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 2008  ottobre 31 Venerdì calendario

AMEDEO LA MATTINA

ROMA
«La legge elettorale per le Europee non è proprio morta, ma è in coma», spiega La Russa con un pizzico di ottimismo. La verità è che la proposta della maggioranza di alzare lo sbarramento al 5% ed eliminare le preferenze è uscita di scena. Come era prevedibile a causa delle divisioni interne al Pdl e al muro alzato dall’opposizione. Il de profundis è stato certificato da un incontro tra Berlusconi e Fini, al termine del quale il premier ha detto che la proposta di legge torna in commissione dove verrà verificata la possibilità di un’intesa: «Altrimenti andremo a votare con questa legge che a noi va benissimo». A chi non dovrebbe andare benissimo, secondo il Cavaliere, è a Veltroni, che avrebbe tutto l’interesse a evitare il risorgere di partiti e partitini che gli succhiano voti. Per dirla in maniera forte con il capogruppo Pdl Gasparri, il segretario del Pd sarà inseguito da «un’orda di cani rabbiosi, bisognosi di qualche stipendio europeo: Rifondazione, Verdi e Pdci faranno concorrenza al Pd». Ma Veltroni non si è lasciato intimorire: «Se la legge resta quella attuale non c’è alcun problema. E’ Fi che teme An nelle battaglie per le preferenze».
Comunque i tempi tecnici per una riforma non ci sono. Il ministro Calderoli fa due conti: la legge dovrebbe essere approvata sei mesi prima del voto europeo del 10 giugno, quindi entro il 10 dicembre. Ma adesso deve tornare in commissione, lì si dovrà trovare un eventuale accordo per poi ritornare nell’aula della Camera (ma non si sa quando), dove intanto bisogna approvare altri provvedimenti. Una volta approvata a Montecitorio la nuova legge dovrebbe passare al Senato. «A noi della Lega - spiega Calderoli - non ce ne frega niente, ma la vedo molto dura: ho trovato molti sordi da entrambi le parti. Se si va al voto con la legge attuale a rischiare non è solo il Pd. Anche Di Pietro se lo scorda di prendersi i voti della Sinistra Arcobaleno».
Ieri, all’incontro a pranzo con Fini, Berlusconi è stato molto categorico. «Adesso spetta a Veltroni fare una proposta. Se insiste con lo sbarramento al 3% e le preferenze per aiutare l’infido Di Pietro e tenere in vita Casini, allora dovrà donare sangue a coloro con i quali aveva detto che non si sarebbe mai più alleato. Bella coerenza!». Fini ha chiesto al premier di fare un ulteriore tentativo di accordo in commissione. E lo ha rassicurato sul fatto che la sua intenzione di concedere il voto a scrutinio segreto non aveva un significato recondito: è il regolamento della Camera che glielo impone. «Ma rischiamo se andiamo al voto segreto?», ha chiesto Berlusconi a Fini. La terza carica dello Stato non ha potuto dare garanzie, non essendo riuscito a convincere i «ribelli» di An a fare retromarcia. Fini ha poi spiegato che non poteva rimanere sordo al monito di Napolitano al dialogo e alle larghe convergenze su questioni come le regole del gioco. Secondo il presidente della Camera sarebbe necessario un «clima generale più disteso: non si può andare avanti così. Anche sulla Vigilanza Rai è necessario superare lo stallo». «Con chi mi insulta e sparge menzogne nelle piazze non posso dialogare», è stata la risposta del premier.
A cantare vittoria nell’opposizione sono tutti. Casini sostiene che il ritorno della legge in commissione è cosa saggia. Il vicecapogruppo dell’Udc Vietti afferma che si tratta del risultato della «battaglia» dei centristi. Rutelli parla della «prima buona notizia nel confronto istituzionale» grazie a Fini. D’Alema addirittura apprezza «le parole di Berlusconi: ora si tratta di tradurle in atti concreti». In ogni caso la mossa del Cavaliere non fa paura al Pd. Ma Veltroni, all’assemblea degli autoconvocati a favore delle preferenze, ha tenuto a precisare di non avere mai concordato con Berlusconi uno sbarramento al 5% e l’eliminazione delle preferenze: «Berlusconi lo sa benissimo e per fortuna che a quell’incontro c’era una terza persona che può fare da garante». Cioè Gianni Letta.