Lavinia Farnese, Novella 2000, 13/11/2008, pp. 80-82, 13 novembre 2008
Arturo Brachetti. Trasformista. A teatro con Gran Varietà Brachetti. «Da bambino andavo a scuola in un collegio salesiano a pochi chilometri dal paese della mia famiglia, Corio Canavese, in provincia di Torino
Arturo Brachetti. Trasformista. A teatro con Gran Varietà Brachetti. «Da bambino andavo a scuola in un collegio salesiano a pochi chilometri dal paese della mia famiglia, Corio Canavese, in provincia di Torino. Mio padre, a causa della guerra, aveva interrotto gli studi in seminario. Così, sarebbe toccato a me. La religione era l’unica cosa che mi scuoteva nel profondo, allora. Fino a quando, durante un ritiro sulle colline torinesi, don Silvio mi mise a disposizione la sua stanza piena di giochi di prestigio e di libri di magia. Facevo marionette e il giocoliere, nelle feste private e cittadine. E davanti allo specchio sfidavo le leggi di gravità con le mie visioni. A quindici anni, con sei costumi prestati e pochi trucchi, iniziai a travestirmi. Ero piccolino, bruttino, magrolino e brufoloso. E soprattutto, una schiappa a giocare a pallone. A scuola mi prendevano in giro. Ero alla disperata ricerca di una vendetta sociale. Poco dopo mi presero a Parigi, al Paradis Latin come attrazione vedette. Il trasformismo era una forma d’arte dimenticata dai tempi di Fregoli, che morì negli anni Trenta. […] Ho due angeli custodi: uno per i vestiti, uno per le parrucche; sono al mio fianco da oltre 15 anni. E’ come nella Formula Uno: mi cambiano le ruote e mi rimettono in pista, trasformato, nel tempo del lampo». Quanto impiega per un cambio d’identità, quanto per prepararlo? «Due secondi. Forse tre. A volte anche uno e mezzo. Ma per un’esibizione posso lavorare anche un anno». Ha 350 costumi. «E li amo tutti». Paura di invecchiare? «Sempre. Per questo dimostro dieci anni di meno di quelli che ho, racconto sempre che sono del 1967, quando ho superato il mezzo secolo e non la smetto di zompettare sul palco. […]». Non ha mai incontrato Fellini, ma dice di rimpiangerlo. Come mai? «Perché come me usava il falso per raccontare il vero. E come me credeva che il bambino di otto anni e mezzo, disincantato, che è stato in ognuno di noi, deve restarci per la vita». Come vive l’amore un trasformista? «nel passato non mi sono fatto mancare nulla: mi piace dire che se la donna è l’altra metà del cielo, io il cielo l’ho visto tutto intero. Ma credo che da anziani sia meglio avere una compagna al fianco che ti ami e ti curi, piuttosto che un uomo. Adesso ne ho una a cui voglio molto bene. E amiche, troppe amiche. Perché, da buon trasformista, sono geneticamente infedele». Cosa pensa di Pacs, Dico e affini? «[…] Perdiamo così tanto tempo a preoccuparci di quelli che si amano. Ma preoccupiamoci di altro! Di quelli che violentano, di quelli che rubano. In due persone dello stesso sesso che si amano cosa c’è di male? Non è contro natura, è contro cultura per una Chiesa troppo presente e una politica troppo ossequiosa […]». Un calcio ai suoi esordi, alla sua fede di ragazzo, dunque. «No. La Chiesa però dovrebbe finirla di dire che Dio è contro gli omosessuali, quando è lo stesso Papa a scriverlo che ”Dio è amore”».