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 2008  novembre 05 Mercoledì calendario

la Repubblica, mercoledì 5 novembre L´intera economia mondiale sta cadendo a candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a tenere a galla lo sviluppo globale

la Repubblica, mercoledì 5 novembre L´intera economia mondiale sta cadendo a candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a tenere a galla lo sviluppo globale. Tutto questo i dati ancora non lo dicono, ma lo si annusa dagli indicatori che guardano al futuro, come quelli sulla fiducia sui consumatori o sugli ordinativi delle aziende. Il segnale d´allarme più recente viene dal Baltic Dry Index, che misura, ogni giorno, i costi del trasporto via mare di prodotti di base come minerali di ferro, cemento e granaglie e viene considerato un buon termometro dello stato e delle prospettive immediate del commercio mondiale. Nello scorso maggio, quando c´era il boom delle materie prime, l´inflazione saliva e si temeva un surriscaldamento delle economie, l´indice aveva raggiunto il suo picco storico a 11,793. Nel giro di cinque mesi è crollato del 95 per cento. Ieri, colpito contemporaneamente dal calo della domanda e dalla stretta sul credito, era affondato, infatti, a 815, il livello più basso degli ultimi dieci anni. Vuol dire che i porti sono ormai intasati da navi vuote, in attesa di un carico che non arriverà. Ma anche che chi viaggia, rischia di farlo in perdita: spedire un carico su una nave da 100 mila tonnellate attraverso l´oceano costava oltre 230 mila dollari al giorno, all´inizio di giugno. La settimana scorsa, bastavano poco più di 11 mila dollari. Nonostante il nome esotico, il Baltic Dry Index non ha niente a che vedere né con i profumi, né con la vodka. E neanche con il Baltico. Viene calcolato a Londra, dove cominciarono ad utilizzarlo, nella City, a metà del ´700, quando il grosso del traffico via mare riguardava il caffè. Per misurarlo, si parte dalla risposta di un ventaglio mondiale di operatori alla domanda su quanto costa spedire carichi di varia natura su una cinquantina di rotte diverse: ad esempio, 100 mila tonnellate di ferro dal Brasile alla Cina, o 50 mila di soia da San Francisco ad Hong Kong. La domanda riguarda carichi "asciutti" e "indifferenziati". Questo significa che non ci sono carichi liquidi, come il petrolio. Ma anche che non ci sono prodotti finiti, abitualmente spediti via container. E qui è l´utilità dell´indice, secondo gli economisti: proprio perché non ci sono prodotti finiti, ma semilavorati e materie prime (come ferro e acciaio) il Baltic Dry Index viene definito un "indice precursore" perché misura l´attività alla radice della catena produttiva. Il resto (cioè la paralisi dei prodotti finiti) non potrà che seguire. In questo senso, l´indice consente oggi anche di avere un´idea, in tempo reale, dell´attività economica di un motore fondamentale, come la Cina. Il picco storico del maggio scorso era stato trainato dalla sete di materie prime dell´industria cinese, impegnata in un boom di esportazioni. Il crollo attuale è, probabilmente, il risultato di una inversione ad U della stessa economia cinese: il calo degli ultimi giorni è, in buona misura, determinato dalla rinuncia, da parte delle acciaierie in Cina, ad una serie di carichi di ferro dal Brasile. E, questa volta, chiamare in causa la speculazione non serve. Qui, si tratta di carichi reali, non di carta. E, dice un economista americano, Howard Simons, «nessuno noleggia un cargo, se non ha merci da muovere». Le oscillazioni del Baltic Dry Index sono abitualmente brusche, anche in situazioni né di boom, né di crollo. La sua volatilità, tuttavia, è anche lo specchio della sua sensibilità alle variazioni di tendenza. E il grafico dell´indice riassume assai bene come si incrocino, in questi mesi, le tre tendenze di fondo dell´economia mondiale: petrolio, recessione, stretta del credito. A primavera, il boom del petrolio rischiava di portare al collasso la globalizzazione, perché il costo del trasporto metteva fuori mercato l´import da lunga distanza. Oggi, il combustibile costa poco, ma non si spedisce quasi più nulla. La domanda è crollata e, anche dove c´è, non ci sono i soldi per finanziare il trasporto. Maurizio Ricci