Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 28 Martedì calendario

UGO MAGRI

ROMA
La Camera sta iniziando a discutere una nuova legge «ad personam», quella per far fuori Casini. Berlusconi l’ha cucita su misura dell’ex amico Pier. E non serve Einstein a capire che una soglia del 5 per cento alle prossime elezioni europee può far male soprattutto a un partito, l’Udc. Casini forse ce la farebbe comunque; ma se tra i suoi elettori comincia a circolare l’idea che l’esito è appeso a un filo, magari tra sei mesi non lo votano più. La vendetta del Cavaliere.
Il testo di riforma illustrato ieri in aula da Calderisi (relatore Pdl) prevede un’altra trappola: cancella le preferenze, che oggi variano da una a tre. Ci sarà una lista bloccata e l’ordine degli eletti verrà deciso in anticipo. Per gli ex-dc, bravi a procacciarsi voti sul territorio, il nuovo sistema è una sciagura. Impedirlo diventa questione di vita o di morte. Di qui a Natale, il Parlamento sarà campo di battaglia.
Casini ha l’appoggio Pd, in particolare di D’Alema e Marini. Entrambi innalzano il tono dello scontro. E fa un po’ strano sentire l’ex presidente del Senato, sempre cauto nell’uso delle parole, che stavolta denuncia un «vulnus democratico» contro il quale occorre «una battaglia forte». D’Alema si spinge più in là, rinfaccia a Berlusconi «un atteggiamento sprezzante, non appropriato per un Paese civile, di chi vuole comandare e non discutere», addirittura «pretende di cambiare le regole senza il confronto con l’opposizione, un comportamento gravemente antidemocratico».
La maggioranza ovviamente nega, su tutta la linea. Bonaiuti accusa Veltroni di avere scatenato la rissa con il comizio di sabato. Cicchitto sostiene che sbarramento e lista unica esistono in tanti Paesi europei, democratici più di noi. Quagliariello, da giurista, scorge nella riforma una «semplificazione del sistema, la riduzione dei tanti partitini e delle spese elettorali, che sarebbero enormi». Ai tempi di Mani pulite, le preferenze erano sinonimo di corruzione, oggi paradossalmente i referendari le rivogliono indietro perché, argomenta Guzzetta, con la lista bloccata «rischiamo un Parlamento europeo fatto di nominati e di ripescati». C’è aria di ostruzionismo, il rifondarolo Ferrero lo invoca da subito, Soro (presidente dei deputati Pd) lo tiene in caldo, se la legge andrà avanti «useremo tutta la forza politica di cui disponiamo per resistere».
Resistere: torna la magica parola. Contro la «porcata bis», come la addita Parisi, perché «lascia ai cittadini soltanto la possibilità di accettare o no il volere di chi farà le liste». Si potrebbe discutere all’infinito, in quanto dall’altra parte Rotondi obietta che proprio questo volevano i cultori del maggioritario. Ma la verità è un’altra: tutti sanno che spazzare via l’Udc (e lasciare fuori la sinistra radicale) conviene tanto al Cavaliere quanto a Veltroni. Entrambi si liberano dei concorrenti, e a Strasburgo mandano chi vogliono loro.
Il vantaggio di Veltroni è che, grazie all’odio cieco di Berlusconi per Casini, lui può portare a casa la legge pur combattendola a morte. Non lascerà impronte digitali. E proprio questo si domandano alcuni fedeli del Cavaliere: vale la pena di condurre una battaglia che rafforza il principale rivale? una domanda che in settimana la Lega porrà a Berlusconi. Bossi teme che nella zuffa vada di mezzo il federalismo. Calderoli propone di accogliere «perfezionamenti e migliorie», lo stesso Cicchitto amerebbe un confronto. Il Capo non sente ragioni. Nonostante gli scricchiolii. Tra i firmatari di un appello tutto democristiano a salvare le preferenze, con Rutelli, Buttiglione e Fioroni c’è pure Pistorio dell’Mpa, fiore all’occhiello del centrodestra alle elezioni politiche. Proteste tra i Pensionati e mugugni nelle file di An. Quando si voterà sulla legge, tra un paio di settimane, sono previste sorprese. Perché il voto sarà segreto.S i sa soltanto che il thrilling si consumerà entro novembre, ma nessuno, neppure il mago dei cavilli Peppino Calderisi, sa prevedere «né il giorno né l’ora» di quelle due votazioni parlamentari che potrebbero segnare il destino di partiti e leader, condizionare future alleanze. E dunque, in vista dei passaggi-clou della nuova legge elettorale per le Europee - soglia di sbarramento e preferenze - dietro le quinte sono iniziate le grandi manovre in entrambi gli schieramenti. Massimo D’Alema e Francesco Rutelli - che non condividono la linea dell’ «autosufficienza» del Pd voluta da Walter Veltroni - venerdì scorso, 24 ore prima della marcia sul Circo Massimo, hanno sondato riservatamente Pierferdinando Casini (che vorrebbero alleato organico del Pd): i tre hanno convenuto di lanciare una lettera-appello (poi firmata da 15 tra i parlamentari più autorevoli di Pd, Idv e Udc) che ieri è stata inviata a tutti gli onorevoli di opposizione. Obiettivo: incontrarsi domani a Montecitorio e decidere «iniziative adeguate alla gravità della situazione». Due le proposte della maggioranza che si vorrebbero fermare. La soglia di sbarramento per entrare all’Europarlamento, fissata nel progetto del Pdl al 5%, è considerata troppo alta, anche perché in base ai risultati delle Politiche 2008 lascerebbe fuori oltre a Prc, Partito socialista, Verdi, Pdci, Destra di Storace, anche l’Italia dei Valori di Di Pietro (4,4%), mettendo ansia anche all’Udc (5,6%).
Ma se su questo punto un compromesso per abbassare la soglia al 4% pare possibile, la madre di tutte le battaglie è quella sull’abolizione delle preferenze, previste invece dall’attuale normativa sulle Europee. La riforma berlusconiana imporrebbe le liste bloccate, consentendo ai leader di partito di scegliersi, uno per uno, i parlamentari europei. Il sospetto inconfessabile del trio D’Alema-Rutelli-Casini è che Veltroni - in una inedita alleanza di interessi con Berlusconi e Di Pietro - si limiti ad una battaglia di facciata. Sostiene un personaggio che ha libertà di parola come Bruno Tabacci: «Se alla Camera voteremo preferenze e soglia a scrutinio segreto nel Pdl si possono calcolare una quarantina di franchi tiratori, che potrebbero scaricare malesseri di varia natura. Ma siamo sicuri che il Pd non farà un po’ di soccorso alla maggioranza? Siamo sicuri che i vertici del Pd non preferiscano scegliersi gli europarlamentari e con la soglia alta eliminare concorrenti a destra e a manca?».
Difficile fare il processo alle intenzioni di Veltroni. Certo, nel veemente discorso del Circo Massimo il passaggio sulla «battaglia parlamentare per mantenere il voto di preferenze» è stato telegrafico. Certo, Beppe Fioroni, responsabile Organizzazione del Pd, dice che «su questo terreno non si scherza, dobbiamo fare una battaglia fortissima anche perché in ballo ci sono le alleanze per le amministrative». E d’altra parte Veltroni, che non vuole essere confuso come uno dei difensori della «Casta», informato della lettera promossa dal trio Rutelli-D’Alema-Casini, ha incoraggiato la sottoscrizione da parte di due dei personaggi a lui più vicini, il vicesegretario Dario Franceschini e Giorgio Tonini. Ma Stefano Ceccanti, costituzionalista vicino a Veltroni, propone un approccio pragmatico: «Le opposizioni faranno una grande battaglia, ma purtroppo il destino è segnato se dall’altra parte non ci saranno dissociazioni». Umberto Bossi ha una sola preoccupazione: che possa passare il referendum sulla legge elettorale, che dando un premio del 54% al partito più forte, renderebbe residuale la Lega. Ma con Berlusconi l’accordo è quasi chiuso: il governo farà campagna per impedire il quorum e come data si punta sulla più «lontana» possibile: il 14 giugno, una settimana dopo le Europee.

GOFFREDO DE MARCHIS
la Repubblica 28/10/2008
ROMA - E adesso la tentazione del Cavaliere è lasciare la legge elettorale per le Europee così com´è. Con le preferenze e senza soglia di sbarramento, i due cardini che Silvio Berlusconi voleva sbullonare replicando il sistema che regola le elezioni politiche, il Porcellum. Una mossa a sorpresa, una minaccia che il premier comincia a sventolare nei suoi discorsi ora che il provvedimento è arrivato in aula alla Camera (ieri la discussione generale) e la prossima settimana dovrebbe essere votato. «Così noi ci riprendiamo in casa il problema Storace, è vero, ma il Partito democratico dovrà fare i conti con Rifondazione, i Verdi, il Pdci e gli altri satelliti del centrosinistra. Chi ci rimette davvero? Se vogliono che tutto il peso sulle spalle se lo carichi il Pdl, beh per quanto ci riguarda la legge può anche inabissarsi», è il ragionamento che si fa a Palazzo Grazioli. Il messaggio è indirizzato a Walter Veltroni, che ha nel 30 per cento l´obiettivo minimo di sopravvivenza, ma non c´è dubbio che il riferimento a Storace chiami in causa Alleanza nazionale.
Non è sfuggito al presidente del Consiglio l´asse che si sta saldando tra gli uomini di An e le opposizioni, da ieri ufficialmente schierate come un sol uomo (Pd, Idv, Udc) con l´aggiunta del Movimento per le autonomie che fa parte della maggioranza di governo. Fabio Rampelli, uomo forte di Alleanza nazionale, vicino ad Alemanno, ieri pubblicamente ha dettato la linea: «Sono contrario all´abolizione delle preferenze. A meno che all´interno dei partiti non si introduca una procedura democratica di selezione dei candidati». Ma delle primarie, nel progetto di legge in discussione, non vi è traccia. In più, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha fatto sapere in maniera informale ma netta che il suo orientamento è concedere il voto segreto sulla legge «perché così dicono i regolamenti parlamentari e la prassi». Fini ha sentito l´altro giorno Veltroni, quando il segretario democratico lo ha ringraziato per il giudizio positivo sulla manifestazione. Sembra che non si sia parlato delle scadenze parlamentari, ma a Berlusconi lo scambio è piaciuto poco comunque.
Con il voto segreto e le opposizioni compatte il rischio che una pattuglia di An possa votare a favore delle preferenze aumenta di molto. Pd e Udc fanno qualche calcolo: basterebbe il travaso di 20 voti (più gli 8 dei deputati Mpa) per far capitolare la maggioranza. Per Berlusconi sarebbe una doppia sconfitta: politica, con il Pdl battuto su una legge fortemente voluta, e interna perché con le preferenze i voti di Alleanza nazionale, più radicata nel territorio, peserebbero molto di più dentro il Popolo delle libertà, una costruzione in fieri e i cui equilibri vanno ancora chiariti.
Il travaglio degli uomini di An si manifesta sempre più chiaramente. partito da Gianni Alemanno, che ha fatto votare una mozione contro le liste bloccate al consiglio comunale di Roma, è arrivato fino alle parole di Rampelli. E la sponda di Veltroni non esiste, se mai ci fossero stati dei dubbi viste le tentazioni bipartitiste del Partito democratico. Il gruppo parlamentare del Pd si prepara a chiedere il voto segreto insieme con Casini e Di Pietro. Anzi, il presidente dei deputati del Pd Antonello Soro rivendica la lotta dura: «Nessuno ci può dare lezioni. Siamo in prima fila contro l´abolizione delle preferenze, punto e basta». Il pericolo di un regolamento di conti interno al Pdl perciò non si può escludere, e sarebbe il primo. Per questo forse il male minore è far sparire il provvedimento o sospenderne l´esame.