Maurizio Molinari, La Stampa 7/11/2008, 7 novembre 2008
MAURIZIO MOLINARI DA CHICAGO PER LA STAMPA DEL 7 NOVEMBRE 2008
Il sarto gli vende vestiti da 1500 dollari, il libraio saggi sulla Beat Generation, con il barbiere parla di sport e appena può porta le figlie a respirare la brezza del Lago Michigan sul Promontory Point. La Chicago privata di Barack Obama ruota attorno a Hyde Park, il quartiere dove ha per la prima volta baciato Michelle all’angolo, con l’eccezione di Hartmarx, il sarto sul lato opposto della città, lungo la North Wacker Drive, che ha da poco aperto un negozio sulla East Oak Street e sta per sbarcare nei pressi dell’ambito Magnificent Mile.
La dipendenza di Barack dai sarti di «Hart Schaffner Marx» si deve al completo «new casual» dal quale non riesce più a separarsi ovvero un misto lana - il 3 per cento è cashmire - di color blue-navy a un solo petto e con due bottoni, con in fondo ai pantaloni un risvolto di 3 centimetri. Confezionato nel primo esemplare all’inizio della campagna elettorale, ora Obama ne ha cinque identici - due blue-navy, tre grigi - e il fatto di indossarli senza soluzione di continuità ha fatto lievitare i prezzi fino a 1500 dollari l’uno. Le vendite comunque vanno a gonfie vele, perfino l’amministratore delegato della sartoria, Homi Patel, ha voluto far sapere di averne acquistati quattro, spiegando che si tratta di uno dei capi di maggiore successo dei 126 anni di attività dell’azienda, che aprì i battenti sulla Chicago State Street quando il fondatore Max Hart decise di mettersi in società con i cognati Levi Abt e Marcus Marx.
Sebbene confezionati a circa 40 minuti di auto di distanza, i completi «new casual» ben si addicono a Hyde Park, il quartiere interetnico a ridosso dell’Università di Chicago dove famiglie di docenti e professionisti vivono nelle villette stile inglese attorno alla 53° e 57° Strada, inclusa la Greenwood Avenue dove hanno casa gli Obama. Al 1501 East della 57° Strada c’è il libraio Bradley Jonas che racconta di «conoscere Barack e Michelle da almeno 20 anni», di mandare i figli «alla stessa scuola dei loro» e di essere diventato un «amico di famiglia» al punto di avergli fatto il favore di acquistare 4000 copie del primo libro, «Dreams from My Father», nel 1995. «Quando viene qui Obama guarda, e a volte compra, i libri su Kerouac e la Beat Generation come quelli sul mitico boss Dillinger» racconta Jonas, che tiene i prezzi bassi per andare incontro a un pubblico composto in gran parte dagli studenti dell’ateneo.
Anche Zariff, il barbiere al 5234 di Blackstone Street, è a buon mercato - un taglio va dai 18 ai 22 dollari - e descrive il presidente eletto come «soprattutto intento a parlare di sport e di quanto avviene nella nostra comunità». Il negozio di barbiere, di proprietà di Ismael Ashti, colleziona cimeli di più discipline: maglie dei campioni di football e cappellini dei match di baseball come anche una gigantografia di Cassius Clay ripreso durante le Olimpiadi di Roma del 1960. «Quando si siede su questa sedia, Obama parla quasi solo di sport, la politica la lascia da parte» racconta Zariff, che dice di tagliargli i capelli «una volta ogni due settimane» e di «essere pronto a trasferirmi alla Casa Bianca se me lo chiederà».
Poco lontano dal «barber shop» c’è l’angolo sulla 53° Strada dove Obama diede il primo bacio a Michelle, proprio fuori dal locale «Baskin Robbins», dove ora sorge un parcheggio. Hyde Park non è una zona molto vasta e i riferimenti alla vita privata di Obama sono molteplici, soprattutto attorno alla zona di Harper Square dove la neo-coppia presidenziale è solita passeggiare nei fine settimana, assaggiando le fajitas di Mellow Yellow, le specialità caraibiche di Calypso oppure facendo sosta da Pizza Capri. Per le figlie Malia e Sasha invece, a sentire i vicini, il posto preferito è il Promontory Point, con vista sul Lago Michigan, dal quale, voltandosi all’indietro, si vede con chiarezza anche il profilo del grattacielo dell’ospedale dell’ateneo dove sono nate. Di fronte al quale sostano dei giovani mendicanti
QUATTRO DOMANDE AD ALBERTA FERRETTI (sempre DALLA STAMPA)
Come si veste Obama?
«Ha un’eleganza classica che si addice a un uomo giovane che ricopre un ruolo importante come quello del Presidente degli Stati Uniti. Ha classe, mi piacciono persino quei calzoni sottili che indossa sempre, criticati da molti. Io trovo invece che siano proporzionati alla sua statura».
Camicia bianca con maniche arrotolate... stile kennediano?
«E’ la suggestione che ce lo fa vedere così, perché incarna il Kennedy di oggi. E la speranza del rinnovamento ci porta a paragonarlo ai Kennedy. In realtà ha un fisico e un modo di muoversi assai diverso da loro. E’ meno formale. Quella camicia, comunque, trasmette semplicità, pulizia e concretezza. Insomma emana un gran fascino».
Una scelta di comunicazione precisa?
«Al contrario. Proprio perché gli abbinamenti più studiati richiedono tempo, e lui non ne ha, va sul sicuro. La camicia bianca è una certezza. Notare bene: non è mezze maniche o con le spalline sulle spalle, da tranviere, o comunque da yankee middle class. Ha le maniche arrotolate di uno che lavora ma non perde un briciolo di aplomb. Credo che la indossi per comodità, perché lo fa sentire a posto in qualsiasi momento».
Lo trova seduttivo nell’insieme?
«Sì, ma è lui che porta l’abito e non viceversa. E’ seduttivo nel modo di sorridere, di parlare, di muoversi. Trasuda carattere da tutti i pori. Lo aiuta anche lo sguardo diretto e franco. Come si veste passa in secondo piano. Si ricordano gli abiti scuri e la camicia bianca, che emanano un gran senso di sicurezza. Non mi ha mai colpito un dettaglio fuori posto. Nel suo guardaroba non cambierei niente».