Massimo Sideri, Corriere della Sera 5/11/2008, pagina 34, 5 novembre 2008
Corriere della Sera, mercoledì 5 novembre un progetto di legge francese. Ma è destinato a essere seguito con attenzione (e un pizzico di preoccupazione) anche dagli altri Paesi europei: ieri l’Assemblea nazionale ha adottato con 315 voti favorevoli (la maggioranza del governo di Nicolas Sarkozy) e 217 contrari (sinistra e verdi) il budget sulla sicurezza per il 2009 dove, nella notte di venerdì scorso, era stato introdotto un emendamento per portare l’eta massima di uscita dal settore privato a 70 anni
Corriere della Sera, mercoledì 5 novembre un progetto di legge francese. Ma è destinato a essere seguito con attenzione (e un pizzico di preoccupazione) anche dagli altri Paesi europei: ieri l’Assemblea nazionale ha adottato con 315 voti favorevoli (la maggioranza del governo di Nicolas Sarkozy) e 217 contrari (sinistra e verdi) il budget sulla sicurezza per il 2009 dove, nella notte di venerdì scorso, era stato introdotto un emendamento per portare l’eta massima di uscita dal settore privato a 70 anni. Anche se è stato previsto un meccanismo facoltativo, sarà cioè lo stesso dipendente a decidere se prolungare o meno dopo i 65 anni di età la propria permanenza sul posto di lavoro, il limite sarebbe il nuovo tetto massimo europeo, superiore a quello tedesco che per gli uomini è già 67 anni (65 in Italia). L’emendamento prima e il disegno di legge dopo hanno scatenato un dibattito così infiammato che lo stesso le Monde, storicamente di sinistra, è intervenuto con un editoriale definendolo «sproporzionato » e sottolineando che visto l’allungamento della speranza di vita «non è illegittimo» discutere di un limite più alto. Anche se i lettori sul sito del quotidiano francese si sono domandati, preoccupati, che senso abbia un limite a 70 anni quando la speranza di vita attuale per gli uomini è 75. Insomma, il dubbio della «base» è che dietro la riforma ci sia la logica con cui il cancelliere Bismarck aveva calcolato il primo limite d’età in Germania nel 1889. Certo, dietro la frenata di sinistra e sindacati c’è anche la strategia politica. Al governo di Sarkozy viene rimproverato di non aver fatto uso, come altre volte, della concertazione. Per i socialisti quello della maggioranza è un colpo basso, un tentativo di lanciare la volata a un cambio generalizzato del limite pensionistico. Ma tra i malumori c’è anche quello della piccola e media industria visto che, se il disegno diventerà legge, gli imprenditori del settore privato potrebbero essere costretti a tenere più a lungo al lavoro una massa di dipendenti, molto più costosi dei giovani. Non è un caso che in Francia il tasso di occupazione nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni sia più basso di quello medio europeo: 37,8 contro il 42,5% come ha ricordato le Monde ma anche il conservatore Le Figaro (in Germania è il 51%, in Svezia il 70%). Il ministro del Lavoro, Xavier Bertrand, ha difeso il provvedimento come la «volontà di lasciare ai francesi la libertà di scegliere la data in cui vogliono lasciare il lavoro ». «Nulla è cambiato», ha aggiunto, sottolineando come l’età legale per andare in pensione in Francia rimanga 60 anni, sia nel settore pubblico che nel settore privato, a patto di avere i 41 anni di contributi. E, in ogni caso, i quotidiani hanno ricordato che, rispetto alla piattaforma politica delle elezioni, quella di Sarkozy è stata una ritirata visto che, in origine, non era stato previsto alcun limite massimo sopra i 65 anni. Un’ipotesi che, prima che agli altri, non era piaciuta agli industriali. Massimo Sideri