varie, 8 novembre 2008
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Borghese Alessandro
• San Francisco (Stati Uniti) 19 novembre 1976. Chef. «Il reality è anche gastronomico. Lo chef arriva a domicilio, cucina un’ottima cena e il conto non è affar tuo. Ai fornelli si mette Alessandro Borghese. Il suo nome ai più non dirà molto, quello della madre, Barbara Bouchet, sì. Eliminiamo subito il ”problema”. ”Una presenza ingombrante, croce e delizia”. Tutti sempre a chiederti, tutti a fare battute, soprattutto quando sei un ragazzino: ”Mi hanno espulso dalla scuola straniera che frequentavo quando avevo 16 anni. Mi massacravano dalla mattina alla sera, una battaglia quotidiana. ”Ieri ho visto le tette di tua madre’, prese in giro, ammiccamenti. Tutto molto faticoso. All’ennesima battuta ho picchiato un ragazzo”. Nato nel 1976 a San Francisco da padre napoletano (’Un tipo pratico che si è inventato mille mestieri”) e dall’attrice che per copione era spesso sotto la doccia (’Lei era la diva, l’attrice che cammina sulle nuvole”), cresciuto a Roma, Alessandro eredita dal padre la passione per la cucina: ”Lo guardavo, lo aiutavo. A 14/15 anni quando i miei non c’erano invitavo i miei amici a casa e mi allenavo”. Dopo il diploma, piena libertà di scelta: ”Fa’ ciò che ti rende felice”. ”Mi affascinavano le navi da crociera dove ero stato con mio padre ad alcune aste. Dissi che avrei fatto di tutto pur di avere un’esperienza in mare. Grazie a mia madre ottenni una prova di 12 giorni sull’Achille Lauro”. Partito dalla gavetta (’Lavavo cozze, pulivo patate, spuntavo fagiolini. Per 900 passeggeri...”), c’è rimasto tre anni. In mezzo una data storica: 30 novembre 1994. Un incendio fa affondare l’Achille Lauro. Due morti. Per Alessandro un’esperienza indelebile: ”Ricordo ancora la petroliera che ci ha salvato. Sembrava un palazzo di venti piani da scalare con quelle scale di corde tipo Indiana Jones”. Poi tanti lavori in ristoranti diversi (’sono una prostituta della ristorazione”) e in proprio. Fino al salto in tv. Era il 2005. ”Sono sempre stato lontano dal mondo della tv per contrasto. Vedevo mia madre che faceva un film e stava ferma sei mesi ad aspettare una telefonata. Ho accettato perché mi sentivo sicuro. Sapevo che con la mia borsa di coltelli (ogni chef ha i suoi strumenti di lavoro) avrei trovato subito un lavoro se in tv non mi avessero più chiamato”. [...]» (Renato Franco, ”Corriere della Sera” 7/11/2008).