Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 08 Sabato calendario

MOSCA – Se si realizzerà il progetto che tutti gli oppositori ritengono più che verosimile, Vladimir Putin strapperà ad Amintore Fanfani l’epiteto di «rieccolo!» che il giornalista Indro Montanelli aveva affibbiato al coriaceo leader democristiano: andava sempre via per ritornare subito al potere

MOSCA – Se si realizzerà il progetto che tutti gli oppositori ritengono più che verosimile, Vladimir Putin strapperà ad Amintore Fanfani l’epiteto di «rieccolo!» che il giornalista Indro Montanelli aveva affibbiato al coriaceo leader democristiano: andava sempre via per ritornare subito al potere. Dopo aver ceduto la poltrona al fedelissimo Dmitrij Medvedev, Putin si sta ora preparando a riprendere in mano il potere supremo. Non che lo avesse mai lasciato: si era solo temporaneamente assentato. Ma già nelle prossime settimane si potrebbe delineare una situazione favorevole alla sua rielezione alla presidenza. Il mandato verrà allungato da quattro a sei anni, e così Vladimir Vladimirovich si potrà installare nuovamente al Cremlino per dodici anni (due mandati). Già l’anno prossimo e fino al 2021 se deciderà di affrettare le cose e far dimettere anzitempo il suo delfino; dal 2012 al 2024 se avrà la pazienza di attendere la fine naturale della presidenza Medvedev. Se poi invece deciderà di comandare per interposta persona fino al 2018 facendo svolgere al fido Dima due mandati, allora potrà continuare a fare il gran capo fino al 2030, quando avrà 78 anni. Il tormentone sul grande ritorno è iniziato nuovamente mercoledì, quando Medvedev ha proposto di modificare la costituzione: un mandato di quattro anni è troppo breve, ce ne vogliono sei per riuscire a prendere veramente in mano la situazione. In qualsiasi altro paese potrebbe essere problematico avviare la procedura di modifica della legge fondamentale. Ma non in Russia. Il partito del potere (di cui Putin, attuale primo ministro, è presidente) ha agevolmente la maggioranza qualificata (due terzi) alla Duma. Il Consiglio della Federazione (che deve pronunciarsi favorevolmente con i tre quarti dei voti) è stato nominato personalmente da Putin. Anche l’approvazione di due terzi delle Assemblee regionali non sarà un problema. I parlamentari, solerti, hanno già detto che provvederanno entro fine anno. E poi cosa succederà? L’ipotesi avanzata dal quotidiano Vedomosti parla di elezioni anticipate già l’anno prossimo. Medvedev in questi mesi si preoccuperebbe di fare il «lavoro sporco », soprattutto varare le riforme sociali necessarie per superare la crisi economica: aumenti delle tariffe, dell’elettricità, del gas, eccetera. A quel punto il presidente si dimetterebbe per «opportunità » costituzionale, visto che il Parlamento avrebbe nel frattempo modificato la legge fondamentale. E Putin (rieccolo!) si candiderebbe alle presidenziali di nuovo come il salvatore della Patria. Ma al vertice quest’idea è stata smentita decisamente. Il portavoce di Putin Peskov l’ha definita del tutto infondata. Fabrizio Dragosei