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 2008  ottobre 28 Martedì calendario

1. Comunque vada sarà un successo. Il mondo degli investitori guarda con grande fiducia al voto per le presidenziali americane

1. Comunque vada sarà un successo. Il mondo degli investitori guarda con grande fiducia al voto per le presidenziali americane. Non perché preferisca l’uno o l’altro candidato, ma perché la nuova presidenza permetterà agli States di uscire dal clima di incertezza politica. La crisi sarà il primo test importante per il nuovo inquilino della Casa Bianca, tutti attendono investimenti in infrastrutture e incentivi alle aziende che consentano all’economia a stelle e strisce di rialzare la testa. Che sia Obama o Mc Cain. (Nella foto, due artisti di Madame Toussaud ritoccano le statue dei candidati per il museo delle cere di Londra). 2. Quando la Borsa scende, è il momento di comprare: in queste settimane titoli di aziende molto robuste sono precipitati a livelli impensabili solo qualche mese fa. Chi ha qualche soldo da parte può pensare a una politica - moderata - di acquisti, scommettendo sul fatto che presto o tardi la tendenza si invertirà, riportando su valori più ”normali” i titoli che oggi si possono acquistare a prezzi stracciati. Energetico, manifatturiero e bancario, da questo punto di vista, offrono buone opportunità. L’essenziale è stare prudenti e avere tempo di fronte, però: la speculazione, come s’è visto, oggi non paga. 3. Dopo dieci anni di corsa ininterrotta, il mercato immobiliare rallenta: i prezzi sono scesi ma non ancora abbastanza, visto che le compravendite continuano a restare bloccate. Non è una buona notizia per gli immobiliaristi di professione, può diventarlo per chi invece una casa vuole comprarla come investimento e per viverci: in tempi di vacche magre probabile che anche le banche vengano a più miti consigli sui contratti di mutuo. A lungo termine l’investimento paga: la fame di case non si placa mai. 4. L’industria piange la fuga dei cervelli? Migliaia di giovani ingegneri negli ultimi anni sono stati assorbiti dalla finanza, ansiosa di costruire modelli matematici sempre più complessi per sviluppare i loro investimenti speculativi e pronta a sedurli con stipendi decisamente più alti di quelli in voga nel manifatturiero. Se la grande crisi, come sembra, ridimensionerà la finanziariarizzazione dell’economia, ecco che tornerà in campo l’industria. Che paga meno ma crea più posti di lavoro, crea meno ricchezza ma la distribuisce di più. Si torna a produrre più che a speculare. 5. «Il capitalismo non è né morale né immorale - ha detto Goffroy Riux de Bézieux, presidente di Virgin Mobile -. Il capitalismo è semplicemente amorale: obbedisce alle regole e basta». La crisi potrebbe portare però una ventata di moralizzazione «perché sarà rimesso in questione l’atteggiamento ultraspeculativo che ha caratterizzato gli ultimi anni». certo, tra l’altro, che i top manager delle banche abituati a spendere come sceicchi grazie ai superbonus che incassavano negli anni scorsi, nei prossimi anni se la vedranno dura. Impareranno a tirare la cinghia. 6. Anche se è vero che la crisi è globale, oggi l’economia mondiale può contare sulla corsa delle tigri, i paesi emergenti che sosterranno comunque la crescita. Secondo le ultime stime del Fondo monetario internaazionale, il pil cinese è accreditato intorno a una crescita del 9,3%, l’India sopra il 6%, e anche America Latina e alcuni paesi africani faranno la loro parte. A partire dagli Anni Ottanta un miliardo di persone circa sono entrate nell’economia di mercato: il sistema è più competitivo, ma anche più capace di compensare le perdite. 7. Gli Stati si sono mobilitati per sostenere un’economia finanziaria di cui avevano completamente perso il controllo, delegandolo in tutto e per tutto ai manager. Negli ultimi anni i governi si sono sempre dimostrati deboli quando si trattava di regolamentare la finanza: ora hanno un’occasione da non sprecare per riprendere il controllo della situazione, almeno dal punto di vista delle regole e della forza di chi è chiamato a farle rispettare. Una riforma della sorveglianza sull’economia - con meccanismi che vadano al di là del singolo Stato - non può che far bene a tutti. 8. Per quanto la cabala dei petrolieri renda difficile stabilire un rapporto diretto tra i prezzi del barile, del pieno di benzina e dell’energia elettrica - quando il greggio sale schizzano alle stelle, se il petrolio si inabissa il calo è decisamente più lento - da luglio a oggi la quotazione dell’oro nero s’è ben più che dimezzata: ieri a New Yorrk il barile è sceso fino a 61 dollari, per poi risalire in chiusura fino a 63. Sul mercato di Londra la quotazione è scesa addirittura sotto quota 60 dollari al barile. Presto o tardi, gli effetti si vedranno anche nelle tasche della gente comune. 9. La Banca centrale europea sembra orientata ormai a una politica più accomodante sui tassi: anche Jean Claude-Trichet, sostenitore del massimo rigore, ha prennunciato un ritocco verso il basso. E da qualche settimana anche l’Euribor - il parametro cui sono agganciati i mutui a tasso variabile che sono diventati l’incubo di buona parte delle famiglie - ha imboccato la discesa. Col tempo, insomma, tutto fa sperare che la rata del mutuo tornerà su livelli più miti di quelli che quest’anno hanno mandato a carte quarantotto il bilancio domestico degli italiani. 10. Supereuro riduce giorno per giorno la distanza dal dollaro: una boccata d’ossigeno in arrivo per le imprese europee che devono esportare negli Stati Uniti, ricevendo pagamenti nel biglietto verde. Un esempio? S’è calcolato che il colosso francese dell’areonautica Eads, forte su mercati che pagano in dollari, deve mettere in conto una perdita che supera il miliardo di euro ogni volta che la valuta europea si apprezza di 10 centesimi nei confronti della cugina americana. Un euro meno forte può aiutare, in questa fase, le pmi italiane che fanno affari in dollari. Stampa Articolo