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 2008  novembre 05 Mercoledì calendario

Dal 1991 al 2006 gli investimenti di capitale fisico fatti da stranieri in Cina sono stati pari a 700 miliardi di dollari, cifra che non tiene conto della crescita del valore degli investimenti nel corso degli anni

Dal 1991 al 2006 gli investimenti di capitale fisico fatti da stranieri in Cina sono stati pari a 700 miliardi di dollari, cifra che non tiene conto della crescita del valore degli investimenti nel corso degli anni. Alle imprese è convenuto delocalizzare in Cina per lucrare sul minor costo del lavoro. Intanto i cinesi, esportando più di quanto importino, hanno potuto comprare obbligazioni statunitensi per un controvalore simile. I crediti cinesi a fronte degli investimenti esteri sono il fondamento del sistema di mutua distruzione assicurata. Se tu mi nazionalizzi i miei impianti, allora io ti sequestro i tuoi titoli. Se provi a rovinarmi, io ti rovino, ma se tu non fai niente, allora io non faccio niente. L’International Emergency Economic Power Act del 1977 dà al presidente americano il potere di congelare le attività estere negli Stati Uniti in risposta a una minaccia alla sicurezza e alla economia. Senza questo sistema di reciproca rovina potenziale, nessuno avrebbe messo in funzione l’equivalente di un trilione di dollari d’impianti in Cina, un paese dominato da un regime a partito unico, forte di un esercito robusto. Con un’industria priva di mezzi adeguati, la crescita cinese non sarebbe mai decollata. I cinesi, acquistando titoli di Stato americani, hanno offerto agli Stati Uniti la garanzia dei loro investimenti. Anche gli investimenti giapponesi, tedeschi, coreani e via dicendo in Cina hanno negli Stati Uniti la loro garanzia. I paesi emergenti asiatici, che alimentano la propria crescita con la domanda di materie prime energetiche dai paesi occidentali, nella previsione che il prezzo delle materie prime si mantenga alto accumuleranno un grande capitale da reinvestire. E lo reinvestiranno non più solo in obbligazioni, ma anche in azioni. Specularmente rispetto alle privatizzazioni degli anni Ottanta e Novanta, nei prossimi tempi saranno gli Stati dei paesi in via di sviluppo a comprare azioni delle imprese occidentali con i propri fondi di investimento sovrani. Il disavanzo commerciale degli Stati Uniti si mantiene perchè le Banche centrali dei paesi asiatici comprano attività finanziarie in dollari facendo in modo che il dollaro non si deprezzi, così che con una moneta forte le importazioni americane non diminuiscono. IL disavanzo statunitense si trasforma in crediti di questi paesi emergenti. Oggi gli Stati Uniti sono indebitati, e in misura crescente, non con il settore privato di paesi democratici, ma con il settore pubblico di paesi autocratici quali sono quelli asiatici. Indicativo di questo rapporto cogente con l’estero è il recente salvataggio di Fannie Mae: il governo federale ha inteso sostenere il prezzo delle sue obbligazioni, detenute in parte all’estero. Se i creditori esteri fossero incorsi in perdite, avrebbero potuto minacciare di comprare meno titoli di Stato americani aggravando la crisi. La minaccia era reciproca, visto che un’America in crisi importa di meno dall’estero. All’origine della crisi. Dopo l’Undici Settembre, il governo federale porta il bilancio in disavanzo, fa abbassare i tassi d’interesse, agisce con la leva fiscale e quella monetaria per sostenere la ripresa dell’economia. L’abbassamento dei tassi d’interesse riduce il costo dei mutui ipotecari e libera reddito da spendere in consumi. Gli immobili salgono di prezzo all’aumentare della domanda e possono essere usati come garanzia per l’accessione di nuovo debito. Molte famiglie si indebitano con la sicurezza di un reddito crescente, grazie al taglio delle tasse e alla generalizzata ripresa. Il prezzo degli immobili non può salire infinitamente. A un certo punto, conviene affittare casa e non più sostenere un mutuo. Da qui il movimento di discesa del valore delle case, che mette in dubbio la garanzia dei debiti di molte famiglie. Nel frattempo, su un settore immobiliare giudicato solido e in crescita dalle agenzie di rating si era sviluppato un mercato di obbligazioni con l’estero, che è ora coinvolto nella crisi. Affermare che viviamo in un mondo irreale dominato dall’economia di carta soddisfa il bisogno di capri espiatori, ma nasconde che l’economia reale del mondo si è sviluppata come mai nella storia grazie al complesso delle relazioni finanziarie tra ovest ed est, in cui gli Stati Uniti sono un "bene pubblico", il garante dei diritti di proprietà di tutti. I cinesi e gli altri paesi asiatici fanno quello che sanno fare meglio: produrre beni fisici, mentre gli statunitensi fanno quello che sanno fare meglio: produrre beni finanziari complessi e governare il mondo. Questo sistema, che dura da decenni, oggi si scontra con il proprio limite, dato che i cinesi hanno comprato troppe attività finanziarie americane e gli americani non hanno saputo produrre ricchezza sufficiente a onorare i debiti. La finanza, tuttavia, resta il cuore dello sviluppo e la soluzione dei suoi problemi, cercata per via privata o con un misto di privato e di pubblico, è il presupposto per lo sviluppo futuro.