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 2008  novembre 02 Domenica calendario

ROMA – Prima il No alla Confindustria. Poi il No al contratto del pubblico impiego. Quindi l’abbraccio con il leader della Fiom Gianni Rinaldini che prepara lo sciopero delle tute blu

ROMA – Prima il No alla Confindustria. Poi il No al contratto del pubblico impiego. Quindi l’abbraccio con il leader della Fiom Gianni Rinaldini che prepara lo sciopero delle tute blu. Ma la campagna d’autunno di Guglielmo Epifani riserva altre sorprese. Come la clamorosa richiesta al governo di sospendere per due anni la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. E la proposta di distribuire sei miliardi con le tredicesime. Operazioni anche queste funzionali a «scalare il Partito democratico », progetto che gli attribuisce il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, l’uomo che finora ha invece detto sempre Sì? «Scalare il Pd? Fandonie. L’unica tessera che ho in tasca è quella della Cgil. Cerco di fare il mio, senza interferire. Sono sempre stato fra quelli che consigliano prudenza. Le scelte del sindacato sono certamente politiche, ma non siamo né vogliamo diventare un partito», replica il segretario della Cgil. «L’atteggiamento di Bonanni», aggiunge, «è quello di chi cerca di cambiare discorso». Perché mai dovrebbe farlo? «La stanno buttando in politica invece di mettersi a ragionare seriamente sulla crisi. Noi gli chiediamo di fare una piattaforma comune per aprire con il governo un tavolo sulla situazione pesante nella quale sta precipitando l’economia reale, e loro in realtà sfuggono». Non sarà perché finora la Cgil ha detto soprattutto no? «La verità è che non abbiamo mai avuto l’opportunità di discutere. Da quando è scoppiata la bufera finanziaria il governo ha incontrato tutti ma non ha mai voluto parlare con il sindacato». Veramente pare che Giulio Tremonti sia andato a cena con Bonanni e Luigi Angeletti. «Con le cene separate a lume di candela non si risolve nulla. Qui bisogna aprire un tavolo trasparente con il governo e presentare proposte precise. Io finora non ho sentito alcuna proposta da Cisl e Uil». Se è per questo nemmeno la Cgil ne ha tirate fuori. «Lo faremo il 5 novembre e chiederemo anche a Cisl e Uil di discuterle e condividerle. Se la crisi è eccezionale, servono misure eccezionali». Del tipo? «Nessuno si chiede che cosa succede ai lavoratori stranieri nel momento in cui perdono il lavoro. Sono quattro milioni, sono stati assunti per fare lavori che nessuno avrebbe fatto, e producono il 10% del reddito nazionale». Dovrebbero essere rispediti ai Paesi d’origine? «Proprio così. In base alle norme attuali perderebbero insieme al lavoro anche il titolo per restare in Italia. Siccome sono persone che hanno lavorato, e lavorato bene, non avrebbe alcun senso mandarle via per poi richiamarle quando l’economia dovesse riprendere. Né per loro né per il nostro Paese». Allora? «Allora la Cgil proporrà di sospendere l’efficacia della legge Bossi-Fini per due anni, allo scopo di consentire a queste persone di trovare una nuova occupazione». Quanti si troverebbero in questa condizione? «Sicuramente decine di migliaia». Nessuno di loro avrebbe altre forme di tutela? «Anche se le avessero non servirebbero a nulla. L’indennità di disoccupazione agricola, per esempio, non sarebbe sufficiente a garantire il mantenimento del permesso di soggiorno, per il quale è necessario dimostrare ogni anno di avere un certo reddito. Aggiungo che sono state innalzate le soglie di reddito per il ricongiungimento familiare, il che complica ancora di più le cose. L’unica tutela, per loro, sarebbe la sospensione della Bossi- Fini per un certo periodo». Perché due anni? «Se non due anni, quindici mesi o il tempo che si riterrà necessario. Come per le altre misure che proponiamo, tutte transitorie. Occorre trovare più risorse per la cassa integrazione per le piccole e medie imprese. Ci sono dei fondi, ma non bastano. Quindi bisogna individuare qualche ammortizzatore sociale per i precari». Anche loro perdono il lavoro? «Abbiamo calcolato che nel settore privato ne sono già saltati duecentomila. Senza uno straccio di sostegno al reddito. C’è poi la questione della cassa integrazione: se dura troppo si pone un problema di reddito anche per i cassintegrati». Dove prendiamo le risorse? «Perché non usare i denari che si spendono oggi per la detassazione degli straordinari? Se la crisi ha queste proporzioni, che senso ha detassare il lavoro straordinario e contemporaneamente, magari nella stessa azienda, mettere la gente in cassa integrazione e licenziare i precari?». Sicuro che i soldi si trovino? «Nel primo semestre di quest’anno il gettito dell’Irpef è aumentato di 8 miliardi e mezzo. Siccome il 70% di questa imposta è pagato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, significa che a parità di salario pagano più tasse, come avevamo già denunciato. Allora noi proponiamo di restituire a lavoratori e pensionati tutto questo 70% a dicembre, ridistribuendolo sulle tredicesime». Un bel regalo di Natale. Si rende conto che sono quasi sei miliardi? «Con questa operazione si ottiene un doppio risultato: aiutare le famiglie nel periodo più difficile e dare una iniezione di fiducia». Venerdì scorso lei ha benedetto lo sciopero generale dei metalmeccanici della Fiom. Potrà diventare lo sciopero generale di tutta la Cgil? «Le iniziative che prenderà la Cgil, anche un eventuale sciopero, avranno come obiettivo le mancate risposte alla crisi economica e sociale». Ma quello delle risposte alla crisi non sembra un tema molto popolare neppure a sinistra. Le risultano proposte del Partito democratico? «Finora per tutti il tema è stato quello dell’emergenza. Ci sono frammenti di proposte. Il Pd ha chiesto di detassare le tredicesime. Ma certamente manca un disegno organico». Che l’opposizione sia in difficoltà non è un fatto nuovo. «Il risultato elettorale è stato molto pesante e non è facile riprendersi dopo una sconfitta simile, anche se la manifestazione del 25 ottobre è stata un successo. Ma bisogna anche considerare che c’è una difficoltà oggettiva a mandare avanti le proposte politiche». E sarebbe? «Come per il sindacato non ci sono tavoli di confronto, così il Parlamento non è più terreno di discussione. Alla maggioranza non interessa. Il governo va avanti a colpi di decreti legge». Non c’entra nulla la presunta debolezza della leadership del Pd? «Credo che Veltroni stia facendo bene, in condizioni difficili, con un partito complesso che deve ancora radicarsi, e dove esistono tante culture che debbono omogeneizzarsi. Ma le ricordo che sono il segretario della Cgil...». Sergio Rizzo