Mina, La Stampa 9/11/2008, 9 novembre 2008
E adesso che ce l’hanno detto, cosa facciamo di questa informazione menzognera? «La curva della gioia di vivere raggiunge il suo culmine tra i 65 e i 70 anni»
E adesso che ce l’hanno detto, cosa facciamo di questa informazione menzognera? «La curva della gioia di vivere raggiunge il suo culmine tra i 65 e i 70 anni». Lo sapevate? Il solito sterile, superfluo studio dei soliti statistici, questa volta ha prodotto questa bella pensata. Mark Twain diceva: «Le bugie si dividono in tre grandi gruppi: le piccole, le grandi e le statistiche». La statistica è la scienza che studia i modi in cui una realtà fenomenica collettiva può essere sintetizzata. E va bene. Veramente a me non va bene per niente. Neppure quando gli psichiatri dicono che una persona su quattro è malata di mente. Oppure quando dicono che se tu hai mangiato un pollo e lui non ha mangiato niente, avete mangiato mezzo pollo per uno. Ma quando, poi, di mezzo c’è il pensiero, la coscienza, l’emozione, l’amore e il controllo di tutte queste forze per assemblare o disassemblare la tua vita, allora la statistica può veramente andare a farsi friggere. Siamo tutti la stessa persona nelle grandi linee della nostra nascita, permanenza e scomparsa. D’accordo. Ma non siamo la stessa persona, mai, in rapporto alla visione e valutazione della pace, serenità, felicità. La gioia di vivere, contrariamente a quello che viene asserito da questo stolido studio, viene espressa con tutta la sua forza dirompente soltanto dai bambini piccoli. Allora sì, che si può parlare di felicità pura. Quando non sai che potrà, anzi, dovrà finire. Amo i bambini e amo i vecchi di cui faccio indomitamente parte. Sono tutti quelli che ci sono in mezzo che mi lasciano sbigottita. Pochissimi sanno essere vecchi. un talento anche quello. E ce n’è così poco in giro. La dignità di una senilità nei tratti somatici e nei modi si sta perdendo inesorabilmente. E ripeto: pochissimi sanno essere vecchi e ancora meno sono quei pochi che, per pudore, non esprimono la reale gioia di vivere che ogni mattina li sorprende. Fortunati mortali. Sono quelli che sanno chi sono e si comportano, si vestono e agiscono secondo biologia, disdegnando i ritocchi alla faccia e all’anima. Non ho mai dimenticato un vecchio signore di Cremona, amico di famiglia, che mi raccontava, mi insegnava tante cose e lo faceva coinvolgendomi, mettendomi alla prova, sottoponendomi a dei test, si direbbe oggi. Avevo una decina d’anni e l’avvocato Quadri incuteva rispetto, sempre in gessato, col panciotto e catena pendente per l’orologio da tasca. Un po’ Churchill, però padano. Era coltissimo, ma anche molto spiritoso e ironico. Lui sì, forse sì, a quel tempo era al culmine della sua curva della gioia di vivere.