Maurizio Ricci, la Repubblica 8/11/2008, 8 novembre 2008
C´è un video che circola ancora su YouTube. E´ la notte del 4 novembre, davanti alla Casa Bianca, la notte di Obama
C´è un video che circola ancora su YouTube. E´ la notte del 4 novembre, davanti alla Casa Bianca, la notte di Obama. Un gruppo di giovani, molti con il cappuccio della felpa sulla testa, scandisce la musica che stanno cantando, con il pugno mezzo levato, nel segno che fu delle «Pantere nere». Alzate l´audio e cosa cantano? «Stars and Stripes», l´inno nazionale americano. Lo cantano, comunicando un senso di gioia e di appartenenza. Tanti hanno cantato «Stars and Stripes» quella notte, compresi molti cinquantenni e sessantenni. Ma, probabilmente, più con rabbia che con gioia, più con un senso di riappropriazione che di appartenenza. Sono i baby boomers, la generazione che è cresciuta con la fine del consenso rooseveltiano, il ?68, il Vietnam, il Watergate e lo spappolamento dei miti nazionali. Facile che, a cantarla così, spontaneamente, qualcuno abbia provato imbarazzo. Bene, è ufficiale, di quello che pensano e sentono i baby boomers, la generazione più ingombrante degli ultimi 50 anni, possiamo cominciare ad occuparci sempre meno. La vittoria di Obama, fra le tante altre cose, è anche un passaggio di testimone fra generazioni. George W. Bush è del ?46, come Bill Clinton. Al Gore è del ?48. Le figure che hanno dominato l´ultimo quindicennio sono nate nel pieno del baby boom postbellico. Obama è del 1961, fin troppo lontano per essere un fratello minore. Lo conferma un´altra immagine: Obama che esce dalla sua casa di Chicago, nel giorno di riposo dopo le elezioni. Cappellino da baseball in testa, scarpe sportive ai piedi, una tuta addosso. Se Clinton si ingozzava di hamburger, Bush, vestito così, lo abbiamo visto spesso. Ma George W. si metteva addosso queste cose per andare a correre o in bicicletta, le attività dell´ultracinquantenne che si sforza di tenere lontana la vecchiaia. Obama è vestito così, perché è un giorno di relax. Se va a fare sport, è la pallacanestro: un gioco per scaricare la tensione, prima che un esercizio per tenere in forma il cuore. Un mondo tramonta. Presto sapremo cosa c´è sul suo iPod. Probabilmente, per i Beatles e i Rolling Stones, idolatrati dai baby boomers, un posto di rispetto, quello che i baby boomers riservano a Frank Sinatra. Chi ascolta i suoi discorsi non può non sentirci la musica del rap. Senza rotture, però. A tendere l´orecchio, infatti, quello che si sente è puro jazz. Gli ultimi quattro minuti del discorso della vittoria, nella notte di Chicago, sono una delle migliori e più semplici definizioni, con i tempi accentati dallo «yes, we can», dello swing. Del resto, con Obama, arriva al potere una generazione, assicurano i sociologi d´occasione, di riconciliatori. La «Generazione X» - o forse da oggi è il caso di chiamarla Generazione O-, dal fortunato titolo del romanzo di un coetaneo di Obama, Douglas Coupland, dedicato ai nati fra il 1960 e il 1980, i giovani che sono entrati all´università con il «Mattino in America» di Reagan, hanno vissuto la fine della guerra fredda, l´idealismo pragmatico di Clinton e si sono scontrati con le guerre ideologiche di Bush. I protagonisti di Coupland si fanno strada fra le convulsioni dei loro predecessori, il rovesciamento dei valori familiari, le esperienze di sesso e droga. Spesso frastornati, quasi sempre estranei. Ne è uscita una generazione, il cui principale obiettivo, dice Jeff Gordinier, autore di «Come gli X salveranno il mondo», è «gettare ponti fra persone che, normalmente, non sono d´accordo». Una generazione stanca delle ideologie: anche se ne condivide gli ideali, difficilmente sentiremo Obama parlare di «terza via», come Clinton. Stanca anche della ragione ideologica, per cui esistono le soluzioni, prima dei problemi. «Il metodo X - sostiene l´economista e demografo Neil Howe - è mettere tutto sul tavolo, esigere trasparenza, analizzare i dati e prendere decisioni in funzione di queste analisi». Ma anche gli strumenti dell´analisi, del rapporto con il mondo, sono diversi. Il grande spartiacque fra le due generazioni, l´imbuto in cui si è arenata la spinta propulsiva dei baby boomers è largamente antecedente all´apparizione di Obama. E´ l´esplosione di Internet. La Rete, i Blackberry, il tessuto delle e-mail è qualcosa a cui i ragazzi del dopoguerra si sono adattati, spesso con successo, in tutto il mondo. Ma non ci sono nati dentro, non sono abituati a pensare attraverso la Rete. Basta confrontare la campagna Internet di Obama con i goffi tentativi di imitazione di Hillary, un´altra baby boomer. Obama, nel mondo, è il primo di una fila inevitabilmente destinata ad allungarsi. Ma, qui ed ora, questo conciliatore, più realista che idealista, per cui telefonino e pc sono protesi naturali, prima che strumenti, con chi troverà quella solidarietà e complicità generazionale, che esisteva, ad esempio, fra un sassofonista mancato e un chitarrista deluso, come Clinton e Blair? L´unico altro componente della Generazione X al potere è Zapatero. Sarkozy è del 1955, Gordon Brown del ?51, la Merkel del 1954, Putin del 1952: baby boomers fino in fondo. Anche se è facile vedere che qualcosa si sta già muovendo. Dimitri Medvedev, l´erede di Putin è del ?65, David Miliband, il rivale di Brown dentro il Labour è dello stesso anno. Il rivale ufficiale, alla testa dei conservatori, David Cameron, è del 1966. La Generazione X sta arrivando. Visto dall´Italia, è uno spettacolo da far girare la testa. Il normale battito delle generazioni (Carter, Reagan e Bush primo, gli uomini della guerra, per 15 anni, poi Clinton e Bush secondo, i baby boomers, per altri 15, ora Obama) qui è fermo da tempo. Berlusconi, con i suoi 72 anni, e Bossi (68) sono solo il caso più vistoso della gerontocrazia nazionale: l´Italia è il paese con la quota più alta di capi d´azienda oltre i 65 anni. Siamo indietro esattamente di un ciclo: i baby boomers stanno ancora aspettando il loro turno. Veltroni e Casini (classe 1955), Fini (1952), Tremonti (1947). Ma il mancato ricambio politico è l´effetto di un mancato ricambio sociale. Obama è il leader di un paese giovane, Berlusconi di un paese vecchio e invecchiato. Nel 2008, in Italia, solo il 22 per cento dei votanti aveva meno di 30 anni. Il 26 per cento più di 65. Negli Usa, gli under 30, martedì scorso, sono stati il 18 per cento. Gli over 65, il 16 per cento. I dati elettorali, però, non dicono tutto di un paese in cui i giovani spingono per farsi largo nella società e di un paese in cui rischiano di non avere neanche la massa critica. In America, il 27 per cento degli adulti ha meno di 34 anni, in Italia solo il 18 per cento ne ha meno di 30. Gli over 65 in Italia sono il 24 per cento. Negli Usa superano appena il 16 per cento della popolazione adulta.