Natalia Aspesi, la Repubblica 9/11/2008, 9 novembre 2008
Tra i due film American Gigolò e Cliente sono passati ventotto anni, tanti, e forse per questo appaiono molto cambiati sia i gigolò che le pretese delle donne verso piacevoli giovanotti da comprare, usare e poi lavarsene le mani
Tra i due film American Gigolò e Cliente sono passati ventotto anni, tanti, e forse per questo appaiono molto cambiati sia i gigolò che le pretese delle donne verso piacevoli giovanotti da comprare, usare e poi lavarsene le mani. Nel primo film, diretto da Paul Schrader, l´uomo in vendita era Richard Gere, allora, a trentuno anni, di una sontuosa bellezza malinconica, indimenticabile nei secoli; magnifica casa ultramoderna, guardaroba grigio Armani inappuntabile, auto Mercedes 450 SL argento, e come acquirenti signore molto ricche, belle come l´ex modella Lauren Hutton, in grado di mantenerlo nel lusso dovuto sia a lui che a loro in cambio del suo commovente sperdimento, senza contare le probabili meraviglie di tutto il resto. Nel secondo film, francese, appena presentato al Festival di Roma, diretto da una signora senza grandi pretese, Josiane Balasko, c´è sul mercato cui ricorre una cinquantenne molto graziosa, Nathalie Baye, un ragazzotto dall´aria magrebina, nervoso, insicuro, mal vestito, con amici battoni, che si vende per pagare il mutuo del negozio da parrucchiera della bionda amata moglie, vivendo con suocera e cognata in pochi rumorosi metri quadri. Una vita d´inferno. Questo Eric Caravaca, tale è il nome dell´attore, nel ruolo di gigolò parigino non potrebbe attirare molti pur scarni portafogli femminili e neppure maschili, tanto meno avrà diritto ad entrare nei nostri sogni anche molto modesti. Se si ricordano altri cine-gigolò o la loro aristocrazia, i cacciatori di dote, vengono in mente solo stupendi seduttori: Montgomery Clift (L´ereditiera), Warren Beatty (La primavera romana della signora Stone), Paul Newman (La dolce ala della giovinezza), David Bowie (Gigolò). Quindi la domanda, riguardo alla metamorfosi gigoliana in Cliente, è: perché oggi, 2008, avendo a disposizione un certo budget per gli svaghi, la protagonista dello shopping sessuale, non centenaria né orribile, anziché raccattare quel poverino, quale opera buona più che erotica, non si procura uno di quei giovanotti lucidati tipo pubblicità dei profumi che spuntano in ogni angolo di internet, fotografati anche, maliziosi, nella candida schiuma da bagno? Evitando quelli che sarebbero allettanti se non abitassero a Bombay o a Kuala Lumpur, le occasioni sono infinite anche nel ramo saldi. E per esempio se ne vendono pure a pacchetti, tra cui scegliere, a ottanta-cento euro l´ora, «sensibile, maturo, con carriera propria, buona compagnia», «bello, giovane, raffinato, buon ascoltatore, molto gentleman», «abile nei massaggi rilassanti ma anche in servizi più accuratamente personali». Alcuni perfezionisti insistono sul «male male escort», sulla doppia mascolinità del prodotto, e le agenzie apposite assicurano che i loro chaperon sono rigorosamente etero e non sprecano la loro professionalità anche con uomini. Le più eleganti mettono in chiaro che i loro cavalieri, e senza sovrapprezzo, sono disponibili anche per compagnia «non sexual», offerta pare, per ora, troppo chic per essere molto richiesta. La moltitudine (dicono) di uomini che da sempre si guadagnano duramente da vivere, talvolta anche nel massimo lusso, a carico di signore o signori si divide in varie categorie o classi, del resto come le donne: alla base della scala ci sono i prostituti e i mignotti, cui si chiedono, immagino, prestazioni a buon mercato e non impegnative; poi i gigolò, in grado almeno di spiccicare parola e di mimare modesti corteggiamenti, persino (per modico sovrapprezzo) con invito a cena a lume di candela; più su, l´indefinibile ma vasta categoria dei mantenuti, spesso mariti della signora che lavora, orgogliosa di consentire al suo uomo di studiare, prepararsi a un grande avvenire, fare l´artista non ancora compreso, eccetera. La nobiltà del ramo è costituita dai playboy, di cui quel Helg Sgarbi, ricattatore senza talento della ultramilionaria tedesca Susanne Klatten è la degenerazione da tempi bui. Dice Beppe Piroddi, famoso playboy italiano anni Sessanta, autore della divertente autobiografia Amateur: «Eravamo giovani e ardenti, frequentavamo donne bellissime e uomini celebri, il denaro allora non contava, contava solo il piacere, il divertimento, le passioni. Oggi invece l´unico metro di misura sono i soldi, che guastano ogni avventura». Veramente il denaro contava eccome anche in passato, perlomeno per certi playboy entrati nella storia. Ad esempio Porfirio Rubirosa, professionista raffinato della seduzione come investimento, che non chiedeva, non ricattava, ma sposava: solo miliardarie naturalmente, una in fila all´altra, tra cui le disordinate e infelici Barbara Hutton e Doris Duke. Più che un gigolò, forse quell´Helg Sgarbi è un epigone fallito dei grandi playboy alla Rubirosa: tutte quelle ricche signore forse attraenti, neppure vecchie, che smaniavano per lui, che si contendevano il suo charme, i suoi modi, le sue attenzioni, la sua capacità di farle sentire belle, desiderate, uniche, come ormai gli uomini non professionisti del fascino non fanno più, potevano ricompensarlo per tanta dedizione. Come si paga un gioiello, o una pelliccia, pagavano e molto lo sciocco Helg. Avrebbe potuto diventare ricco, senza vendersi, solo venendo ricompensato per la sua capacità di farne felici tante, come un generoso samaritano dell´eros, o magari riuscendo a sposarne una particolarmente ricca. Che sia precipitato nel ricatto, e quindi nella galera, significa che si sottostimava, che il suo socio lo aveva irretito, che lui stesso, con tutta la sua professionalità, delle donne ancora non aveva capito niente.