Raffaello Masci, La Stampa 30/10/2008, 30 ottobre 2008
RAFFAELLO MASCI
ROMA
E adesso tocca all’università. Lo ha annunciato ieri lo stesso ministro Mariastella Gelmini, dopo aver commentato il varo definitivo del contestato decreto sulla scuola: «Entro una settimana - ha detto - presenterò il piano». Ed è probabile che, come sta avvenendo per la scuola, anche questo provvedimento possa suscitare polemiche infinite e proteste.
Si sa, per esempio, che verrebbe - per intanto - bloccato il megaconcorso già in atto che sistemerebbe baroni e baronetti ma metterebbe per anni un tappo sul turn over, a tutto danno dei giovani. Si dovrebbe mettere fine anche alla parentopoli infinita che alligna nei nostri atenei, ai corsi di laurea pletorici frequentati da quattro gatti, alla finanza allegra che governa i bilanci di molti atenei, alla rete delle sedi universitarie piccole, costose e disseminate sotto ogni campanile.
Tutte queste norme (più altre, ovviamente) saranno contenute in un disegno di legge sul cui testo sta ancora lavorando l’ufficio legislativo di viale Trastevere, ma il cui criterio ispiratore - dicono fonti parlamentari - resta quello che la Gelmini si diede anche per la scuola a suo tempo: «La scuola - disse parlando la prima volta alla Commissione Istruzione della Camera - ha bisogno di cambiamenti, non di riforme». E anche nel caso dell’università, quindi, non si tratterà di una riforma palingenetica, ma di aggiustamenti che dovrebbero sanare alcuni problemi, cui la Gelmini stessa aveva fatto riferimento già il 24 ottobre scorso, parlando a palazzo Chigi, quando disse che avevamo troppe università, troppi corsi di laurea, troppe materie con il risultato finale di avere meno laureati del Cile. A questo ddl il ministro sta lavorando da prima dell’estate, praticamente da quando si è insediata, e il metodo a cui si è affidata non è quello tradizionale della «Commissione» di esperti, ma quello più agile del «Gruppo di lavoro» a cui hanno partecipato, con i tecnici del ministero e con alcuni parlamentari notoriamente esperti del ramo, anche studiosi, giornalisti, intellettuali.
A questo provvedimento potrebbero seguirne anche altri in materia di ricerca. L’obiettivo, caldeggiato da molti all’interno del Pdl, sarebbe quello di arrivare all’abolizione del valore legale del titolo di studio per favorire una concorrenza tra le università, tutta fondata sulla qualità e sul merito.
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