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 2008  ottobre 28 Martedì calendario

Era il 141 di West Jackson boulevard e il numero 20 di South Wacher, a Chicago. Dove la grande crisi finanziaria è partita ma dove, forse, non è mai arrivata

Era il 141 di West Jackson boulevard e il numero 20 di South Wacher, a Chicago. Dove la grande crisi finanziaria è partita ma dove, forse, non è mai arrivata. Qui, tra questi due indirizzi, è dove il grano, il mais, la soya e tutti i prodotti dell’agricoltura si trasformano in carta: prodotti finanziari, soldi, ricchezza. Qui sono nati i derivati, quei complicati prodotti finanziari nati per dare sicurezza ai contadini del Midwest e trasformatisi nella «peste finanziaria». Appena un po’ più a nord, nel Wisconsin, a poco più di un’ora di macchina dal centro di Chicago, un signore dal forte accento emiliano che di mestiere si occupa di produrre trattori in mezzo mondo ti spiega invece che per fare soldi c’è ancora «chi deve lavorare della gran ghisa». La distanza - poca - che separa Chicago da Racine, Wisconsin, è la stessa che separa l’economia di carta da quella di ghisa. Parti dal centro di Chicago pensando allo sconquasso senza precedenti dell’economia di carta e arrivi a Racine per scoprire che invece la ghisa funziona ancora, dà lavoro, produce ricchezza. Al 141 di West Jackson c’è la sede del Chicago Board of trade, dove centocinquanta anni fa sono nati i primo contratti derivati. Servivano per assicurarsi anticipatamente la fornitura di prodotti agricoli: paghi ora quello che riceverai quando nelle pianure del Midwest saranno terminati i raccolti. I primi contratti erano su farina, fieno e granturco. Ora, sempre a questo indirizzo, vanno fortissimo i derivati sull’etanolo. Nonostante sia una delle principali piazze finanziarie del Mondo per volumi e numero di contratti, delle grandi crisi sente solo gli echi. Durante quella del 1929 ha costruito la sua sede attuale, uno splendido grattacielo che all’epoca era il più alto della città. Durante il crollo dell’ottobre del 1987 è stata l’unica borsa tra le grandi a rimanere sempre aperta. Tra le poche chiusure, le due settimane dopo il grande incendio di Chicago che distrusse completamente la città nel 1871 e il 12 settembre del 2001, per solidarietà. Il giorno prima erano cadute le Torri gemelle e mentre i broker di Chicago si fermavano un giorno per solidarietà, i loro colleghi newyorchesi si chiedevano se ci sarebbe ancora stato un domani. A qualche isolato di distanza invece da West Jackson si trova invece la sede del Chicago mercantile exchange. I primi derivati puramente finanziari sono nati qui, nei primi anni ”70. Anche qui, hanno iniziato con le cose facili, le valute, e adesso vengono fabbricati e scambiati derivati su praticamente qualunque cosa. «Datemi un evento che io vi costruisco un derivato», potrebbe essere il motto della casa. Si va dal numero di disoccupati settimanali ai giorni di ghiaccio in un mese, dalle previsioni del temperature medie nel mondo a latte, burro e pancetta di maiale. Passando per praticamente qualunque altra cosa: indici azionari, titoli, tassi d’interesse, prezzi delle case. Dallo scorso anno, i due indirizzi sono diventati una sola società, a sua volta quotata, che capitalizza 13 miliardi di dollari circa, ne fattura 1,7 e guadagna oltre 600 milioni. A Racine, Wisconsin, Rinaldo Tondelli mostra con orgoglio una fila di blocchi per gli assali dei trattori Case e New Holland, gruppo Fiat: «Per fare soldi, qua bisogna ancora lavorare della gran ghisa». I trattori enormi che fanno qui a Racine, nello stabilimento talmente pulito che il pavimento brilla, sono troppo pochi per le richieste di un mercato che cresce ancora. Ieri erano i prezzi alle stelle del grano e del mais, oggi il boom dell’etanolo, fattostà che la domanda di trattori con oltre 100 cavalli è cresciuta del 22 per cento nel mercato Nordamericano. Le trabbitrici che la stessa Cnh fa a Grand Island, Nebraska, bestioni da 300 mila dollari l’uno, le vengono a prendere direttamente in fabbrica, appena escono, e i gli acquirenti si fanno fotografare accanto come fossero auto sportive. E il problema di Tondelli, da quarant’anni nel gruppo dove adesso si occupa della produzione di mezzi agricoli in una ventina di stabilimenti in mezzo mondo, non è la crisi dell’economia di carta ma è quello di mettere insieme sempre più pezzi di quella «gran ghisa». Stampa Articolo