Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 06 Giovedì calendario

ItaliaOggi, giovedì 6 novembre Non hanno resistito. Il contagio li ha colpiti entrambi, senza pietà

ItaliaOggi, giovedì 6 novembre Non hanno resistito. Il contagio li ha colpiti entrambi, senza pietà. Ma sull’Obamite, la passione per Barack, il leader del Partito democratico Walter Veltroni può vantare senza dubbio la precedenza nei confronti del premier, Silvio Berlusconi. Folgorato solo di recente dall’irresistibile fascino del senatore democratico dell’Illinois, grande eversore dei Repubblicani, di George W. Bush e John McCain. Al contrario del suo avversario politico, che già nella campagna elettorale per le politiche 2008 aveva preso in prestito lo «Yes, we can», l’italianissimo «Si può fare» che ha echeggiato nei comizi e nelle manifestazioni di piazza democratiche che hanno preceduto il 14 aprile. Quello slogan campeggia in bel corsivo nella prima di copertina del programma elettorale del Pd, accanto alla foto e alla scritta «Veltroni presidente». E anche nelle pagine interne le somiglianze con le idee manifestate da Obama nel corso della sua estenuante galoppata tra primarie e vere presidenziali, non mancano. In economia, con i tanti crediti di imposta, con le riduzioni di tasse sui ceti medi promesse agli elettori. Nella difesa dei diritti civili, con Obama nei panni del maestro e Walter attento allievo. E nelle proposte sulla scuola, simili nella parte sulla scuola materna, con il piano da «Zero a cinque anni» ideato da Barack per creare un sistema di asili-nido pubblici negli Usa e il progetto di Veltroni per «portare in 5 anni i posti per i bambini da 0 a 3 anni dal 6% attuale al 25%».Un modo indiretto per aiutare «le mamme a lavorare», spiega il programma di Veltroni, mentre Barack,sulla questione, è altrettanto determinato e propone un progetto per eliminare la discriminazione salariale nei confronti delle donne lavoratrici. E che dire del «compenso minimo legale, 1000-1.100 euro netti mensili per lavoratori precari» vagheggiato dal segretario del Pd e della minimum wage, la paga minima, che Barack si prepara, guarda un po’, ad aumentare e «ad agganciare all’inflazione, in modo da aumentarla anno dopo anno»? C’è poi dell’altro, perché per la sicurezza gli strateghi ormai prossimi inquilini della Casa bianca hanno progettato l’aumento della polizia di prossimità, con l’ingresso di 50.000 nuovi agenti, mentre il Pd rimedia con «più agenti nelle strade». Né si fa mancare, il leader del Pd, la «scelta del multilateralismo» in politica estera, «per le missioni internazionali di pace, contro il riarmo convenzionale e nucleare, per i diritti umani, contro il riscaldamento globale». Detto e fatto anche da Obama, che vuole restituire autorità alle istituzioni internazionali e sovranazionali, riaprire il dialogo, anche a brutto muso, con Russia e Iran, lasciare «gradualmente e responsabilmente» l’Iraq e tornare alla non proliferazione nucleare e agli interventi per evitare che il riscaldamento globale finisca per diventare un problema di proporzioni catastrofiche. Tanto da proporre l’obiettivo di ridurre dell’80% le emissioni di gas serra entro il 2050. Se poi si cercano altri sintomi del contagio, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Lo sviluppo di banda larga e della rete di comunicazioni per renderla accessibile a «tuttte le comunità degli Stati uniti», fa rima con l’idea di Veltroni di utilizzare le nuove tecnologie per garantire sicurezza ai cittadini. E la lista potrebbe proseguire se non fosse per le presenze di obamite nel programma del Popolo della libertà. Tra il piano di Barack Obama e le promesse di Silvio Berlusconi ci sono molte analogie. Alla voce «urban policy», il neo presidente americano promette di spedire 50mila agenti di polizia per le strade a supporto delle polizie locali. Annuncio al quale Berlusconi risponde con il pacchetto siccurezza e l’annuncio della «maggiore presenza sul territorio delle forze dell’ordine e incremento della polizia di prossimità, dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere per rafforzare la prevenzione dei reati diffusi». Le somiglianze che meno t’aspetti spuntano alla voce immigrazione. Il democratico americano, dichiarando di «voler preservare l’integrtità dei nostri confini», promette di mettersi al lavoro con il Messico, anello debole della frontiera, porta d’ingresso dell’immigrazione clandestina in America. Nel programma berlusconiano viene data la precedenza «per l’immigrazione regolare ai lavoratori dei paesi che garantiscono la reciprocità dei diritti, impediscono la partenza di clandestini dal proprio territorio e accettano programmi comuni di formazione professionale negli stessi paesi». In America non c’è traccia della Bossi-Fini, ma il concetto obamiano sulla clandestinità è netto: «Saranno rimossi gli incentivi agli ingressi illegali». Il neo inquilino della Casa Bianca vuole chiedere agli immigrati privi di documenti di mettersi in regola pagando una multa, imparando l’inglese e di fare marcia indietro verso i paesi d’origine dove poi avviare le pratiche per entrare in America legalmente. Conoscenza della lingua e delle leggi è quanto chiede il Pdl. Quello che proprio non t’aspetti è la battaglia di entrambi contro la politicizzazione dei magistrati. Obama e il suo vice, John Biden, «invertiranno la politicizzazione che si è verificata nel corso dell’amministrazione Bush del dipartimento della giustizia». In Italia non si contano più le volte in cui il leader del centro-destra ha attaccato parte della magistratura accusandola di essere espressione del centro-sinistra. Anche sulle innovazioni tecnologiche c’è molto in comune. Per Barack l’America «dovrebbe essere leader per la penetrazione della banda larga e l’accesso ad internet». In Italia, il premier si impegna a completare «il procesos di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni e diffusione della banda larga su tutto il territorio nazionale». Alla voce «digitalizzazione della pubblica amministrazione», i programmi sembrano essere stati stesi dalla stessa mano. Berlusconi punta sullo «sviluppo del piano di riorganizzazione e digitalizzazione per raggiungere considerevoli risparmi nel costo dello stato, consentire ai cittadini l’accesso agli uffici pubblici per via telematica e assicurare maggiore trasparenza e certezza delle procedure». Dal suo canto Obama «utilizzerà la tecnologia per riformare l’azione del governo e migliorare lo scambio di informazioni fra governo e cittadini». Anche sulle nuove fonti di energia sembrano pensarla allo stesso modo, puntando su solare e geotermico. No tax per nuove iniziative imprenditoriali e professionali dei giovani, aiuti alle imprese che assumono giovani sono terreni battuti sia dal programma di Obama sia da quello del Pdl. Ma è sulla scuola che i due in alcuni casi sembrano specchiarsi l’uno con l’altro. Analogie che hanno spinto la ministra Mariastella Gelmini a proclamarsi obamiana quasi in segno di sfida alla piazza di studenti urlante contro il suo decreto sulla scuola. Berlusconi aveva promesso «commisurazione degli aumenti retributivi a criteri meritocratici con riconoscimenti agli insegnati più preparati e impegnati», Obama è sulla stessa linea: creazione di un corpo d’elite degli insegnanti; chiusura degli istituti a scarso rendimento e incentivi a quelli di qualità, aggiornamento e avanzamenti di carriera ai professori che accetteranno di lavorare per un periodo minimo di 4 anni in sedi disagiate». Per questo anche Berlusconi può dirsi obamiano. Giampiero Di Santo Emilio Gioventù