Gabriella Jacomella, Corriere della Sera 31/10/2008, 31 ottobre 2008
MILANO
«La lingua è il miglior veicolo d’integrazione », Brice Hortefeux ne è convinto. Ed è partendo da questa certezza che il titolare del dicastero francese dell’immigrazione, tra i politici più vicini a Sarkozy, ha introdotto un nuovo vincolo per i ricongiungimenti familiari: chi vorrà candidarsi ad entrare in Francia seguendo questa via, dovrà dimostrare la propria conoscenza della nuova lingua e della cultura generale del Paese di destinazione. E dovrà farlo prima ancora di mettervi piede.
Il decreto, di cui è prevista l’entrata in vigore il prossimo 1˚ dicembre, è stato anticipato ieri da Le Figaro, sulla sua edizione
online; la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dovrebbe avvenire «entro il fine settimana ». In sintesi, ogni richiesta implicherà un esame culturale e linguistico, da svolgersi nel luogo di provenienza. I quesiti, puntualizza il quotidiano conservatore, saranno «semplici»; ad esempio, «in Francia è possibile che una donna lavori senza l’autorizzazione del marito?». Una domanda che riecheggia, da lontano, le polemiche sollevate nel 2006 dal «test per islamici » introdotto in Germania, nel Baden-Württemberg: gli aspiranti cittadini venivano invitati a esprimersi sui matrimoni combinati, o sull’11 settembre.
Il meccanismo francese prevede, soprattutto, un corso di formazione obbligatorio. Ma «l’importante non sarà il livello raggiunto, bensì l’assiduità»; i «semplici somari» non saranno «puniti». Sarà esonerato chi già «padroneggia le basi» della lingua, chi ha studiato in un istituto francofono o sul territorio francese, gli over 65 e i minori di 16 anni. Tutti gli altri, in classe, per un periodo variabile a seconda del livello, fino a un massimo di 2 mesi.
La mossa è piaciuta a Maurizio Gasparri (Pdl), che la definisce «una decisione saggia e un esempio per il nostro Paese»; per Federico Bricolo (Lega Nord) «si sta sviluppando una tendenza europea per una diversa regolamentazione dell’immigrazione ». E in effetti, in Francia nei primi 9 mesi del 2008 sono stati espulsi più stranieri irregolari che in tutto il 2007. Con i clandestini, la linea è durissima. A Parigi, un’ecuadoregna irregolare è stata denunciata da un impiegato comunale: aveva iscritto a scuola il figlio di 8 anni. In Francia, l’istruzione è un diritto, e il permesso di soggiorno non ne è un prerequisito. Il sindaco Bertrand Delanoë si è detto «indignato». Intanto, il decreto di Hortefeux procede verso l’attuazione. Anche se, scrive Le Figaro, «la logistica resta complessa, i mezzi limitati ». I corsi saranno affidati all’Agenzia per l’accoglienza degli stranieri (Anaem), in collaborazione con consolati ed enti locali; «Ma questi corsi non esisteranno nei Paesi in guerra, né in caso di catastrofi naturali...». Come la Somalia, il Sudan, lo Sri Lanka post tsunami. E l’elenco potrebbe continuare.
Gabriela Jacomella