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 2008  novembre 06 Giovedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 3 NOVEMBRE 2008

(Parte II - JOHN MCCAIN) «I democratici stanno piangendo sui risultati, temono di non riuscire più a guardare il loro Paese con gli stessi occhi. Persino molti repubblicani sono rimasti sopraffatti dalla notizia della vittoria di McCain. Si aspettavano di vederlo perdere, e ora sono consapevoli che il partito repubblicano ha subito un’amara transizione dal partito di Lincoln a quello del cinismo» (dalla fantacronaca scritta da John Alter per Newsweek). [24]

John Sidney McCain III nacque il 29 agosto 1936 su una nave ospedale che stava attraversando il Canale di Panama. Famiglia di militari, il padre e il nonno furono ammiragli a quattro stelle, il massimo grado possibile nella Marina americana. John seguì la tradizione frequentando l’Accademia Navale, dove ottenne i gradi di ufficiale ma arrivò tra gli ultimi della sua classe per motivi disciplinari. [25] Michele Farina: «Lo chiamavano John McNasty, John il cattivo, o anche John Wayne McCain, perché voleva fare a pugni con tutti. A 25 anni, pecora grigia in una famiglia con molte medaglie era un mediocre cadetto dell’Accademia Navale: soprannominato White Tornado per i capelli precocemente bianchi, guidava (male) gli aerei da caccia: ne perse uno nel Golfo del Messico, con un altro, durante un’esercitazione in Spagna, tranciò i fili dell’alta tensione rischiando una strage». [26]

Nonostante suo padre fosse il comandante della flotta del Pacifico, o forse proprio per questo, Mc Cain finì a combattere in Vietnam come pilota di aerei. [25] Farina: «Durante la 23esima missione, il suo A-4 fu abbattuto sopra Hanoi. Si salvò con il paracadute: una gamba rotta, una spalla ridotta in pezzi dal calcio di un fucile vietnamita. Da quel 26 ottobre 1967, per sei anni, McCain soggiornò all’’Hilton di Hanoi”, in una cella di tre metri per due. Per i vietnamiti era il ”principe”, il figlio dell’Ammiraglio: nel 1968, per propaganda, gli proposero la libertà. Rifiutò perché 100 commilitoni, catturati prima di lui, avevano più diritto di tornare. Dopo, fu ancora più dura: gli ruppero i denti, gli legarono per settimane le braccia dietro le spalle, una guardia lo bloccò mentre stava per impiccarsi, quasi morì di dissenteria». [26]

McCain tornò a casa nel 1973. Prime nozze nel 1965 con Carol, sfigurata da un incidente d’auto nel 1969 (fu sottoposta a ventitre interventi chirurgici), divorziarono nel 1979, sei mesi prima del secondo matrimonio con la bionda Cindy Hensley, figlia di un distributore di birra dell’Arizona incontrata ad un ricevimento alle Hawaii. Mc Cain ha sette figli: Sidney (da Carol), Doug e Andy (figli di Carol da lui adottati), Meghan, Jack, Jimmy (da Cindy), Bridget (adottata in Bangladesh durante le seconde nozze). [27]

Nel 1982 McCain fu eletto deputato dell’Arizona. [25] Alberto Simoni: «Episcopale, McCain ”è l’erede di Barry Goldwater”, il visionario senatore che nel 1964 contese la presidenza a Johnson. Nel 1986 McCain prese il suo seggio. Ambizioso e reaganiano, ma con tanti distinguo. Parlava già con Ted Kennedy, il mastino liberal. ”Perché lavoro con lui ? Perché voglio fare cose per questo Paese”, rispose a un giornalista che gli porgeva i dubbi della base repubblicana. Nel 1988 il New York Times gli dedicò un articolo gonfio di elogi. ”La stella nascente”, lo definì. Il senatore dell’Arizona cominciava a brillare di luce propria. Aveva appena conquistato il podio della Convention repubblicana del 1988 dove tenne un discorso di altissimo livello. Nacque lì il John McCain ”maverick”, l’individualista». [28]

Nel 1997 McCain decise di prendere parte alla corsa per le presidenziali del 2000. Si presentò da candidato anti-establishment, puntando sul ”Nuovo patriottismo”, uno slogan di Theodore Roosevelt, e sulla riforma del finanziamento delle campagne elettorali («troppi soldi che muovevano interessi legati al business e favorivano la corruzione»). Simoni: «Nel New Hampshire il ”maverick” travolse l’apparato, alias Bush junior. E da quella debacle partì la vendetta delle truppe di Rove. Così in Sud Carolina gli evangelici gli vomitarono addosso di tutto. Spuntò un figlio nero illegittimo. Una falsità che però uccise le speranze di John McCain. Il suo ”Straigh Talk Bus” (più o meno il bus del parlar chiaro) rimase senza benzina. E anche il ”polite” John s’incattivì. Scelse le armi di Rove, insulti e trucchetti, per restare a galla. E l’incanto, la relazione virtuosa con il suo pubblico che di lui amava coerenza, stile e pragmatismo, si guastò. John McCain si era trasformato in un animale politico washingtoniano». [28]

Nel 2004 il candidato Democratico John Kerry gli propose di unirsi a lui come vicepresidente in un ticket contro Bush, ma McCain preferì rimanere leale al suo partito. [29] Il primo passo della seconda campagna presidenziale fu compiuto l’11 novembre 2006, quando attraverso la tv Abc fece trapelare la decisione di lanciare la settimana successiva il «comitato esploratore presidenziale». [30] Il primo marzo 2007 annunciò la sua candidatura durante una puntata del popolarissimo talk show notturno di David Letterman. In quel momento un sondaggio Abc News-Washington Post vedeva in testa alla corsa Repubblicana l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani col 44% dei consensi, McCain veniva dato al 21%. [31] Paolo Mastrolilli: «Quando decidi di annunciare la tua candidatura alla Casa Bianca durante il talk show comico più irriverente degli Stati Uniti, due sono i casi: o sei il politico più originale del Paese, oppure sei in crisi nera. Per John McCain valgono entrambe le ipotesi». [32]

Nell’estate 2007 la candidatura di McCain sembrò svanire. Con pochi fondi, incapace di accendere l’entusiasmo del partito, i soloni politici lo davano avviato a un prematuro abbandono. [33] Lazzaro della campagna elettorale (’Risorto”, titolò il Time), si presentò invece in testa ai sondaggi per le primarie del New Hampshire (8 gennaio 2008). Vittorio Zucconi: «Sta davanti al ”robot” Mitt Romney, l’arancia meccanica che riesce a sembrare anche meno spontaneo e sincero di Hillary Clinton. Ed è nettamente favorito anche rispetto al messia venuto dallo Iowa, Mike Huckabee. McCain si è confermato ancora una volta il ”candidato rifugio”, il venerabile panchinaro al quale gli elettori della destra si rivolgono quando i titolari inciampano». [34]

In New Hampshire McCain si impose col 37% dei voti contro il 31 di Romney e l’11 di Huckabee. [35] Deluso dal secondo posto in Michigan, in vista del decisivo test in Sud Carolina dovette nuovamente difendersi dalle calunnie, accusato da un volantino diffuso per posta e per internet di aver tradito i suoi compagni di prigionia ad Hanoi in cambio di un miglior trattamento. Memore della lezione appresa nel 2000, stavolta cambiò strategia. Paolo Valentino: «Ha creato una ”truth squad”, una squadra della verità, che ha il compito di intercettare o anticipare ogni trucco sporco e reagire a tono. ”Spazzatura”, ha detto un portavoce del senatore, che ha mobilitato un vecchio compagno d’armi, Orson Swindle, per ristabilire la verità. ” un miscuglio di mezze verità e disinformazione – ha detto Swindle, ex colonnello dei Marine, in una conference call con un gruppo di giornalisti ”, messo insieme con l’unico scopo di distruggere John nell’elezione: io c’ero e nulla può essere più lontano dalla verità». [36]

Il 24 gennaio arrivò l’endorsement di Sylvester Stallone. «La realtà è un duro film d’azione, e c’è bisogno di qualcuno che ci sappia fare». In contemporanea giunse quello dell’ex generale Schwarzkopf, il vincitore della prima Guerra del Golfo. «Con Rambo e Schwarzkopf, chi può fermarmi?», scherzò McCain che a fine gennaio, con la conquista della Florida, divenne il favorito alla nomination [37]. Maurizio Molinari: «In New Hampshire McCain ha vinto grazie agli indipendenti che apprezzano il suo rigore fiscale, in South Carolina grazie alle famiglie militari ed ai veterani che si rispecchiano nella sua determinazione a vincere in Iraq e sconfiggere Al Qaeda, in Florida grazie agli ispanici convinti che della sua ricetta per la legalizzazione dei clandestini. Assomiglia alla genesi di una nuova coalizione conservatrice che McCain tratteggia nella notte della vittoria all’Hilton del Miami Airport riassumendo così il proprio dna: ”Sono stato un soldato semplice della rivoluzione di Ronald Reagan, non cedo sui principi in cui credo, posso battere qualsiasi candidato democratico”». [38]

«John McCain è un crociato per la difesa dell’ambiente e dell’economia, sarà sostenuto da liberal e conservatori», annunciò il 31 gennaio il governatore della California Arnold Schwarzenegger, al suo fianco Giuliani, nel frattempo ritiratosi dalla corsa alla nomination. [39] Dopo la vittoria nel voto del Super Martedì (5 febbraio), la battaglia all’interno del partito era ormai quasi risolta. Alberto Flores D’Arcais: «Il difficile per John McCain inizia adesso. Con una ”nomination” ormai a portata di mano, il senatore dell’Arizona deve trovare il modo di unire il ”Grand Old Party”, un partito diviso come non succedeva da trent’anni». Spiegò McCain davanti a centinaia di sostenitori in festa nella ballroom del Biltmore Hotel di Phoenix: «Sono un repubblicano perché come voi sono contro un governo federale che spende troppi soldi; sono un repubblicano perché come voi penso che il governo debba difendere la sicurezza della nostra nazione; sono un repubblicano perché come voi credo che il governo debba rispettare i nostri valori; sono un repubblicano perché credo che il governo non debba tassarci più del necessario; sono un repubblicano perché voglio che i giudici capiscano che il loro compito è rafforzare le nostre leggi, non farle». [40]

Alla fine di febbraio uno scoop del New York Times sembrò mettere in dubbio la nomination. Valentino: «Cherchez la femme, si conferma regola d’oro della politica americana, quando si tratta di far le pulci a un candidato presidenziale. nei guai l’eroe senza macchia, l’uomo che ha già in tasca la nomination repubblicana alla Casa Bianca. Per troppo tempo, alla fine degli Anni Novanta, John McCain ha avuto uno stretto rapporto professionale e forse anche sentimentale con Vicki Iseman, una bella lobbista al servizio di aziende di telecomunicazioni, che avevano finanziato copiosamente le sue campagne elettorali e in favore delle quali il senatore intervenne a più riprese come presidente della Commissione per il commercio. L’accusa è particolarmente grave per McCain, che ha fatto della personale rettitudine e della totale indipendenza dalle lobbies, il tema dominante della sua candidatura alla presidenza». Dopo essersi lamentato per l’ennesima «campagna di fango», McCain definì la Iseman «un’amica, che ho visto in diverse occasioni». [41]

Ad agosto McCain incappò in una gaffe. Interrogato da un sito internet su quante case possedesse, rispose: «Penso... devo consultarmi con i miei collaboratori. Sono appartamenti in condominio, ve lo diranno loro». Valentino: «Il numero esatto è 8, per un valore immobiliare complessivo di circa 13 milioni di dollari, sparse tra Arizona, California e Virginia. Ma la gaffe di McCain rischia di rivelarsi uno di quegli infortuni che cambiano le sorti di un’intera corsa presidenziale. La riprova è la velocità con cui la campagna di Barack Obama è saltata sulla cosa attaccando l’avversario, non per contestargli la sua ricchezza, ma per smontare uno dei cardini della sua narrativa: quello di essere molto più in sintonia del democratico con le ansie e le preoccupazioni che affannano milioni di americani». [42]

A inizio settembre, l’ufficializzazione della nomination Repubblicana (a St. Paul, Minnesota) fu in parte oscurata dalla nomina a candidata vicepresidente di Srah Palin. Vittorio Zucconi: «Il suo discorso dignitosamente scontato, con tutte le previste e trite formule sulla ”sicurezza”, la ”guerra al terrore” che lui s’immagina vinta in Iraq, le tasse, l’esperienza, la bandiera e l’inadeguatezza dell’avversario, risuonava nella caverna della Convention soltanto perché ancora l’aria ribolliva di passione dopo la notte degli estrogeni, dopo l’arringa della piccola donna con la gonna attillata, i tacchi a spillo e l’acconciatura stile famiglia Simpson. Perché tutti, i ”pundits” dei media, gli avversari, gli amici, gli Obamiani sotto choc, e anche questi repubblicani che si davano per battuti, hanno capito che la vera scelta per il prossimo presidente è diventata tra lei, la signora bianca venuta dal nulla e l’uomo nero, fra il ”Palin Power” e l’’Obama Dream”, con John McCain nella parte dello sponsor». [43]