Rossana Lacala, Novella 2000, 6/11/2008, pp. 8-13, 6 novembre 2008
FABRIZIO CORONA
«Lavoro anche 18, 20 ore al giorno, non mi fermo mai. Al mattino mi sveglio alle 7,30 e vado in palestra tutti i giorni, anche sabato e domenica, in palestra per 20 minuti. Poi via. Ho cambiato vita. Le fotografie sono solo il 10 per cento del mio business. Ora organizzo eventi, seguo uffici stampa, curo pianificazione pubblicitaria. […] Ho anche comprato un negozio di sartoria e un panificio, ma ancora non sono aperti. E poi ci sono le serate in discoteca. […] Per vivere ho bisogno di poco, diecimila euro al mese. Non spendo molto, sono per l’auto, per i vestiti. Mi piace il look mafioso stile Padrino: gessati, capelli impomatati,… Lo proporrò alla mia sartoria. Ma i soldi non sono la cosa più importante. Quel che conta è il successo, essere il numero 1. In qualunque ambito per essere un numero uno devi essere cinico. Tutti quelli che sono arrivati hanno scheletri nell’armadio».
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«Nina è una donna seria, straordinaria. L’amerò sempre. […] Certo litighiamo in modo furibondo, i rancori di Nina sono duri, le ho rovinato la vita: non sono mai a casa, poi la galera, lei messa in mezzo, nessuno la fa più lavorare. […] Tra noi ci sono giorni bui e giorni belli. […] So che l’ultimo miglio per la nostra felicità sarebbe la mia presenza continua nella vita sua e di nostro figlio Carlos. Ma ora questo non posso ancora offrirglielo, devo lavorare. […] Devo dimostrarmi innocente. E far soldi. Voglio una vita normale, portare via Nina, lontano».