Cristina Taglietti, Corriere della Sera 7/11/2008, 7 novembre 2008
Il giorno in cui la moglie Teresa lo lascia, il protagonista senza nome del nuovo romanzo di Francesco Piccolo ha una relazione stabile con Valeria da nove anni (cioè da prima di sposarsi), con Francesca da quasi tre e con Silvia da un anno e mezzo, oltre a due nuovi rapporti appena cominciati
Il giorno in cui la moglie Teresa lo lascia, il protagonista senza nome del nuovo romanzo di Francesco Piccolo ha una relazione stabile con Valeria da nove anni (cioè da prima di sposarsi), con Francesca da quasi tre e con Silvia da un anno e mezzo, oltre a due nuovi rapporti appena cominciati. In mezzo ci sono state amiche della moglie, babysitter, colleghe di lavoro, clienti, persino la suocera, tutte compulsivamente aggiunte a una lista in continuo aggiornamento. Un impegno che richiede, oltre a doti fisiche non indifferenti, anche una grande lucidità mentale che permetta di gestire una massa enorme di menzogne e quasi verità, di calcolare orari di entrata e di uscita, di incastrare appuntamenti falsi, allungare riunioni, moltiplicare ritardi nella convinzione che «far sparire le tracce è faticoso, ma prolunga il piacere». Ciononostante, dice, «in questi anni non ho mai smesso di amare Teresa, di desiderarla, di provare ogni giorno a essere felice con lei», e non ha mai smesso di essere un padre attento e affettuoso per la piccola Beatrice. Il fatto è che, si giustifica il protagonista, quarantenne montatore (Piccolo ci gioca ovviamente) cinematografico in crisi professionale, «il mio immaginario erotico è elementare, di primo grado, una specie di modello base: l’immaginario erotico del maschio meridionale, il punto più basso della scala evolutiva della contemporaneità ». Dietro lo scudo di questa ammissione di colpa senza sensi di colpa, risultato di una «mancanza di ossessione per l’ostentazione della rettitudine e dell’innocenza », Piccolo si lancia nella descrizione di un vero e proprio tour de force erotico, che ha il fascino della sincerità spietata benché un po’ troppo autocompiaciuta. L’andamento narrativo spinge il lettore a voler psicanalizzare il protagonista (banalmente: il collezionismo di donne che risultano senza personalità e senza volto, ma sono soprattutto seni, gambe, sederi non nasconderà un’impotenza del cuore?), dall’altro spinge a chiedersi se Piccolo non parli in fondo di sé, maschio meridionale di provincia che, costretto a evolversi dal suo livello culturale, cerca di tenere a bada come può l’istinto primordiale che lo domina. La separazione del maschio a cui fa riferimento il titolo di questo romanzo edito da Einaudi non indica solo la separazione dalla moglie (che lo lascia perché si accorge che lui, scoprendola a letto con un altro nella loro camera, gira i tacchi e se ne va), ma anche la separazione che il protagonista, e come lui molti uomini, vive dentro di sé tra il sesso e il sentimento, l’avventura e la famiglia, il dovere e il piacere. La chiave per vivere felici contenti e fedifraghi starebbe proprio nella capacità di frammentare una vita in molte vite separate, che, anzi, in questo modo si potenziano l’un l’altra. E benché Piccolo sia sicuramente consapevole che questa capacità è ormai anche di molte donne, perché il racconto abbia un senso è costretto a estremizzare e quindi a semplificare: da un lato, il Maschio che caccia; dall’altro, la donna che (quasi sempre) aspetta. C’è qualcosa di coraggioso e autentico nel mostrare questo maschio nudo, che sa di non poter suscitare simpatia ma ha l’incoscienza di una verità che si rifà più alla natura che alla cultura. Peccato che le avventure erotiche si inanellino in modo un po’ meccanico, (fino all’immancabile scena clou del triangolo con lesbica) risultando decisamente stucchevoli. Anche il tono spensierato del racconto lascia a volte qualche dubbio di superficialità, come se Piccolo avesse voluto cercare l’effetto speciale più che una vera analisi del rapporto (e della differenza) tra uomini e donne. Aldilà degli incontri sessuali, che costituiscono la struttura portante del libro, lo stile di Piccolo a volte ha qualche cedimento e, mentre alcune pagine sono efficaci, come quelle in cui racconta l’ossessione della moglie per l’organizzazione del week end, acuta fotografia della nostra epoca attraverso un dettaglio, altre, come tutta la parte iniziale sulla deplorevole abitudine dei baristi di aggiungere cacao non richiesto nel cappuccino, sono digressioni noiose che non aggiungono nulla alla narrazione.