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 2008  ottobre 28 Martedì calendario

GUIDO RUOTOLO

INVIATO A PERUGIA
Ci siamo: oggi il gup Paolo Micheli suonerà il fischio di chiusura di questa partita di rugby piena di falli che si è celebrata nell’aula delle udienze preliminari. Oggi, l’arbitro Micheli assegnerà i punti, decidendo i destini di Amanda, Raffaele e Rudy. Quella che si sta per chiudere è stata una partita indimenticabile, unica, stupefacente. Anche nel giorno delle repliche non sono mancati, infatti, i colpi bassi.

Gli stessi pm Manuela Comodi e Giuliano Mignini hanno risentito di questo clima, non risparmiando sgambetti come quando Mignini ha sfidato l’avvocato Luca Maori, uno dei difensori di Raffaele Sollecito, a uscire allo scoperto, a svelare l’identità di quella «regia occulta» che avrebbe manovrato le indagini.

E Maori ha riconfermato quanto detto l’altro giorno in sede di arringa, e cioé che si riferiva alle prove contro Raffaele che venivano date per certe e che, una volta cadute, venivano sostituite da altre. O quando, sempre Mignini, ha chiamato in causa una giornalista di «Studio Aperto», facendo nome e cognome, a proposito di tentativi di condizionamento dell’inchiesta. Forse lo ha fatto, il pm, perché indignato per quel «rito perugino» che si è consumato in queste settimane di udienze preliminari, e che ha lasciato tutti sbalorditi.

Intendiamoci, da questo punto di vista ieri l’accusa non ha fatto altro che portare a casa le contraddizioni esplose tra le difese, che hanno lanciato un attacco fratricida, accusando della morte di Mez gli uni gli altri imputati. Insomma, per dirla con l’accusa, «mors tua, vita mea». La presa d’atto dell’accusa è stata in sostanza questa: «Le difese di Amanda, più esplicitamente quelle di Raffaele, più che preoccuparsi di difendere i propri assistiti si sono concentrate nell’accusare il coimputato di colore, insomma Rudy Guede». Viceversa, la difesa dell’ivoriano ha accusato Amanda e Raffaele, per sostenere la versione fornita dal proprio assistito. Salvo che questa versione, l’avvocato Biscotti, che difende Rudy, l’ha definita «sgangherata», ovvero «non credibile».

Insomma, le difese hanno alla fine portato acqua al mulino dell’accusa. A un certo punto della replica, i pm hanno attribuito un autogol agli avvocati di Raffaele Sollecito. A proposito dell’ultima consulenza sul gancetto del reggiseno insanguinato di Mez, quella che rivela l’esistenza di tracce di Amanda e Rudy - e che conferma lo scontro in atto tra le difese di Raffaele e Amanda -, l’accusa ha sottolineato: «E’ inevitabile, a questo punto, la necessità di verifica processuale e quindi più che mai è necessario il rinvio a giudizio degli imputati». E ha aggiunto: «Il vero problema di Amanda e Raffaele sono i rispettivi clan che cominceranno a farsi la guerra coinvolgendo i due fidanzatini».

Clan, pressioni che sono arrivate dalla sponda americana ma anche dall’Italia. Questo capitolo, Mignini lo aveva già affrontanto la settimana scorsa, aprendo la sua requisitoria. Non è un mistero che il pm perugino pensi a due «mandanti» americani: l’avvocato Tacopina e il giallista Douglas Preston. Quest’ultimo, coautore di un libro inchiesta con il giornalista fiorentino Spezi, arrestato proprio da Mignini nell’inchiesta bis sul mostro di Firenze.

Sulle «novità» accreditate dalle difese a proposito della «contaminazione ambientale non volontaria» della scena del crimine - il riferimento è al coltello, dove sono state trovate tracce di Amanda e di Mez, e al gancetto del reggiseno di Mez, con le tracce di Raffaele (ma anche di Rudy e Amanda, secondo la consulenza Vinci) - l’accusa ha contestato questa «insinuazione»: «L’onere della prova spetta a voi. Se c’è stata la contaminazione dovevate spiegare dove, come, quando e perché».

E il pm Manuela Comodi ha portato un suo reggiseno in aula per dimostrare che si può tagliare toccando solo il gancetto.

Quanto alle «celle» dei telefoni che dimostrerebbero che la morte della studentessa inglese è avvenuta almeno un’ora e mezza prima di quanto ipotizzato dall’accusa (23,30), i pm hanno replicato smontando queste «novità», e riconfermando punto per punto gli accertamenti della Scientifica e della Polizia postale.

Ancora il pm Manuela Comodi ha ricordato: «Quando Raffaele chiamò due volte il 112 quel due novembre scorso, per dare l’allarme, le celle che si sono attivate sono state diverse. Eppure lui non si è mosso dall’ingresso di via della Pergola 7». Andiamo?». Andiamo. Alle sei e mezzo di sera, Raffaele Sollecito si passa una mano nei lunghi capelli biondi, saluta i suoi avvocati e si dirige verso gli agenti in attesa fuori dall’aula. Il cellulare che lo riporterà a Terni ha già i motori accesi. Il giovane informatico pugliese indossa jeans e un maglioncino rosa e, per la prima volta da quando è cominciata l’udienza preliminare, ha l’aria molto tesa. Comprensibile. Questa mattina a Perugia non si decide solo se Rudy Guede ha preso parte o no all’omicidio di Meredith Kercher. Né se lui, Raffaele, e la sua amica, Amanda Knox, saranno rinviati a giudizio. No, oggi il gup si pronuncerà anche sulla richiesta di scarcerazione presentata dalle difese. Per Raffaele è forse il passaggio più delicato, dopo quasi un anno di carcerazione preventiva.

Previsioni? Speranze? Gli avvocati gli hanno prospettato tutti gli scenari, anche il più terribile. Ma lui, proprio rivolgendosi ai suoi legali, vuole continuare a crederci: «Mi faranno uscire dal carcere, ne sono certo - dice durante una pausa del processo -. E’ una situazione surreale. Mi sembra di essere in un film, come se stessi vivendo una cosa che riguarda altri. Invece è capitata proprio a me».

Il pubblico ministero Giuliano Mignini, nella replica, ha appena ribadito le sue accuse: il dna sul reggiseno, il coltello in casa sua, le contraddizioni. Raffaele ne è rimasto turbato, anche se il pm non ha fatto altro che riproporre l’impianto della requisitoria di venerdì scorso. «Ma come fa a ricostruire in quel modo il delitto? Come fa a collocarmi sulla scena dell’omicidio? E come fa a parlare di festini, di canne, di bicchieri di vino, e ricondurre tutto alla morte di Meredith? Io stavo con Amanda. Ci stavo da una settimana, e ci stavo bene. Un rapporto non solo sessuale ma affettivo. Il mio primo amore. Non avevo bisogno di altro: mi bastava lei».

I capelli lunghi sulle spalle non sono una scelta dettata dal look, ma raccontano il suo regime carcerario: Raffaele non ha accesso a molti servizi della prigione, tra cui il barbiere, e non vuole usare la macchinetta. «Me li taglierò non appena mi lasceranno uscire: sarà la prima cosa che farò». Per il resto, studia: non solo gli atti del processo (ad agosto ha chiesto di poter leggere le migliaia di pagine del fascicolo che lo riguarda) ma anche i testi del corso di laurea in realtà virtuale a cui s’è iscritto a Verona. Sport, poco. Una partita a calcetto ogni tanto con altri detenuti, e un po’ di palestra, ma in quella piccola: l’altra, più grande, gli è pure vietata, almeno per il momento.

Raccontano i suoi legali che il padre viene a trovarlo spesso. Si direbbe che il figlio sia diventato il suo mestiere. Ore e ore uno di fronte all’altro, spesso senza dirsi una parola perché, dicono ancora gli avvocati di Raffaele, così è il ragazzo: timido, chiuso «manifesta e tira fuori meno di quello che sente». L’altro giorno, in aula, scherzando con uno dei suoi legali, gli è scappato un sorriso. «L’imputato sghignazza!», l’ha subito ripreso un avvocato di parte civile. «Ed stato in quel momento - raccontano adesso quelli del suo collegio difensivo - che lui ha sentito su di se’ tutto il peso del pregiudizio che lo circonda, il sesso, la droga, la Perugia degli studenti che arrivano da fuori».

Recita? Racconta la verita’? Lui si passa per l’ultima volta la mano nei capelli: «Amavo Amanda, le sono ancora molto legato, e non vedevo l’ora di farla conoscere ai miei amici. Ho ancora presente l’sms di mio cugino che mi chiede quando gliel’avrei presentata. Pensavo solo a lei, un anno fa». E Rudi? Quando l’altro giorno se l’e’ quasi trovato di fronte, ai suoi avvocati ha soltanto detto: «Mai visto. Ma da come me lo avevano descritto, me l’ero immaginato molto piu’ alto di cosi’».