Amedeo La Mattina, La Stampa 29/10/2008, 29 ottobre 2008
AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Per Berlusconi bisogna mandare in Europa dei «professionisti», persone «altamente qualificata», capaci di difendere gli interessi degli italiani. E ciò può avvenire solo in un modo: «Scegliendo noi chi va in lista». Altrimenti si tornerebbe a una «stagione non trasparente e pulita che premia chi si fa promozione da solo e chi cerca di autofinanziarsi». E’ una difesa netta della legge elettorale per le Europee, in discussione alla Camera, che cancella il voto di preferenza e introduce una soglia di sbarramento al 5%. Una proposta contro cui si battono il Pd, l’Idv, l’Udc e pezzi della stessa maggioranza (una parte di An che fa capo al sindaco di Roma Alemanno e l’Mpa del governatore siciliano Lombardo). Ma la novità di ieri è che a quest’ultimo fronte ha dato una mano d’aiuto il capo dello Stato. Giorgio Napolitano ha chiesto la «massima attenzione» a non comprimere il pluralismo politico e ha indicato «una preoccupazione condivisa circa l’esigenza di stabilire un più diretto legame tra gli eletti e i territori rappresentati». Dunque, quando si discute di regole del gioco, bisogna sempre ricercare «un ampio consenso». Risposta del premier: siamo sempre attenti alle «suggestioni» del presidente della Repubblica: ma in Italia è impossibile avere «relazioni decenti» con questa opposizione.
L’attrito tra Quirinale e Palazzo Chigi è palese. E ciò consente a Veltroni, che propone lo sbarramento al 3% e il mantenimento delle preferenze, di dire che «ancora una volta Napolitano ha ragione». «Le parole del capo dello Stato sono molto importanti - ha spiegato Casini - e spero che, per una volta, non vengano formalmente applaudite, ma seguite concretamente». Ma per il capogruppo del Pdl Cicchitto la proposta della maggioranza rispetta il pluralismo. Italo Bocchino prima dice che le affermazioni di Napolitano «si ascoltano e non si commentano», poi ricorda che l’Italia è rimasto l’unico paese in Europa ad avere le preferenze.
La verità è che Berlusconi, oltre al monito del Quirinale, ha una serie di problemi dentro casa. Intanto c’è una maggioranza con coesa su questo tema. Anche la Lega è disposta a «modifiche e migliorie», come ha precisato ieri il ministro Calderoli. E se la prossima settimana si dovesse andare al voto con lo scrutinio segreto, potrebbero venir fuori inedite alleanze trasversali a favore della preferenza e di uno sbarramento inferiore al 5%. Allora in queste ore è partito un pressing fortissimo su Fini affinché non conceda il voto segreto. Il voto palese invece consente al premier di serrare i ranghi e far rispettare la disciplina di gruppo. Ma l’orientamento del presidente della Camera, confermato in diversi colloqui anche ieri, va proprio in direzione opposta a quella desiderata dal premier. Il Cavaliere è molto irritato per l’atteggiamento di Fini, che a suo avviso non capirebbe il danno per il bipolarismo e per il Pdl che vedrebbe rinascere alla sua destra il partito di Storace. «E poi - si chiedono i berlusconiani - chi ci mette in lista Fini se i suoi uomini migliori li ha impegnati al governo e in Parlamento? Gramazio, l’amico di Alemanno?».
Oggi arriva a Roma Bossi. Con lui, Calderoli ed Elio Vito, Berlusconi farà il punto della situazione. Il premier è convinto che la maggioranza reggerà. Ma se non sarà possibile far passare la riforma come la vuole lui? «Non ci strapperemo i capelli», osserva il Cavaliere. Detto in altri termini, se Fini dovesse concedere il voto segreto, la riforma potrebbe essere ritirata con l’escamotage di riportarla in commissione e farla morire lì. Le conseguenze, secondo il premier, sarebbero devastanti soprattutto per Veltroni: rimanendo la legge attualmente in vigore senza nemmeno una percentuale di sbarramento, il Pd si troverebbe circondato da cespugli e cespuglietti che riusciranno ad eleggere eurodeputati con lo 0,7%, come è accaduto fino ad oggi. E se il Pd dovesse scendere sotto il 30% la segreteria di Veltroni andrebbe a gambe in aria.