Fabio Martini, La Stampa 6/11/2008, 6 novembre 2008
Barack Obama è stato eletto da poche ore appena, e la politica romana partorisce la prima clamorosa gaffe
Barack Obama è stato eletto da poche ore appena, e la politica romana partorisce la prima clamorosa gaffe. Uno scivolone reso più insidioso dal ruolo istituzionale del protagonista, Maurizio Gasparri, e che anche per questo crea forte irritazione all’ambasciata di via Veneto, facendo sfiorare un incidente diplomatico che - considerato il momento - nessuno ha però interesse a coltivare. Sono le 8,45 di ieri mattina quando il capogruppo dei senatori Pdl dichiara al Tg3: «Con Obama alla Casa Bianca forse al Qaeda è più contenta». Perchè, insiste, «su Obama gravano molti interrogativi»: «Sulla lotta al terrorismo dovremo vederlo alla prova: gli Stati Uniti sono la democrazia di riferimento per quanti vogliano affermare i valori della libertà minacciati dal fondamentalismo e dal terrorismo islamico». Poco meno di 5 ore più tardi, alle 13,34, Gasparri corregge il tiro: «Tutti siamo convinti che Obama darà continuità alla politica in difesa della democrazia e della legalità internazionale che ha contraddistinto gli Stati Uniti, indistintamente dalle presidenze che si sono alternate». Anche se, precisa, «la politica dei repubblicani è più determinata nel contrasto al terrorismo». Che cos’è successo nel frattempo? Tre cose. Si è scatenata una tempesta politica, continuata poi per tutto il giorno. Gasparri è stato ripreso duramente dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Gasparri ha partecipato a un pranzo in programma da tempo a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore Ronald Spogli, al quale ha dovuto fornire chiarimenti. La bufera politica esplode immediatamente: quelle del capogruppo Pdl sono parole «gravi e inaccettabili», denuncia il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro: «Parole che rischiano di minare i rapporti dell’Italia con il nostro maggiore alleato», e sulle quali il governo è «invitato a prendere posizione». Walter Veltroni denuncia «le miserie della politica italiana» e chiosa sarcastico: «Gasparri che chiede garanzie al presidente americano? E’ il mondo alla rovescia». «La dichiarazione di Gasparri fa orrore, ma almeno c’è l’onestà intellettuale di essere se stessi, di non travestirsi e di non saltare sul carro dei vincitori», insiste Massimo D’Alema con riferimento alla «estrosa abilità di cambiare opinione» su Obama dimostrata da molti esponenti del centro destra, Berlusconi in testa. In mattinata, quando gli portano le agenzie con le dichiarazioni del compagno di partito, Fini non trattiene l’irritazione. Lo fa cercare subito al telefono, gli rimprovera «un’uscita fuori luogo» e gli ricorda il ruolo istituzionale del quale è investito, «presidente dei senatori del principale partito di governo». Le pressioni del presidente della Camera - e verosimilmente di altri esponenti della maggioranza - costringono Gasparri alla rettifica. Tanto più che alle 13,30 è atteso a Villa Taverna insieme al suo vice Gaetano Quagliariello, al vice capogruppo Pdl alla Camera Italo Bocchino e ai capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Roberto Cota e Federico Bricolo. Appena arrivato Gasparri spiega al padrone di casa che le sue parole sono state forzate e travisate, aggiungendo di non volere creare problemi alle relazioni fra i due Paesi. Spogli prende atto, ma lo invita a pesare le parole. Nè Palazzo Chigi nè la Farnesina commentano («Gasparri sbaglia», si limita a dichiarare in serata il ministro frattini alla Tv): non hanno ricevuto note ufficiali o ufficiose di protesta, Gasparri ha cercato di rimediare, e dappertutto si fa festa per l’elezione di Barack Obama.