Riccardo Staglianò, la Repubblica 29/10/2008, 29 ottobre 2008
riccardo staglianò Quelli sociali da noi sono notoriamente bloccati, quelli veri macinano chilometri e chilometri (in altezza)
riccardo staglianò Quelli sociali da noi sono notoriamente bloccati, quelli veri macinano chilometri e chilometri (in altezza). L´Italia ha più ascensori di qualsiasi altro paese al mondo: 850 mila, contro i 700 mila americani e i 610 mila cinesi. Incredibile ma vero. Perché abbiamo più palazzine e meno villette che nel resto d´Europa, buone leggi contro le "barriere architettoniche" e una tradizione di eccellenza nella componentistica. Oltre alla pigrizia nazionale che oggi li fa montare anche nelle monofamiliari da due piani. Ma dappertutto scorrazzano un sacco di gente. Otis, la più antica e grande produttrice, calcola di spostare l´equivalente della popolazione mondiale ogni cinque giorni. C´è vita sul pianeta elevator. Solo che nessun antropologo l´ha studiata abbastanza. Si scopre così che al di là della dimensione ingegneristica, servono psicologia e prossemica per capire le dinamiche che si producono all´interno della scatoletta metallica da ottanta per centoventi centimetri, nella versione classica da quattro persone, che ci fa la grazia di risparmiarci le scale. Il lifting alla reputazione del lift l´ha iniziato il New Yorker qualche mese fa. Con un articolo che avrebbe dovuto intitolarsi «tutto quello che avreste voluto sapere sugli ascensori e non avete mai osato chiedere». Ma l´opera di canonizzazione l´ha completata il mensile Monocle, la nuova Cassazione globale di cosa è di tendenza. «Va su o giù?» si chiede in copertina il numero di settembre, spiegando che «con grattacieli sempre più alti e un´architettura sempre più complessa la loro domanda è in rialzo». «L´11 settembre sembrava aver segnato la fine dei grattacieli, e quindi di un certo tipo di ascensori» conferma Luciano Mozzato, amministratore delegato di Otis Italia «e invece è tutto ripartito e adesso è una gara a chi li fa più alti. In Cina stanno ultimando il grattacielo del Guanzhou Financial Center che monterà un ascensore con una corsa di 432 metri su 103 piani che sale e scende a 6-7 metri al secondo». Da noi le 20-25 mila nuove unità all´anno sono scese, negli ultimi due, sulle 18 mila. Il fatturato però continua a crescere e il primato mondiale regge. C´è tutto un gergo e una scala di valori da imparare. La velocità, ad esempio. I 17 metri al secondo (56 chilometri all´ora) di quello della Taipei 101 Tower non sembrerebbero giustificare il record di più rapido del mondo. E invece l´accelerazione è tale che le cabine sono pressurizzate per evitare danni agli orecchi. La media italiana è di 0,6-1 metri (contro i 3-4 statunitensi). L´altra variabile è l´altezza degli edifici da servire. Nel 2009 sarà terminato il primatista Burj Dubai: 160 piani per 720 metri. Serviranno le sky lobby, campi base intermedi, dal momento che l´elevazione critica per un singolo ascensore è di 350 metri. Da noi il problema non si pone. Sovrintende la competizione tra produttori - Otis, Schindler, ThyssenKrupp, Kone e Mitsubishi nel gruppo di testa internazionale - il motto olimpico: "Citius, altius, fortius". La forza qui è la garante della sicurezza. L´ascensore è progettato in eccesso. Le funi d´acciaio che lo tengono sospeso sono 6 od 8. Ognuna in grado da sola di sostenere l´intero peso della cabina a pieno carico. Anzi, il 25% di più. Aggiungete poi il "cavo governatore" che si accorge quando l´ascensore scende a una velocità un quarto maggiore del normale e attiva i freni. Quando Elisha Graves Otis lo "inventa" nel 1854 in verità perfeziona l´idea del montacarichi aggiungendogli proprio il dispositivo di arresto. Eppure per anni il terrore di sfidare il vuoto in una scatola semovente non passa. Nei loro Studi sull´isteria Breuer e Freud narrano di una paziente che sprofonda nella spirale dei sensi di colpa per aver fatto scendere dal quarto piano dei bambini con quel pericoloso attrezzo. La verità, oggi, è che gli ascensori sono molto sicuri. Dieci volte più delle scale mobili, calcolano gli studi di settore. E per Otis la probabilità di farsi male corrisponde a un incidente su 60 milioni di passeggeri. Negli Usa vi muoiono in media 26 persone all´anno, perlopiù addetti alla manutenzione. In auto lo stesso bollettino si registra ogni cinque ore. Il malessere però rimane. «Non so quantificarlo» ammette Mozzato «ma la claustrofobia è un problema per molte più persone di quanto si pensi. Di qui la tendenza a ingrandire le cabine, passando da 4 a 6 persone. E poi usare colori chiari, una luce diffusa e lo specchio, che allarga gli spazi e offre una distrazione». La disposizione degli esseri umani negli ascensori ricorda quella degli atomi nelle molecole. Sembra caotica ma segue logiche ferree e prova ad avvicinare troppo protoni ed elettroni e sono guai. Così, con tre passeggeri due gravitano verso gli angoli posteriori e il terzo davanti, nel centro. Se entra il quarto il triangolo isoscele si riorganizza, spostando i due davanti verso gli angoli. John Fruin, autorità mondiale del settore, ha creato una nomenclatura per le varie posizioni. Si va dalla "zona contatto" quando a disposizione c´è un´area inferiore a 0,27 metri quadrati a quella di "confort personale", quasi 1 metro quadro. E gli esperti di prossemica hanno fissato sotto i 45 centimetri la "distanza intima", quella in cui si sentono odori e calore del vicino. Dal metallo alla carne. Tra le fantasie sessuali questa location è dappertutto un sempreverde. In Italia vengono fuori anche altre pulsioni. «Una nostra specialità sono gli atti vandalici» constata l´amministratore di Otis, che fatica a spiegarlo ai suoi colleghi stranieri, «quasi inesistenti negli altri paesi». Abbiamo anche il record di chi proprio ci tiene a vergare con le chiavi un suo pensierino sul mondo. Sudore, sesso, sangue. La mini-arena metallica diventa teatro di un omicidio in "Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio", piccolo romanzo cult di Amara Lakhous. Ci hanno fatto fuori un tipaccio, "il Gladiatore", e tutti sospettano l´islamico del palazzo. Molta vita, immagini e metafore si consumano nel marchingegno meccanico. Se non si riesce a spiegare/vendere un´idea in pochi secondi, dicono i venture capitalist, vuol dire che l´idea non è buona. "Elevator pitch", lo chiamano, "discorso (nel tempo di una salita) in ascensore".