Davide Frattini, Corriere della Sera 29/10/2008, 29 ottobre 2008
GERUSALEMME
Da pensionato della politica ha mosso i suoi contatti in Europa, da ex sceriffo della Cisgiordania ha parlato con i generali israeliani. La seconda vita di Jibril Rajoub ha dato nuova linfa al campionato di calcio palestinese, paralizzato negli ultimi otto anni, dai posti di blocco militari e dalla violenza della seconda intifada.
Battuto alle elezioni, amareggiato dalla sconfitta del Fatah a Gaza, Abu Rami, nome di battaglia, ha aspettato per mesi una chiamata di Abu Mazen. Avrebbe dovuto (ri)diventare il capo dei servizi di sicurezza, ruolo che aveva avuto con Yasser Arafat, fino a una lite nel 2002. «Ho detto al presidente che avrei accettato – racconta al quotidiano francese Le Monde – solo se i responsabili del disastro di Gaza fossero stati giudicati e imprigionati. Non mi ha contattato ». Da maggio, ha usato il suo di telefono per riabilitare la Federazione calcio palestinese: ha introdotto una serie B per alzare il livello, ha imposto ai sindaci di unificare la squadra cittadina e quelle delle fazioni, ha creato un campionato femminile. riuscito a far giocare la nazionale in casa – per la prima volta in undici anni, ma allora non era affiliata alla Fifa – nello stadio di al-Ram, vicino a Gerusalemme.
finita con un pareggio, 1-1 in amichevole con la Giordania. Per 48 minuti la Palestina è stata in vantaggio, entusiasmando i 6.500 spettatori che domenica scorsa sono riusciti a trovare un posto e tutti gli altri piazzati sui tetti delle auto o sui balconi delle case, come in tribuna. In quella d’onore, stava Joseph Blatter, presidente della Fifa, venuto per assistere a un evento che va oltre la sfida tra la squadra numero 180 (Palestina) e la 112 (Giordania), nella classifica internazionale. «Siamo qui per realizzare un sogno – commenta Blatter ”. Tutte le formazioni che fanno parte della Fifa hanno il diritto di giocare in casa».
La Federazione aveva dichiarato i territori palestinesi «non sicuri» per le squadre straniere. Durante le qualificazioni ai Mondiali del 2006, la Palestina si è allenata a Ismailia in Egitto e le partite «in casa» sono state giocate nello stadio di Doha (Qatar). «Abbiamo dovuto colmare le assenze dei giocatori bloccati da Israele – spiega l’allenatore Izzat Hamzeh – selezionando sportivi cileni, di origine palestinese ». Per l’incontro di domenica, sono arrivati da Gaza cinque dei sei calciatori che vivono nella Striscia. Saeb Jundiyeh, il capitano, non ha ottenuto il permesso dagli israeliani. «Sono pieno di tristezza e rabbia perché non ho potuto partecipare a questo avvenimento storico, che avevo sempre sognato».
Ismail Haniyeh, il premier di Hamas, deposto da Abu Mazen, è un appassionato di calcio e ha seguito la sfida in televisione, anche se la partita (e lo stadio rinnovato con 4 milioni di dollari pagati dalla Fifa) sono simboli del riconoscimento internazionale ottenuto dall’avversario politico.
Sugli spalti Bambini sventolano la bandiera palestinese: la nazionale di calcio ha giocato per la prima volta in casa Sandro Pertini con Conti dopo il Mundial ’82: il presidente dedicò la vittoria ai palestinesi
Davide Frattini