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 2008  ottobre 30 Giovedì calendario

In Congo l’esercito del generale ribelle Laurent Nkunda ha sconfitto le truppe del presidente Joseph Kabila e ora minaccia Goma, la capitale del Nord Kivu

In Congo l’esercito del generale ribelle Laurent Nkunda ha sconfitto le truppe del presidente Joseph Kabila e ora minaccia Goma, la capitale del Nord Kivu. Le truppe della Monuc (la missione dell’Onu, forte di 17 mila uomini) stanno a guardare impotenti la catastrofe umanitaria. La maledizione del Congo si chiama ricchezza. Il suo sottosuolo fa gola a troppa gente e il risultato è una guerra infinita che scoppia ciclicamente ogni due, tre, quattro anni. Anche stavolta l’est del Paese – dove le miniere di materie prime e metalli preziosi si sprecano – è a rischio genocidio. L’esercito del generale dissidente Laurent Nkunda ha sconfitto le truppe del presidente Joseph Kabila e ora minaccia Goma, la capitale del Nord Kivu. In mezzo le truppe della Monuc (la missione dell’Onu in Congo, forte di 17 mila uomini) che dovrebbero provvedere al mantenimento della pace e alla protezione dei civili. E invece stanno a guardare imbarazzate e impotenti. L’ultima guerra della Repubblica Democratica del Congo è scoppiata il 28 agosto in violazione dell’accordo di pace di gennaio. Quei patti prevedevano che Nkunda disarmasse i suoi banyamulenge (etnia di ceppo tutsi) del Cndp ( Congrès National pour la Défense du peuple) e li reintegrasse nell’esercito regolare, cosa che il generale si è rifiutato di fare, se prima non fossero state neutralizzate le bande di hutu che operano nella zona. In questi due mesi i suoi uomini, con l’evidente anche se smentito appoggio del Ruanda, hanno travolto i governativi, male addestrati e poco motivati, e provocato una massiccia ondata di profughi. Secondo l’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, negli ultimi giorni sono scappate da casa 45 mila persone, senza cibo, acqua pulita e rifugio. Si sono aggiunte ai 200 mila in fuga da agosto e ai 2 milioni che da una decina d’anni abitano nei precari campi di raccolta. L’unica organizzazione presente nella zona, Medici Senza Frontiere, manda messaggi drammatici. I soldati, regolari o no, ammazzano, saccheggiano, violentano. Ieri l’esercito ha evacuato Goma e i ribelli si sono accampati alle sue porte, dichiarando una tregua unilaterale: «Siamo terrorizzati », ha mormorato al telefono un residente contattato dal Corriere. I caschi blu dell’Onu sono in allerta nella loro caserma. Un paio di giorni fa il loro accampamento è stato preso a sassate dalla folla inferocita che sollecitava un aiuto. Lunedì il loro comandante, il generale spagnolo Vicente Diaz de Villegas, si è dimesso dall’incarico dopo meno di due mesi. Aveva chiesto più mezzi per fronteggiare l’emergenza. Che questa non sia una guerra etnica ma nasconde altri interessi, lo spiega al telefono dal Congo un comandante dei caschi blu che vuole restare anonimo: «Molti banyamulenge, anche generali, si sono integrati benissimo nell’esercito e molti civili collaborano positivamente con il governo. Nkunda aveva chiesto a tutti i tutsi di unirsi a lui, ma non tutti hanno risposto». Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito d’urgenza. Il segretario generale Ban Ki-moon ha parlato di una crisi umanitaria di dimensioni catastrofiche e si è detto «allarmato» per alcune informazioni su scambi di colpi alla frontiera tra Congo e Ruanda. La Francia, in qualità di presidente della Ue ha proposto, per bocca del ministro degli Esteri Bernard Kouchner, il rapido dispiegamento di una forza europea per difendere i civili: «Dobbiamo fare qualcosa perché la situazione è veramente disperata ». Massimo A. Alberizzi