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 2008  ottobre 28 Martedì calendario

CRISTIANO CHIAVEGATO

TORINO
E’ scontro frontale tra la Ferrari e la Fia. Dopo anni di buoni rapporti, ieri per la prima volta la casa di Maranello ha battuto i pugni sul tavolo. E ha fatto sapere che potrebbe essere disposta a lasciare la Formula 1 se verranno a mancare i presupposti in base ai quali da sempre disputa i Gran Premi con le proprie vetture. Il Consiglio d’amministrazione, riunito sotto la presidenza di Luca Montezemolo per valutare il bilancio aziendale - molto positivo - del terzo trimestre, ha emesso a margine del comunicato una valutazione che non lascia dubbi.
«Il Consiglio - è scritto - ha esaminato le prospettive regolamentari della F1, anche alla luce della grave situazione economica internazionale. La Ferrari, pur confermando il suo pieno impegno per una sostanziale riduzione dei costi, a partire dai propulsori, ha tuttavia espresso forte preoccupazione circa i progetti di equalizzazione o standardizzazione dei motori che priverebbero la F1 della sua stessa ragion d’essere, basata sulla competizione e sullo sviluppo tecnologico. E’ così che la Scuderia ha interpretato la sua ininterrotta presenza, fin dalla prima edizione del Campionato mondiale, nel 1950. Qualora questi elementi venissero meno, il Consiglio d’amministrazione si è riservato di valutare, insieme ai propri partner, l’opportunità di mantenere la propria presenza in questa disciplina».
A scatenare la minaccia-choc di abbandono è stata evidentemente una mossa della Federazione che ieri ha ribadito i termini per la presentazione di un progetto di motore unico a partire dal 2010. Un bando di concorso al quale le aziende interessate dovranno rispondere entro il 7 novembre. Questo dopo che nei giorni scorsi, il 21 ottobre, a Ginevra le parti - Fia e la Formula One Team Association (Fota) - avevano trovato un accordo di massima per la riduzione delle spese, nel quale però l’idea del motore unico sembrava essere sparita.
Si tratta evidentemente di un braccio di ferro senza esclusione di colpi, perché non è in gioco solo il futuro della F1 come sport, ma anche il potere, le regole tecniche e la divisione degli introiti. Da tempo ormai è in discussione il rinnovo del Patto della Concordia con la Federazione e con Ecclestone, gestore dei diritti televisivi e dei molteplici incassi provenienti dalle gare. I team chiedono maggiore libertà per decidere le regole e un cospicuo aumento dei proventi.
Per forzare la mano alle squadre, Mosley ha puntato sul motore unico che è indigesto per i costruttori. Un campionato con propulsori monomarca non può interessare a chi produce motori. Anche la Toyota ieri ha ricordato di essere perfettamente allineata alla Ferrari: «Non vogliamo un motore standard. Nessun costruttore lo vuole», ha dichiarato John Howett, presidente del team giapponese. Fra l’altro non c’è in ballo solo la questione di un prodotto unico, ma anche l’equalizzazione, proposta dalla Fia stessa. Per rendere le gare più equilibrate si vorrebbero imporre motori con prestazioni esattamente uguali. Anche difficili da controllare.
Non è la prima volta che la Ferrari minaccia un abbandono della F1. In passato Enzo Ferrari aveva usato quest’arma in diverse occasioni per poter discutere le regole. Nel 1987 aveva anche fatto costruire dal progettista Gustav Brunner una monoposto per andare a correre nella Formula Cart americana. Dopo pochi mesi venne firmato il Patto della Concordia e la vettura, che venne collaudata anche da Michele Alboreto, non venne mai portata in gara e oggi fa bella mostra nella Galleria Ferrari a Maranello.
Mosley sta anche tentando di dividere i team, puntando sulle piccole squadre in difficoltà economica, obbligate a risparmiare su tutto. Ma la Fota non sta al gioco e risponde per le rime: una Formula 1 senza Ferrari e le altre marche presenti sarebbe destinata a un inesorabile declino.

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