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 2008  novembre 07 Venerdì calendario

Possono stare tranquilli i finanziatori della Rifondazione comunista di Paolo Ferrero. E come loro pure i contribuenti che hanno intenzione di dare soldi (se già non l’hanno fatto) ai Verdi di Grazia Francescato, all’Udeur di Clemente Mastella, ai Comunisti italiani di Oliviero Diliberto, ai socialisti di Riccardo Nencini

Possono stare tranquilli i finanziatori della Rifondazione comunista di Paolo Ferrero. E come loro pure i contribuenti che hanno intenzione di dare soldi (se già non l’hanno fatto) ai Verdi di Grazia Francescato, all’Udeur di Clemente Mastella, ai Comunisti italiani di Oliviero Diliberto, ai socialisti di Riccardo Nencini. Perché fino alla fine di dicembre 2008 potranno continuare a versargli denari usufruendo del beneficio fiscale massimo consentito dalle norme per i privati cittadini che finanziano la politica, anche se quei partiti non hanno più da aprile, come invece stabilisce la legge per ottenere lo sconto sulle tasse, nemmeno un rappresentante in Parlamento. Questi otto (provvidenziali?) mesi di bonus fiscale si devono a una risoluzione adottata dall’Agenzia delle entrate giovedì 30 ottobre. Nelle settimane precedenti un centro di assistenza fiscale ha rivolto alle Finanze un interpello (così si definisce in gergo tecnico una richiesta di chiarimento) per sapere, appunto, se anche le cosiddette erogazioni liberali a favore di un partito che non ha superato la soglia di sbarramento alle ultime elezioni e quindi non è più presente in Parlamento, possono godere dello stesso trattamento fiscale ammesso in favore di chi dà soldi alle formazioni politiche rappresentate alla Camera o in Senato. Il Caf ha motivato la richiesta affermando che quei partiti rimasti fuori dalle Camere sono comunque rappresentati nelle amministrazioni locali quando non addirittura nell’assemblea di Strasburgo. Una motivazione che le Finanze non hanno preso per buona, ribadendo quanto avevano già sostenuto nel febbraio del 2005, e cioè che la detraibilità dei contributi alla politica dall’Irpef è prevista per legge soltanto se il partito destinatario ha almeno un esponente in uno dei due rami del Parlamento. L’Agenzia delle entrate ha tuttavia ritenuto che siccome quelle formazioni politiche hanno pur avuto qualche parlamentare «nel periodo d’imposta in corso » (per periodo d’imposta «in corso» s’intende l’intero 2008), allora «sia possibile beneficiare del diritto alla detrazione del 19%». Traduzione: tutti i contributi dati quest’anno ai partiti che non hanno superato la soglia di sbarramento, anche quelli versati dopo le elezioni politiche di aprile, quando si è verificato il tracollo, possono far risparmiare sulle tasse. Quanto? Oggi un privato cittadino che regala denari a un partito o a un politico può detrarre dalle imposte il 19% di quello che ha versato, fino a un tetto massimo di 103.291,38 euro. E si tratta di un beneficio enorme rispetto a quanti, poniamo, decidono di dare un contributo a un’associazione per la ricerca sui tumori o a un’organizzazione a sostegno dell’infanzia abbandonata. Per costoro il tetto massimo per la detrazione del 19% è infatti di appena 2.065,83 euro. Il risultato è che chi finanzia la politica può risparmiare anche 19.625,36 euro, mentre il risparmio per il privato cittadino che dona soldi a un’associazione benefica non supera comunque i 392,50 euro. Una sproporzione semplicemente scandalosa. Tanto scandalosa che nell’ottobre del 2007 Antonio Di Pietro e l’attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno avevano presentato una proposta di legge per ridurre i costi della politica che equiparava il trattamento fiscale per i contributi privati ai partiti a quello per le donazioni alle onlus, stabilendo un unico tetto di 51.600 euro. Proposta accolta nel Palazzo, ma com’era forse prevedibile, con irritante sufficienza. Presentato a ottobre del 2007, il disegno di legge è rimasto per sei mesi in un cassetto, fino a quando lo scioglimento anticipato delle Camere l’ha fatto dissolvere. Stesso cassetto nel quale staziona da oltre quattro mesi un altro provvedimento proposto il 24 giugno da Antonio Borghesi insieme a tutto il gruppo dell’Italia dei valori, con l’obiettivo questa volta di abbassare il tetto per la detraibilità fiscale delle erogazioni liberali alla politica, portandolo al limite dei 2.065,83 euro fissato per le associazioni umanitarie. E tutto lascia prevedere che lì dentro sia destinato a rimanerci ancora per un bel pezzo. Sergio Rizzo