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 2008  ottobre 30 Giovedì calendario

La prima impressione? Un uomo sulla cinquantina, negli anni migliori della sua vita. vestito rigorosamente di nero, nessuna piccola particolarità oggi: nessun inserto lilla nella fodera interna delle maniche dell’abito talare e nemmeno scarpe particolari

La prima impressione? Un uomo sulla cinquantina, negli anni migliori della sua vita. vestito rigorosamente di nero, nessuna piccola particolarità oggi: nessun inserto lilla nella fodera interna delle maniche dell’abito talare e nemmeno scarpe particolari. Ma dunque: Georg Gänswein è davvero così affascinante come nelle foto? A volte ci si stupisce dei miracoli dell’arte "imbalsamatrice" mediatica quando si incontrano in carne ed ossa alcuni eroi della cultura pop. Ma in questo caso no. Sì, certo, è un bell’uomo, forse un po’ meno "hollywoodiano" rispetto alle fotografie troppo perfette, ma proprio per questo più umano. La seconda impressione? Diretto. Nessuna traccia della freddezza marmorea vaticana, della forbitezza della diplomazia, della prudenza, dell’intrigo. Il comportamento, le maniere di quell’uomo che è appena entrato sono esattamente il contrario: passo energico, stretta di mano vigorosa e una dialettica che non ha niente di circospetto. Potrebbe essere un pilota, il capo di un’azienda esportatrice della Foresta Nera, sua terra d’origine, o perfino un ingegnere meccanico specializzato, come ce ne sono tanti in quella zona. IL ROSSO E IL NERO... Il Vaticano è una macchina altamente specializzata, una centrale dell’unica autentica Chiesa mondiale e, al tempo stesso, un prodigio della diplomazia globale. A volte però può essere definita anche una "fossa dei serpenti", intrisa di invidia, ambizione, intrighi. Tutto questo deve averlo vissuto anche Gänswein, la star mondiale venuta dal nulla, fino a poco tempo fa uno sconosciuto a Roma. Il suo nome non rientrava certo negli elenchi vaticani dei "carrieristi". Gänswein non ricorre ad assurde banalità di corte, nemmeno per entrare in confidenza. Alla domanda che gli è stata posta, parla della malattia di suo padre ultraottantenne («Era un leone!») e di cosa può fare per lui. A questo punto vuole sapere quale sarà il vero argomento del colloquio: bene, si parlerà di stile e forme e del nesso con la Chiesa e la Fede... e poi dell’improvvisa attrattiva del Papa e del suo segretario privato. Sul suo volto appare un’espressione divertita. Quando l’onda si è abbattuta su di lui, quando si è lasciato piovere addosso commenti come "il Sonny Boy in sottana" o "il George Clooney del Vaticano", qual è stata la sua prima reazione? Ed ecco un grande sorriso. «Non sapevo nemmeno chi fosse George Clooney. Sì, forse avevo già sentito il suo nome qualche volta. Sono rimasto letteralmente stupito: non avevo nessuna esperienza su come trattare questioni di questo genere». E adesso? «Ah, ormai il colpo è partito e prima o poi si smorzerà. Mantengo la calma e sto a guardare. Donatella Versace ha messo altra carne al fuoco e questo mi ha stupito». La Signora Versace ha dichiarato di aver tratto ispirazione dal bel Don Giorgio per una collezione di moda maschile. «Lo può fare? Non ho mai avuto contatti con lei, né prima né dopo». Papa Benedetto XVI La moda va e viene. Può essere che in tutta questa storia si nasconda un fondo di serietà, una nostalgia per la bellezza nel mondo come nella Chiesa? Dopotutto, è proprio il suo Papa che desidera riportare alla luce la bellezza dell’antica liturgia. Durante l’udienza generale tenutasi a Roma la mattina del nostro incontro, davanti a diecimila pellegrini, Benedetto XVI ha definito la liturgia «uno dei modi per incontrare Dio», elevandola allo stesso livello delle Sacre Scritture e della preghiera. VIVA LA FANTA, ABBASSO IL VINO... Questa visione lo differenzia dal suo predecessore Giovanni Paolo II, con il quale ha comunque molto in comune. Il Papa polacco faceva brillare il proprio carisma, mentre era piuttosto indifferente alle questioni liturgiche. Talvolta, in occasioni di eventi di massa dal sapore telegenico faceva la sua comparsa in una veste chiassosa, dal carattere più hollywoodiano che papale. E ora è proprio il bavarese sul seggio papale a dimostrare una sensibilità per i cappelli, i pastorali e gli abiti che quasi nessuno avrebbe attribuito al cardinale Ratzinger così riservato e distante dalla società romana. In molti lo hanno visto affrettarsi con tanto di basco e valigetta alla Congregazione della Fede e alcuni affermano di averlo intravisto perfino con un sacchetto di plastica. Dal giorno della sua elezione a Pontefice, si è tramandato il commento romanesco stringato e spietato di un aristocratico dell’antica nobiltà: «Beve Fanta!» Ebbene, beve Fanta: disprezza il nostro vino, il nostro modo di vivere raffinato... bisogna aggiungere altro? In effetti, al Santo Padre piace quella bevanda e non va proprio matto per il vino. Come si spiega dunque la svolta all’eleganza: non solo scarpe rosse, ma anche cappelli stravaganti, eleganti giacche per il tempo libero e occhiali da sole? Gänswein lo deve sapere, dal momento che è lui a preparare i vestiti che il Santo Padre indossa sull’altare e in occasione di tutte le funzioni religiose, e a sistemarli accuratamente davanti alle telecamere di tutto il mondo; Gänswein e naturalmente monsignor Guido Marini, il nuovo cerimoniere del Papa. « una tradizione nata qualche decennio fa quella che vede il Papa indossare delle scarpe rosse», afferma Gänswein. «Papa Benedetto non ha voluto interromperla». Bene. Ma non si tratta solamente di scarpe e di un paio di vecchi cappelli rispolverati, come il saturno per l’estate e il camauro per l’inverno. Questi aspetti rientrano nella propria percezione dello stile e non hanno alcun significato liturgico, sebbene il rosso delle scarpe sia un lontano richiamo all’antica porpora imperiale: il colore dei sovrani. Ecco come un tempo si vedevano i papi. Anche questi sono dei segni e chi ritiene che le forme siano una sorta di gusci vuoti e senza parole è un analfabeta iconografico. Ma rimangono mere questioni di stile. ANNI DA STUDENTE... Ma com’era in realtà Georg Gänswein da giovane? La sua vita procedeva seguendo il percorso che l’ha portato dov’è oggi, oppure ci sono state delle rotture? «Quando ero studente di teologia a Friburgo, ho avuto la fortuna di avere un amico che aveva vent’anni più di me. Gli devo davvero molto». Cioè? «Non stavo inseguendo dei fuochi fatui». Perché l’amico più vecchio li conosceva bene anche lui? «Evidentemente. C’erano alcuni studenti più vecchi che erano passati dal lavoro allo studio perché "allergici" alle fatiche fisiche». Dunque un percorso senza rotture? «Non volevo diventare un prete secolare; volevo entrare in un ordine religioso severo. Mi sentivo attratto dai Certosini». I certosini: l’ordine più severo in assoluto! Un contrasto più grande tra la sua immagine mediatica e il suo animo profondo non è proprio immaginabile. «Una volta mi sono confessato in un monastero certosino da un vecchio monaco. Gli ho chiesto: "Padre, cosa devo fare?" E lui mi rispose: "Prima di tutto porta a termine i tuoi studi. Poi, se avrai ancora domande, torna qui". Successivamente, per un po’ di tempo volevo diventare un monaco benedettino. Poi sono diventato quello che non avrei mai voluto essere e che ora sono: prete secolare». Uno che vive nel mondo e non dietro alle mura di un monastero. Ma c’è anche un altro progetto incompiuto della sua giovinezza: «In realtà volevo studiare anche storia e storia dell’arte». Questa passione non sembra svanita: anzi, si risveglia facendo un giro del palazzo papale con una guida d’eccezione. E infine ecco la grande sala delle udienze. Georg Gänswein indica una porta alla fine della lunga parete. «Là dietro si trovano le stanze private del Santo Padre». E in risposta allo sguardo forse troppo interessato dell’ospite aggiunge: « una porta doppia». Sta lavorando adesso? «Sì, scrive. Qui a Castelgandolfo trova ogni tanto un po’ di tempo per il suo nuovo libro». QUATTRO PASSI CON BENEDETTO... Usciamo su un balcone: in lontananza si intravedono dei riflessi blu-argentei: il mare. «Laggiù», rivela Gänswein «passeggiamo all’ora di pranzo, mentre la sera andiamo in un’altra parte del parco». "Passeggiamo": lui e Benedetto XVI. Mai prima d’ora un Segretario privato del Papa era stato tanto al centro dell’interesse come Gänswein. Qualcuno in Vaticano è infastidito ma colpa non è di Don Giorgio: le telecamere sono molto affamate, proprio come i nostri occhi. Giovanni Paolo II vi si offriva spontaneamente, era capace di dominarle. Il "superiore" di Georg Gänswein ha un’altra indole: dunque ben si addice il fatto che il suo Segretario privato funga da parafulmine, capace di attirare su di sé i riflettori, mentre lui si dedica alla riflessione, alla preghiera e alla scrittura. Proprio come in questa ora, lì dietro alla porta doppia. Wolfgang Buescher