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 2008  novembre 09 Domenica calendario

Ultracentenari si nasce o si diventa? Le ultime ricerche ci dicono che si tratta soprattutto di «fibre» eccezionali «Mi dispiace

Ultracentenari si nasce o si diventa? Le ultime ricerche ci dicono che si tratta soprattutto di «fibre» eccezionali «Mi dispiace. Niente giornalisti, interviste e foto; non è un fenomeno da baraccone». La risposta, laconica, scoraggia ogni insistenza ulteriore. Al telefono ci risponde uno dei parenti (fra i tanti, figli, nipoti e pronipoti) che vivono con «lei» a Pietrapertosa, un paesino in provincia di Potenza. Lei è Lucia Lauria Vigna, la decana d’Italia. Ha 112 anni e 250 giorni (nata nel 1896, si è sorbita gli stenti, il fascismo e due guerre mondiali). La nostra Lucia si posiziona anche al 16˚ posto nella lista dei supercentenari «certificati » (dei quali è sicura la data di nascita) del mondo. Un bel gruppetto di 88 persone, 78 donne e - ahimè - solo 10 uomini, che hanno superato le 110 primavere (record biologico visto che si stima che arrivino a 100 anni solo 7 persone su mille). Sì, perché uno dei problemi spinosi per chi si occupa di supercentenari è proprio la certezza che siani tali. Così il Gerontology Research Group di Los Angeles, guidato da Stephen Coles, ginecologo dell’università della California con la passione per gli studi sull’invecchiamento, ha chiamato Robert Young, l’esperto che collabora con l’organizzazione del «Guinness dei primati » per l’accertamento dell’età dei supposti centenari. Facendone proprio il metodo, ovvero la necessità di prove inconfutabili, dal certificato di nascita a quello di di matrimonio, dalla patente di guida ai certificati di nascita dei figli. Se ci sono testimonianze scritte «continuative» sulla vita di queste persone, si dà per certa l’età dichiarata. La lista dei californiani abbonda un po’ troppo di supervecchi americani secondo gli esperti europei, che storcono la bocca e passano al contrattacco. James Vaupel, direttore del centro di ricerche demografiche dell’Istituto Max Planck di Rostock, in Germania, e Jean-Marie Robine dell’Inserm di Montepellier, attingendo agli archivi dei quindici paesi più industrializzati, hanno raccolto dati su 1000 ultracentenari dell’ultimo mezzo secolo: la loro prima analisi verrà pubblicata alla alla fine dell’anno. Resta, comunque, l’assenza di dati dalla Cina e da buona parte dell’America del Sud e centrale dove probabilmente vivono molti ultracentenari, dei quali non si ha notizia (fra i top-vecchi c’è soltanto, al 15˚ posto, Eugenie Blanchard, 112 anni, della Guadalupa, isola delle Antille francesi). Una volta accertato il fenomeno e attribuito il primato, detenuto dall’americana Edna Parker, che oggi ha 115 anni e 203 giorni, resta aperta la questione cruciale: qual è il segreto di tanta longevità? Tutti lo cercano - qualcuno nel 1997 tentò, senza successo, di fare l’autopsia alla francese Jeanne Louise Calment, record ineguagliato, morta a 122 anni ma nessuno trova la risposta. Dopo tante chiacchiere un punto fermo lo ha messo il geriatra Thomas Perls, dell’università di Boston, a capo del New England Centenarian Study, che oltre ad aver accertato che negli Stati Uniti nel 2002 c’erano almeno 140 persone al di sopra dei 110 anni, ha pubblicato la prima ricerca accurata sullo stato di salute di 32 persone fra i 110 e 119 anni. Ne emerge un quadro stupefacente, come racconta lo stesso Perls: «Nella metà dei casi ho trovato segni di osteoporosi e il 90 per cento soffre di cataratta. Ma il livello di autonomia è straordinario: il 41 per cento di questi grandi vecchi è autosufficiente o ha bisogno di un aiuto minimo per lavarsi, mangiare e vestirsi. L’apparato cardiovascolare è giovanile: rari gli attacchi di cuore e gli ictus, rarissimi il diabete e il morbo di Parkinson». E quando vengono a mancare i supercentenari «si spengono », come si diceva un volta, di vecchiaia? Anche su questo qualche risposta viene da Stephen Coles, che oltre al registro dei 110 e passa, ha creato un ente di ricerca, la Supercentenarian Research Foundation. Il vulcanico californiano ha fatto sei (delle nove realizzate finora) autopsie su supercentenari, l’ultima pochi mesi fa in Colombia su un uomo mancato a 111 anni. Niente di questo lavoro è ancora pubblicato, ma Coles ha raccontato alla rivista Science di non avere trovato segni delle patologie dei comuni mortali: nella maggior parte dei casi il decesso è avvenuto per «amiloidosi cardiaca senile», una condizione rarissima nei giovani. Fra le cellule cardiache (miocellule) si depositano ammassi proteici che le isolano e le alterano, impedendo loro di funzionare nel giro di breve tempo. Come dire: ad un certo punto il cuore si stanca di vivere, si «spenge». Quando si parla di supercentenari non possiamo dimenticare l’influenza della genetica: queste persone sono circondate da fratelli e sorelle più longevi di almeno 10-12 anni rispetto alla media della popolazione. Ma in famiglia si condividono lo stile di vita e le abitudini alimentari: i fattori ambientali potrebbero avere un ruolo preponderante. Intanto Perls sta studiando alacremente il genoma di 100 ultracentenari accertati e promette grandi novità. Collabora con lui Annibale Puca, del policlinico Multimedica di Milano, che ha analizzato il Dna di 500 supervecchi del Cilento, area di straordinaria longevità al pari dell’Ogliastra in Sardegna. Puca è convinto di avere trovato nel gene Fox03A, che regola il metabolismo ossidativo, riducendo i dannosi radicali liberi, il «tratto» ricorrente che spiega la lunga vita dei cilentani; gene presente anche nella popolazione di Okinawa, in Giappone. Ma per superare i 110 anni, probabilmente, non basta un gene favorevole: ci vuole altro. Non certo la ricchezza: di rado i matusalemme hanno vissuto nell’ozio. Franca Porciani