Maria Grazia Russo, La Stampa 29/10/2008, 29 ottobre 2008
Maria Grazia Russo Lo temevano, forse se lo aspettavano; ma la botta per i lavoratori è stata durissima
Maria Grazia Russo Lo temevano, forse se lo aspettavano; ma la botta per i lavoratori è stata durissima. A fine 2009 la Michelin, una fabbrica piena di giovani, chiuderà la produzione di pneumatici per auto di gamma media che occupa 600 dei 920 addetti; i costi di produzione per la gamma media non reggono alla concorrenza dell’Est e dell’Oriente. Negli enormi spazi - circa 700 mila metri quadrati in corso Romania - rimarrà la fabbricazione dei prodotti semi-finiti unitamente alla logistica, grazie al trasferimento del magazzino di Vercelli con i suoi 44 dipendenti. E con l’annuncio - fatto dalla direzione aziendale nel corso di tre incontri con i lavoratori - è scoppiata la rabbia, la delusione, l’ansia per il futuro. La Michelin assicura che «non ci sarà alcun licenziamento; nessun lavoratore rimarrà in mezzo alla strada». Lo ha detto anche ai dipendenti, ma per ora l’umore è nero e il sindacato chiede che ci siano garanzie precise. Già il 5 novembre ci sarà un primo incontro. Ma oggi è il momento della protesta con 4 ore di sciopero, un presidio e un possibile blocco stradale. Poi lunedì ci sarà una manifestazione sotto il Comune. Ieri pomeriggio sotto la pioggia gli operai stavano insieme ai delegati - nella fabbrica è storicamente fortissima la Filcem Cgil che è arrivata a 460 iscritti - per capire che cosa fare. L’obiettivo - come spiega il delegato Michele Maimone - è «salvare il maggior numero possibile di lavoratori dipendenti dalla Michelin». E non ha dubbi: «Dobbiamo metterci al tavolo e arrivare a un accordo che dia un futuro a tutti. Quando la Michelin ha chiuso lo stabilimento Dora nessuno è rimasto senza un posto. Adesso dicono che si comporteranno nello stesso modo: ma voglio vedere gli impegni nero su bianco». Duro il segretario della Filcem Cgil, Renzo Maso: «La Michelin fa finta di non chiudere, ma in realtà taglia il cuore dello stabilimento. E anche ad Alessandria ci sono problemi; hanno chiuso il reparto mescole così la materia prima arriverà sui camion, non accade in alcuno stabilimento nel mondo». E Salvatore Scalia, della Femca Cisl, è molto preoccupato: «E’ un altro pezzo della manifattura torinese che se ne va; un’altra multinazionale che abbandona Torino. Adesso il nostro obiettivo è tenere qui quanta più produzione è possibile. Ma abbiamo timori per chi resta; sappiamo solo che nel 2009 ci saranno, ma dopo?». Maria Grazia Russo ha 32 anni, una figlia di 4: «Non potrò mai andare a lavorare a Cuneo: noi ci siamo sacrificati tanto, abbiamo lavorato il sabato e le notti e questo è il risultato». Angelica Siliato ha 36 anni e due figli, prende 1200 euro facendo i turni. E’ stanca e arrabbiata: «Noi siamo stati il massimo della flessibilità, ma non è servito a salvare la nostra fabbrica». Ignazio Biondi ha 37 anni dice: «Mi sento ferito, adesso non ho più fiducia. Senza quella produzione ho paura che venga a mancare la ragione stessa dello stabilimento». Marcelo Lanciano ha 37 anni e definisce «allucinante» la sua preoccupazione. Racconta: «Ho una figlia, il mutuo, tante spese. Ho il morale sotto i piedi». E Enzo Palermo sostiene che «è solo un contentino tenere una piccola produzione e agitare il progetto del magazzino che intanto è a Vercelli». Mentre i lavoratori si interrogano sul futuro e organizzano la mobilitazione la Michelin spiega che si tratta di «un piano di modernizzazione e di riorganizzazione delle attività in Italia». E dice che investirà 200 milioni entro il 2013. L’obiettivo è «riorganizzare gli stabilimenti italiani al fine di renderli più produttivi e più specializzati». Ribadisce che vuole proporre «una soluzione ad ogni dipendente coinvolto sia a ricreare sul territorio lo stesso numero di posti di lavoro che verranno gradualmente a cessare».