Giovanni Cerruti, La Stampa 28/10/2008, 28 ottobre 2008
In tempi di crisi, lo so, tutto ciò che non è necessario è superfluo. Ma non è il nostro caso: noi possiamo giocare una carta pesante
In tempi di crisi, lo so, tutto ciò che non è necessario è superfluo. Ma non è il nostro caso: noi possiamo giocare una carta pesante...». Basta intendersi sul significato della parola carta e si capisce come mai, al primo piano di un ufficio di periferia, sullo stradone che porta all’aeroporto di Linate, da qualche giorno ci siano le fregole dell’eccitazione. Gian Maria Madella, brizzolato navigatore di quotidiani, settimanali e mensili, conta i giorni da qui al 5 dicembre e sfoglia le prime pagine di prova: «Stiamo tornando». Sta tornando l’edizione italiana di Playboy. E la carta pesante, l’ammazzacrisi, s’intuisce quale sarà. «In fondo è sempre stato così, quando c’è crisi aumenta la voglia d’evasione», dice Madella. E anche qui, sull’evasione, basta intendersi. Le bellone, le bellissime, le foto. Una volta, quando Hugh Hefner se l’è inventato nel 1953, Playboy era il primo passo d’avvicinamento al nudo. Poi è diventato qualcosa di più e di diverso, il mensile che intervista Fidel Castro o John Lennon o Arafat, che sconvolge l’America bacchettona, che provoca e scandalizza. Ora, 55 anni dopo, è il secondo marchio più conosciuto del mondo, appena dietro la Coca Cola. Potenza della carta pesante. 27 edizioni, Filippine comprese. «In Italia era naufragato negli Anni ”80 con la Rizzoli - spiega Madella - negli Anni ”90 un tentativo di rientro si era rivelato poco più che un mensile pornosoft, e nelle edicole lo mettevano accanto alle videocassette». Insomma, robaccia. Adesso, e ci mancherebbe che non la raccontassero così, l’editore Alessandro Ferri di Play Media Company e il suo direttore sessantenne sono sicuri del successo. «I diritti li abbiamo presi sette mesi fa - dicono - e appena si è sparsa la voce abbiamo capito che ce la potevamo fare. La sfida è tra edicola e pubblicità. Puntiamo a 130 mila copie al mese, ma dei primi tre numeri ne stamperemo mezzo milione». Con quella italiana Playboy arriva a 28 edizioni nel mondo. «Qui ci sono la moda, l’auto, le moto. Per l’editore americano l’Italia è una postazione strategica». Grazie alla solita carta pesante vanno alla caccia di pubblicità. «Che in tempi di crisi non è vero che sparisce, si fa più selettiva». E loro sono lì, pronti a infilarla tra le foto delle pupone. «Non più di tre servizi di nudo, però». E tutto il resto, promettono, è attualità, provocazione, gioco, ironia. «Saremo irriverenti, spregiudicati e mai volgari. E ci piacerebbe ripetere il Playboy degli anni d’oro, quando ogni numero era uno schiaffo». Playboy Usa intervista Barak Obama, Playboy Francia intervista Nicolas Sarkozy, inevitabile che dal vialone che porta a Linate parta una richiesta per Silvio Berlusconi. O no? La risposta, al momento, è un forse. «Stiamo mettendo in piedi una squadra interessante, con forze fresche, e il Palazzo lo cureranno da Roma quelli di Radio 102,5». Dove lavora Federico Vespa, figlio di Bruno, e non è indispensabile la malizia per immaginare una certa facilità di buone relazioni. «Ma non ci metteremo a inseguire il pettegolezzo». Anche perchè ormai è dappertutto, e con i tempi di un mensile rischierebbero il fuori tempo massimo. A questo punto, come per tutte le novità, si dovrebbero mettere in fila le prestigiose firme della prestigiosa testata. «Se ne stanno offrendo parecchie, si vede che non conoscono il nostro budget», prova a scherzare Madella. pronto un librone per i pubblicitari e si possono leggere un paio di nomi. Il primo è lo scrittore Niccolò Ammaniti, il secondo lo psichiatra Paolo Crepet, il terzo Vittorio Sgarbi, il quarto il comico Enrico Bertolino, il quinto l’altro scrittore Andrea Pinketts... definiti, nella presentazione, «squadra decisamente diversa, coraggiosa, nuova». Anche in questo caso basta mettersi d’accordo sulle parole. La prima copertina sarà «per un’attrice italiana famosa vista da un fotografo famoso». Un’inchiesta sul mondo Rom. Un reportage dagli Usa sui primi giorni del nuovo Presidente. Ma c’è ancora tempo, il 5 dicembre non è domani. «Ma arriveremo prima di quel giorno e ve ne accorgerete», avvisa il direttore Madella. Una campagna in stile, così dice, ”marketing guerriglia”: «Happening nelle strade, vere e proprie incursioni delle nostre conigliette». E poi tv, radio, giornali, internet. E lo slogan «Il coniglio sta tornando», sicuro di sbancare. Sicuro come il direttore: «Perchè quando le borse vanno giù la nostra carta pesante sale...». Stampa Articolo