varie, 5 novembre 2008
Milo Infante, 39 anni, sposato con Sara Venturi, 28, a giugno è diventato padre di Daniele: «Con lui la vita si stravolge
Milo Infante, 39 anni, sposato con Sara Venturi, 28, a giugno è diventato padre di Daniele: «Con lui la vita si stravolge. Non ho più i miei spazi con mia moglie, c’è sempre lui, una variabile che ha sempre bisogno d’affetto, di attenzione, ed è bello così». «A volte quando si sveglia in piena notte brontolo un po’. Ma quando lo guardo nella culla sento che è la cosa più importante che ho fatto». «Non lavoro per hobby, ma per pagare il mutuo di casa e il macellaio». Infante a proposito di Insieme sul 2: «Con questo programma mi gioco tutto. Certo in televisione ci sono "miracolati” che nonostante i risultati continuano a lavorare. Io, invece, mi sento sempre sotto esame anche se in cinque anni ho ottenuto ottimi risultati con il programma L’Italia sul 2». Milo Infante è nato in una «casetta della periferia milanese, in viale Monza: i miei primi ricordi sono al parco Lambro mentre gioco con mia mamma». «Mia mamma era trentina, mio papà era di origine triestina». «Ho fatto le elementari vicino a casa: una bella scuola pulita con il giardino, ma popolata di bimbi difficili, come succede in ogni periferia» «Sono stato un bambino e un ragazzo modello. Bravo a scuola, anche se un po’ ingenuo rispetto agli altri, meno smaliziato». Il primo amore: «Avevo 17 anni, si chiamava Laura e ne ero molto innamorato. Era bella e terribile, perché è stata anche la prima donna a tradirmi. I genitori sono morti quando si stava affacciando nel mondo del lavoro: «Mia mamma si è ammalata di leucemia mieloide... Quelli erano gli anni della mia gavetta a TeleLombardia, che mi portava a lavorare 14-15 ore al giorno per una misera retribuzione. Il mio rimpianto più grande è quello di non essere stato vicino a mia madre negli ultimi giori della sua vita. Poi dopo tre anni ho perso anche mio padre, ammalato di depressione dopo la morte della mamma» (a Alessandro Meluzzi). Ha conosciuto la moglie Sara nel 1998. Ha paura «di tutto ciò che non conosco»: «temo l’ignoranza, quella mia e quella degli altri; la precarietà dle futuro; la suerficiliatà di alcuni».