Sergio Bocconi, Corriere della Sera 7/11/2008, 7 novembre 2008
MILANO
Dovrebbe aggirarsi fra i 10 o più probabilmente 15 miliardi l’ammontare del prestito che lo Stato si avvia a erogare alle banche per rafforzare il patrimonio al fine di adeguarlo ai livelli europei dopo gli interventi di sostegno delle banche centrali. Nei giorni scorsi è circolato fra le aziende di credito il regolamento che contiene le condizioni del bond convertibile perpetuo, che probabilmente sarà assorbito da dieci (al massimo 12-15) grandi istituti. Obiettivo è portare il core- tier1 (cioè il rapporto fra capitale subito disponibile e attivi ponderati per il rischio) all’ 8%: in questa occasione tale ratio potrebbe comprendere anche un titolo per sua natura "ibrido" (in genere compreso nel solo tier1).
Alcuni dettagli tecnici andrebbero ancora definiti. In linea di massima però si tratterebbe di un’obbligazione convertibile probabilmente in azioni ordinarie (anche perché molti statuti bancari non prevedono l’emissione di altre tipologie di azioni) con una cedola compresa fra l’8 e il 9% subordinata al dividendo: il bond sarà subito considerato capitale perciò se la banca sarà in condizioni di remunerare gli azionisti pagherà anche lo Stato e contemporaneamente la politica di dividendi dovrà tener conto dell’onere del prestito. Gli istituti potrebbero poi avere a disposizione tre opzioni: conservare il bond perpetuo pagando le relative cedole; restituire dopo 2-3 anni cash il prestito pagando un premio; convertire (solo su richiesta della banca) l’obbligazione in azioni. Al finanziamento potrebbero aderire i big del credito, da Unicredit a Intesa Sanpaolo, da Montepaschi a Banco Popolare e Bpm.
Il problema dell’adeguatezza patrimoniale non è comunque l’unico a interessare in questo momento il mondo bancario. Sui tavoli degli istituti ci sono anche alcuni casi che «scottano», a partire da quello relativo a Romain Zaleski, che ha fatto della sua Carlo Tassara un’holding di partecipazioni acquistando titoli indebitandosi con banche italiane ed estere. Alcuni istituti italiani hanno deciso nei giorni scorsi di subentrare a Bnp e Royal bank of Scotland che avevano intenzione di revocare le linee di credito. Il rimborso del finanziamento prevedrebbe la graduale cessione di alcuni pacchetti di azioni che fanno capo a Zaleski. Fra questi il 5% della Intesa Sanpaolo. Sarebbe stata fatta l’ipotesi di un intervento delle fondazioni azioniste (dalla Compagnia di San Paolo e Cariplo fino a Carisbo), che tuttavia in alcune pre-verifiche avrebbero fatto capire di non essere disponibili. Per almeno due ragioni. Da un lato non desidererebbero concentrare ulteriormente i portafogli. Dall’altro prenderebbero parte a iniziative (se richiesto, ma al momento è escluso) solo per rafforzare la banca e non acquistando azioni per «salvare» Zaleski.
Sergio Bocconi