riassunto da "Internazionale", n.767 24-30 ottobre 2008 (a sua volta ripreso da Le potentiel), 30 ottobre 2008
Verso la terza guerra africana. A distanza di otto anni dall’accordo di pace di Lusaka del 2000 e a dieci dalla seconda guerra africana, sembrano ripetersi le condizioni che portarono al conflitto nella regione dei Grandi Laghi
Verso la terza guerra africana. A distanza di otto anni dall’accordo di pace di Lusaka del 2000 e a dieci dalla seconda guerra africana, sembrano ripetersi le condizioni che portarono al conflitto nella regione dei Grandi Laghi. Da Kinshasa il governo congolese accusa il Ruanda di sostenere la guerriglia del Congresso Nazionale per la difesa del popolo guidata dal generale Laurent Nkunda. Kigali, capitale del Ruanda, respinge l’accusa e ribatte sostenendo che la Repubblica Democratica del Congo arma i ribelli ruandesi, le Forze democratiche di liberazione del Ruanda, a cui si sono uniti gli interahamwe, gli estremisti hutu del genocidio ruandese. Nell’Ituri, la regione nordorientale del Congo, confinante con Uganda e Ruanda, le milizie locali e le milizie ugandesi dell’Esercito di liberazione del Signore diffondono il terrore incontrando una debole resistenza da parte dell’esercito congolese. Nelle cancellerie europee ed africane si dice da tempo che vi siano tutte le condizioni per lo scoppio di una terza guerra africana. L’Onu e l’Unione Africana, con il solito ritornello,condannano le ostilità e invitano tutte le parti al cessate il fuoco. La situazione è però nota a tutti: la Repubblica Democratica del Congo è vittima di un complotto che punta alla sua balcanizzazione. L’obiettivo è creare dei mini-stati per controllare e saccheggiare le sue ricchezze naturali. La comunità internazionale si è rifiutata di intervenire con il pretesto della presenza degli interahamwe. Eppure, già l’accordo di Lusaka, le deliberazioni dell’ultima Conferenza internazionale sui Grandi Laghi, gli accordi di Washington e Nairobi impegnavano le forze Onu a intervenire per il rimpatrio forzato degli interahamwe e in operazioni di peace-keeping. E’ ora responsabilità dell’Onu e dell’Unione Africana affermare una forte volontà politica: esse devono in particolare neutralizzare il Fdlr e non sostenere nessun movimento ribelle straniero che attenti all’integrità della Repubblica congolese. Per parte sua, il nuovo governo di Adolphe Muzito, nominato il 10 ottobre, è chiamato ad allontanare e a punire tutti quelli che cercano di fare di questa guerra un affare per arricchirsi, tradendo il senso del voto dei congolesi e la speranza che questi hanno riposto nelle istituzioni. Inoltre, il governo dovrebbe impegnarsi a dialogare con Ruanda e Uganda per arrivare a un accordo politico che rispetti le linee del diritto internazionele e della coesistenza pacifica. Come hanno detto i vescovi cattolici nella loro ultima dichiarazione, il 13 ottobre: ”Tutte le potenze, le multinazionali, i Grandi Laghi: tutti beneficerebbero di un Congo in pace”.