Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 6/11/2008, 6 novembre 2008
SAN FRANCISCO
«Mia sorella first lady? Se ci penso è surreale. Immaginavo sarebbe diventata un’astronauta, o la prima donna a traversare il mondo a nuoto. Qualcosa di fuori dall’ordinario. Ma first lady mai». Craig, fratello di Michelle Robinson in Obama, è ancora sbalordito. Però sì, l’anomalia- Michelle ha stupito e convinto molti americani. Non tanto i bianchi adulti, spesso terrorizzati; a nominarla se ne escono con frasi tipo «ha un sedere molto grosso» e cambiano discorso. Ma piace ai neri, per loro è una «real sister», più del marito mezzo bianco. E alle elettrici etero di cattivo carattere (gruppo numeroso e trascurato). E alle elettrici non etero.
Rivoluzionaria per Obama A centinaia, a San Francisco, hanno salutato la sua prima uscita da prima dama con un collettivo «Uauuuuuuuuuuuuuu! ». Alla festa finita male per seguire i risultati del referendum sui matrimoni gay erano tutte entusiaste quando sui megaschermi è apparsa Michelle. Michelle, in effetti, è diventata un’icona lesbo; assertiva, forte, intelligente, stilosa, più alta di Barack. «Il senatore deve fidarsi molto delle lesbiche se ci manda una moglie così bella», così l’avevano presentata due anni fa a un evento lesbobenefico a Chicago. Lei era molto a suo agio. Anche l’altra sera provocava tifo da stadio, senza rimpianti, tanto è già sposata.
Sposatissima. E parte integrante dell’Obama Revolution. Perché con la sua elezione cambia il senso di sé che ha l’America. Ormai in maggioranza consapevole di non essere più un Paese di bianchi al governo con minoranze aggiunte; bensì la società multirazziale più grande e varia del mondo. Che ha scelto per la prima volta di non delegare a un maschio bianco (neanche a donne bianche, si sa) e di autorappresentarsi fin su alla Casa Bianca. Ci andranno a vivere un presidente di padre keniota e madre midwestern, e sua moglie avvocato nata povera e laureata a Princeton e Harvard, e nerissima (conta: l’aver scelto una donna molto scura, mentre il nero medio trova più distinto sposare qualche «sister» tendente al beige, ha reso Obama caro alle afroamericane che erano incerte tra lui e Hillary).
Ristrutturazione femminile Nerissima, spesso nera di umore durante la campagna. All’inizio faceva la dura, quale è. Dichiarava di essere stata contraria alla candidatura del marito; quando il marito ha cominciato a vincere, ha detto che «per la prima volta» nella sua vita adulta si sentiva fiera di essere americana. Seguirono polemiche. Seguirono duri attacchi alla sua tesina al college, sugli studenti neri a Princeton. Con la solita franchezza e un po’ di tristezza, scriveva di non essersi mai sentita parte della comunità universitaria. Qualche commentatore conservatore ha usato la vecchia tesina per descriverla come un’afroamericana radicale e separatista. Poi è successo di peggio: quando a nomination conquistata, lei e Obama si sono congratulati su un palco a Saint Paul battendo i pugni a pollice alzato, la rete conservatrice
Fox lo ha definito un «terrorist fist bump». Lei è dovuta andare al talk show femminile «The View» per spiegare «l’abbiamo copiato dai nostri attivisti giovani. Io non sono così cool».
Non è sicuro. Michelle O., nascondendo dietro al vocione la timidezza delle donne alte e ingombranti, ha sempre cercato di essere cool (anche a Grant Park; i colori erano afro ma lo stilista era Narciso Rodriguez). Compatibilmente con i (molti) ruoli: avvocato in un grande studio (lì conobbe Barack), poi amministratore di una grande azienda ospedaliera (per anni ha guadagnato molto più del marito), prima afroamericana a rischiare di diventare first lady. La sfida ha comportato una ristrutturazione di Michelle, tra l’altro.
Previsioni Già a metà primarie ha dovuto smettere di parlare a modo suo (non ha più sfottuto Barack perché russa e ha l’alito pesante la mattina); a fine primarie erano spariti i pantaloni; e Michelle informava l’intero pianeta che il suo primo lavoro era quello di mamma, di Malia e Sasha; e che si era sempre barcamenata tra figlie e lavoro (per tacer di Barack), come tante. La nuova linea non piaceva alle fans di Michelle-amazzone, ma ha rassicurato qualche elettore che temeva una first lady Pantera Nera (le Pantere Nere trattavano le donne come zerbini, ma la memoria storica non è forte, qui).
E ora? Michelle, sportiva e manager disciplinata, farà il suo lavoro. Sarà consigliera informale del marito, si occuperà un po’ di sanità. Ma si attendono (si sperano) sorprese. Non è donna da tè fra prime dame.
Farà da ambasciatore di Barack tra i gruppi che più la amano, probabile (è un tipo che deve restare attivo; è un tipo di nuova donna che deve affermare la propria personalità; è un tipo di carattere, a contenerla troppo non c’è tanto da temere un attentato a Obama, la Casa Bianca la fa esplodere lei).
Maria Laura Rodotà