Federico Rampini, la Repubblica 7/11/2008, pagina 1-7, 7 novembre 2008
la Repubblica, venerdì 7 novembre Il benvenuto dell´economia reale a Obama è un segnale di Sos, un grido disperato di soccorso
la Repubblica, venerdì 7 novembre Il benvenuto dell´economia reale a Obama è un segnale di Sos, un grido disperato di soccorso. Una delegazione dei tre top manager dell´industria automobilistica insieme con i capi del sindacato metalmeccanico si è precipitata a Washington per implorare un aiuto immediato. Oggi escono dati di bilancio così catastrofici da Detroit, che la bancarotta di General Motors e Ford è un rischio reale. Ieri insieme al crollo delle Borse il neopresidente ha ricevuto una raffica di dati drammatici: le conferme che la priorità assoluta della nuova Amministrazione è una terapia d´urto anti-recessione. Gli iscritti alle liste di disoccupazione sono aumentati di 122.000 unità in un mese, raggiungendo 3,84 milioni cioè il massimo storico da un quarto di secolo. Il consumatore diserta gli shopping mall, le famiglie americane tagliano il 3% di spesa in un solo mese. Per Obama la festa della vittoria è già lontana, il confronto con la crisi è brutale. Il crac finanziario lo ha aiutato a sconfiggere McCain; ora l´economia può diventare la sua maledizione. Il neopresidente entra alla Casa Bianca a fine gennaio ma sarebbe pura follia aspettare fino ad allora per agire. Per molti americani, stremati dalla riduzione di redditi e risparmi, il clima dei "primi 100 giorni" è già iniziato: attendono ricette da Obama, quasi dimenticando che c´è ancora Bush al potere. I democratici sentono questa pressione tremenda. Sono decisi ad agire subito, con una velocità senza precedenti. Oggi stesso a Chicago Obama tiene un "gabinetto di crisi" sull´economia con tutti i suoi consiglieri finanziari, da Warren Buffett a Robert Rubin. Subito dopo parlerà alla nazione affrontando l´emergenza-recessione. La presidente della Camera, Nancy Pelosi, ha anticipato una parte delle decisioni: «Uno stimolo immediato, da 60 a 100 miliardi di dollari, seguito a gennaio da una seconda manovra che includerà sgravi fiscali permanenti». I tempi della transizione dei poteri fra i due esecutivi, e dell´apprendistato per gli Obama Boys, si restringono drammaticamente. Col rischio di fare errori, dalle nomine ai primi provvedimenti economici. Un altro costo politico della recessione è ancora più esorbitante: le Grandi Riforme con cui Obama ha fatto sognare i suoi elettori, passano in secondo piano rispetto agli interventi-tampone che devono attutire immediatamente le sofferenze dell´economia. Il paziente-America è in coma, il dovere immediato è rianimarlo, alle cure riabilitative bisognerà pensare dopo. Austan Goolsbee, uno dei consiglieri di Obama, è esplicito: "Primo: evitare la Grande Depressione. La priorità assoluta del nuovo presidente è impedire che la più grande crisi finanziaria da un secolo a questa parte degeneri in qualcosa di ancora più grave. Nessuno di noi avrebbe voluto trovarsi in questa situazione, ma ci siamo". La corsa contro il tempo fa immaginare ai democratici una soluzione estrema. Si tratta di convocare una seduta del Congresso "scaduto" ? quello cioè pre-elezioni ? per approvare un nuovo piano di sostegno dell´economia. Bisogna fare arrivare un salvagente ai redditi delle famiglie prima di Natale, per evitare che la stagione decisiva per gli acquisti si trasformi in un tracollo. Prende forma così il primo progetto di terapia-choc: pompare tra adesso e gennaio altri 200 miliardi di dollari nell´economia reale (dopo che quasi mille miliardi di dollari sono stati promessi al settore finanziario senza avere arrestato la spirale recessiva). 25 miliardi aggiuntivi andranno subito all´industria automobilistica per evitare il fallimento dei tre giganti malati Gm Ford e Chrysler. Altri aiuti sociali saranno erogati sotto forma di prolungamento delle indennità di disoccupazione, buoni alimentari per le famiglie più povere, prestiti-ponte ai molti Stati indebitati che non riescono a onorare i loro obblighi di spesa assistenziale (dalla California a New York e New Jersey). Un piano-bis è allo studio per tamponare all´origine l´emergenza mutui-casa, riformando la legge sulle insolvenze per fermare l´ondata dei pignoramenti giudiziari di abitazioni. Resta il dubbio che tutto questo non basti affatto a rianimare la crescita. L´ultimo piano di sussidi alle famiglie quest´estate è stato usato quasi interamente per ridurre i debiti, anziché per nuovi consumi. Gli interventi d´urgenza faranno slittare i progetti più ambiziosi? Che fine farà il Blueprint di Obama, il famoso piano per la creazione di cinque milioni di posti di lavoro? C´è il rischio che si trasformi in un libro dei sogni, accantonato in attesa di tempi migliori? Fra le grandi riforme su cui si è giocata la sua campagna elettorale, tre sono le più importanti. La riforma sanitaria deve estendere l´assistenza a decine di milioni di americani non assicurati, compresi molti bambini. La riforma energetica deve stanziare 150 miliardi di dollari per le centrali eoliche e solari, e imporre dei tetti "stile Kyoto" alle emissioni di CO2. Seguono gli investimenti nella scuola e nelle infrastrutture. Infine la nuova architettura di regole dei mercati finanziari: la creazione di un "super-guardiano contro i rischi sistemici" che estenda la sua vigilanza ai derivati e agli hedge fund. Quest´ultima è una riforma a costo zero ma ha tempi lunghi per la complessità tecnica e la necessità di trovare un´intesa globale con Europa e Asia: le nuove regole dei mercati finanziari non vedranno la luce prima di sei mesi. Altre riforme possono portare benefici consistenti alla crescita economica nel medio periodo ? riduzione degli oneri santari; sviluppo delle tecnologie verdi e del business ambientalista ? ma nell´immediato hanno dei costi. E i mezzi scarseggiano: Obama eredita conti pubblici disastrati, un deficit che naviga pericolosamente verso il 10% del Pil. Inoltre le grandi riforme hanno iter legislativi delicati, la prudenza consiglia di trovare qualche compromesso con la minoranza repubblicana, per evitare una débacle come quella subita all´inizio della prima Amministrazione Clinton dalla riforma sanitaria di Hillary. Così lo staff di Obama si trova a lottare contro due incendi. Uno è il divampare della recessione che si estende a tutti i settori dell´economia. L´altro è il fuoco dell´entusiasmo creato dalla vittoria, una "Obama-mania" che alimenta aspettative esagerate. Altro che cento giorni ? è il leitmotiv della squadra democratica ?, neppure i mille giorni iniziali di questo esecutivo basteranno a dare risultati significativi. L´ex capo dello staff di Bill Clinton, Leon Panetta, che è anche un consigliere di Obama, non lascia illusioni: "Obama deve fronteggiare la più grave crisi di un presidente americano nei tempi moderni. Potrà aggredire solo un problema alla volta. Intanto deve abbassare la febbre delle aspettative, spiegare che il suo potere è limitato di fronte a una recessione di questa gravità". Federico Rampini