ha fatto il suo corso e non ha rivali all´estero quale rappresentante della letteratura italiana del secondo Novecento
Oggi ricorre il cinquantenario della pubblicazione del Gattopardo. Il libro ha fatto il suo corso e non ha rivali all´estero quale rappresentante della letteratura italiana del secondo Novecento. Per i non italiani, per i docenti di letterature comparate il Gattopardo resta il titolo più rappresentativo della narrativa italiana del secondo dopoguerra. Le citazioni che potrei fare in proposito sono numerose, ma vorrei rammentare fra tutte un passo da Carta esferica di Arturo Perez Reverte, un narratore le cui ambizioni restano nell´ambito del successo popolare piuttosto che in quello del capolavoro. Lo scaffale di narrativa straniera in casa di Tánger Soto, funzionaria del museo navale, contiene un solo romanzo italiano: Il Gattopardo. La collezione di narrativa di Tánger è limitata. Ma vi sono anche Céline, Conrad, Joyce, Mann, Faulkner. Siamo al 2000, quarantadue anni dopo la pubblicazione del Gattopardo. All´estero Il Gattopardo è un libro fondamentale perché è un libro per tutti. Ho citato Perez Reverte e non Edward Said, autore del più illuminante saggio sul romanzo e sulla personalità di Lampedusa, perché la citazione dello spagnolo dà per scontato che il libro è il solo romanzo italiano del Novecento ad avere un posto d´obbligo nella biblioteca di un lettore medio. E non soltanto. L´intervento di Olga Ragusa al Convegno su Tomasi di Lampedusa a New York (1993) evidenziava come Il Gattopardo avesse sollecitato una rivisitazione della teoria e tecnica del romanzo. Dilettante illuminato Lampedusa aveva offerto nel suo saggio su Stendhal un contributo alla narratologia che aveva stimolato una serie di confronti e risposte. E la Ragusa aveva allora previsto che il romanzo avrebbe prodotto qualche chiosa narrativa. Il che si è verificato con Auftrag in Tartu di Ulrich Knellwolf (1999) e Ritorno a Stomersee (2002) di Boris Bianchieri. Un libro che genera libri. In Italia Il Gattopardo è certo presente. Ha una eccezionale tenuta sul mercato, quale romanzo italiano si ristampa costantemente dopo cinquant´anni? Ma al tempo stesso è un oggetto controverso. Edoardo Sanguineti al convegno di New York iniziava la sua relazione constatando che il libro era ancora presente sul mercato italiano con 50.000 copie annue di vendita e che il titolo si era infiltrato nella lingua corrente per descrivere un comportamento: «il gattopardismo», il cui senso oscilla fra il trasformismo ignobile e il trasformismo profetico. Ed a questo punto i letterati sperimentalisti erano stati costretti a prenderlo in considerazione. Fin dalla sua comparsa in libreria il romanzo ha destato rancori a volte anche violenti. Rammento ancora la filippica del filosofo Santino Caramella sulla sua immoralità, e la polemica iniziale della sinistra. Tanto sdegno segnava l´apparizione di un testo fra i più destabilizzanti per il costume nazionale. Questo vale tanto per il privato che per il pubblico. Siamo nell´inverno del 1959, e le deplorazioni di Caramella e di Leonardo Sciascia trovarono un riscontro diverso, più preciso nella motivazione, distante eppur affine nella sostanza, nel commento di mia zia, Lucia Lanza di Mazzarino. L´ispezione ecclesiastica a villa Lampedusa e la eliminazione delle reliquie false era ancora un vivido ricordo della sua adolescenza, e quanto venne al giudizio disse soltanto: «Quei poveri morti! Ma non si poteva lasciarli in pace!» Dal privato al pubblico il passo è breve. Alcuni si sono risentiti per un testo che derideva le loro certezze. Sì quelle certezze erano magari poco fondate, ma metterle in discussione equivaleva a complicarsi la vita. La storia d´Italia era quella che era ed i morti andavan lasciati in pace. Nel suo L´intimità e la storia. Lettura del Gattopardo Francesco Orlando elenca nella premessa cinque pregiudizi che offuscano la ricezione del romanzo in Italia. 1) biografico, 2) immobilistico, e di qui il significato di gattopardismo e di gattopardesco, 3) ideologico, 4) sperimentalista, 5) regionalista. Ma salvo il quarto, lo sperimentalista, che è questione interna alla casta letteraria, gli altri quattro si formano all´interno di un contrasto fra l´ordine ufficiale delle cose e le spiacevolezze in cui si incorrerebbe se tale ordine fosse messo in discussione. Al centro di questo problema si staglia quello dell´Italia unita. E la situazione più conflittuale e pertanto rimossa della coscienza nazionale. E come non si ha reazione chimica senza calore non si ha rimozione senza pena e dolore. Tanto più che Il Gattopardo non è un romanzo filo borbonico o un romanzo immobilistico. Lampedusa fa votare il suo antenato a favore del plebiscito, ma al tempo stesso contempla che l´unità si è andata attuando in una camicia di forza, brogli elettorali, clientele, che ai gattopardi ed ai leoni sono subentrati le iene e gli sciacalli. Qualche giorno fa l´ineffabile Bruno Vespa ha dedicato una puntata di Porta a Porta al 4 novembre. Una deliziosa parlamentare del PD battibeccava col patriottico La Russa. Si opponevano i caduti delle decimazioni di Cadorna agli eroi Baracca, Battisti, Rizzo, D´Annunzio, evocati in uno short caldeggiato dal ministero della difesa. Giulio Andreotti intervenne un attimo ricordando che fra tante battaglie sarebbe stato opportuno ricordare anche la battaglia del grano, ma non era clima di battute e nessuno ne colse la cattolica perfidia. Non tirava aria di sottigliezze ed in questo clima, che è poi il clima del momento, Il Gattopardo sarebbe stato l´intruso per eccellenza. Il paese è ancora alla ricerca di una identità e si pensa di poterla fornire facendo appello alla comunicazione di massa. Nella lontana Sicilia Raffaele Lombardo se l´è presa con un Lampedusa disfattista. La nazione siciliana da lui ipotizzata è anch´essa una formula a cui aderire pro bono pacis, non la Nazione, che ha eletto Barack Obama. E fra l´adesione e la partecipazione ce ne corre. Scorre poi ancora, sotterraneo e maggioritario, il largo fiume dei lettori del Gattopardo. Li ho visti nascere, crescere, resistere. Nell´inverno del 1958-59 si contavano a Palermo numerosi oppositori e scettici, con in prima fila i discendenti di Angelica. Perché in società tutto diventa personale e alcuni passi apparivano loro una postuma maldicenza. Ma non mancavano i critici anche fra gli intellettuali, colti di sorpresa da un evento inaspettato. Ed il prodigio che si andò sviluppando nel corso del 1959 e fino al Premio Strega fu di constatare come il lettore comune, il lettore allogeno non provasse risentimento alcuno, si riconoscesse anzi nella saggezza di Don Fabrizio. Anche i lettori che potevano esser ascritti alla categoria delle iene e degli sciacalli non furono sfiorati dal sospetto che questa collocazione li riguardasse. La sola possibile era l´identificazione con il Principe. La simpatia del personaggio aveva fatto loro cadere le scaglie dagli occhi e li aveva guidati verso occasioni, memorie di diletto da tempo cadute in oblio. Ricordo lettori per cui il libro rappresentò una sorta di epifania della memoria, memoria di passati piaceri. Una volta un tassista palermitano, che mi aveva riconosciuto, mi raccontò quale esperienza indimenticabile fosse per lui racchiusa nel commento al tratto con cui il senatore Tassoni si rivolge ad Angelica nel capitolo finale del romanzo: «Con lei aveva avuto una breve relazione galante trent´anni prima e conservava quella insostituibile intimità conferita da poche ore passate fra il medesimo paio di lenzuola». Ma il tassista non è un´eccezione. Vari lettori del Gattopardo parlano di questo o quel passo come di una scoperta a lungo attesa, tanto da potersi affermare che Lampedusa sia stato per loro un maestro di perenne diletto. La miscela salvifica, fatta di rivelazione e conciliazione, ha generalmente avuto la meglio sulle frequenti distinzioni di classe e di comportamento disperse nel flusso della narrazione. Il gruppo più motivato degli oppositori si colloca in Italia proprio nel mondo delle lettere militanti (quel che Orlando definisce il pregiudizio dello sperimentalismo). Per loro Il Gattopardo è, come ebbe a scrivere Contini, un grande testo di divulgazione letteraria. Anche in questo campo non mancano i pareri opposti. Ma lo zoccolo duro dei lettori italiani non riesce a sottrarsi all´identificazione col protagonista. Essi escono dalla lettura del romanzo come gli spettatori di una buona edizione del Rosenkavalier. - fu con questa opere che il pregiudizio dello sperimentalismo separò definitivamente Adorno da Strauss-. Gli spettatori non sanno molto di Vienna e della finis Austriae, ma hanno ascoltato una favola d´incanti, ove si parla di un passato migliore, storicamente più sogno di desiderio che realtà. E si sono abbandonati alla favola. Ed essa ha parlato di un tempo e luogo in cui ciascuno ha potuto guardare in faccia le pene d´amore e l´angoscia della morte. E, per chi vorrà calarsi in questi testi, sotto la superficie si imbatterà in un reticolo fitto di esperienze storiche, psicologiche, narratologiche. Il Gattopardo potrà esser letteratura minore o maggiore, ma viene ritradotto e ristampato in trenta e più lingue. A cinquant´anni ha ancora la chiave della longevità .