Paolo Mauri, la Repubblica 27/10/2008, pagina 33, 27 ottobre 2008
Napoleone fu il vero inventore dei cimiteri moderni con quel celebre editto di Saint-Cloud che per ragioni igieniche imponeva di seppellire i morti fuori le mura e che spinse il Foscolo a intonare il suo «A egregie cose»
Napoleone fu il vero inventore dei cimiteri moderni con quel celebre editto di Saint-Cloud che per ragioni igieniche imponeva di seppellire i morti fuori le mura e che spinse il Foscolo a intonare il suo «A egregie cose». Come si sa, Bonaparte morì a Sant´Elena e un suo conterraneo, il corso dottor Antonmarchi provvide all´autopsia. Non molti sanno, invece, che il pene dell´imperatore, per strade contorte e complice un´asta del 1924, prese la via dell´America e si trova al reparto urologico della Columbia University. Quanto al corpo è oggi agli Invalides, custodito da un sarcofago di porfido che contiene una serie di bare, una dentro l´altra, di ferro e di legno. Riaverlo per i francesi non fu facile: solo nel 1840 la fregata Belle Poule partì alla volta di Sant´Elena dopo una lunga trattativa con gli inglesi e, ripercorso l´oceano fino a Le Havre, risalì la Senna. Il 15 dicembre Napoleone ebbe il suo ultimo trionfo: centomila persone, tra cui Stendhal, erano assiepate sull´Esplanade. «Ha risollevato il morale del popolo», annotò lo scrittore. Questa e mille altre vicende sono contenute nel curioso e informatissimo libro di Giuseppe Marcenaro in uscita tra pochi giorni da Bruno Mondadori e intitolato Cimiteri (pagg. 231, euro 18) che ha per sottotitolo «Storie di rimpianti e di follie». Marcenaro non ha nulla del letterato romantico che canta i cimiteri di campagna e ne apprezza lo spleen: piuttosto, da viaggiatore erudito, usa tombe e targhe come archivi di un passato mai esplorato abbastanza. I cimiteri sono appunto libri di pietra oltre ad essere ovviamente luoghi molto speciali. Non è un mistero che molti li visitino quasi «en touriste». E li fotografino. (Lo scrittore olandese Cees Nooteboom per esempio). I cimiteri dei caduti, con tutte le loro croci bianche: e penso ad Arlington, possono addirittura assomigliare a gigantesche installazioni d´artista, senza nulla perdere della loro sacralità. Proprio ad Arlington riposa J. F. Kennedy con accanto Jacqueline. E´, la loro, una sobria tomba di pietra che rimanda alla storia recente ma anche a moltissime pagine di rotocalco: i cimiteri possono essere pettegoli. Torniamo, con Marcenaro, in Europa: Praga, una città piena di silenzio prima che arrivasse - e ormai sono decenni - il turismo di massa, è l´unica ad avere una via dei Cadaveri. L´autore si sofferma sull´antico cimitero ebraico dove le lapidi sembrano essere state sottoposte ad una specie di terremoto, tanto sono affollate e smosse. Non posso non ripensare al racconto di Dostoevskij, "Bobok", in cui, appunto in un cimitero, non appena rimasti soli (o almeno così credono) i morti si mettono a parlare tra di loro, intrecciando conversazioni da salotto. Quando non sono i morti a parlarsi subentrano comunque i vivi. Chi è il misterioso visitatore che nel gennaio del 1949, a cent´anni dalla morte, lasciò cadere sulla tomba dello scrittore tre rose rosse e vi pose accanto una bottiglia di cognac francese? Non si è mai saputo, ma costui ha avuto degli epigoni o forse addirittura dei discendenti che hanno perpetuato la cerimonia, dando il via al «brindisi di Poe», un vero eroe del macabro. E´ capitato a chi scrive, a Buenos Aires, di vedere la statua di Ignacio Gardel ritta sulla sua tomba con una sigaretta accesa fra le dita. Gli amanti del tango, e lì sono legioni, non fanno mai mancare una sigaretta al loro idolo. E, d´altra parte, nella stessa città di Borges basta vedere la tomba di Evita Peron, meta di costanti pellegrinaggi e omaggi, per misurare con mano a quanto arriva la popolarità. Una popolarità che sfida il tempo, la storia, l´evolversi dei costumi per tradursi in una venerazione acritica, una sorta di religiosità pagana. Nel cimitero di Fort Summer, nel New Mexico, riposa dal 15 luglio 1881, la salma di un ragazzo assassino: quel Billy the Kid che lo sceriffo Pat Garrett uccise mentre era a letto con la sua amante messicana. Billy aveva 21 anni 7 mesi e 21 giorni, ci informa Marcenaro. Aveva cominciato ad ammazzare uomini a 12 anni: le sue vittime furono ventuno, senza contare gli indiani. Ebbe una fama molto vasta: qualcuno andò in giro esibendo resti del suo corpo. Era un pistolero, ma anche un difensore dei deboli e piacque persino ad una suora di origine italiana, anzi ligure. Suor Blandina, questo il suo nome, morì nel 1938 ultranovantenne, ma riuscì a pubblicare il suo diario, in cui parla anche del Kid e lo compiange. «Povero, povero, Billy the Kid». E´ indubbio, i cimiteri sono i luoghi del compianto e del rimpianto. Sebbene l´era romantica sia finita da un pezzo non mancano i poeti che sono tornati sul tema. Valéry, per esempio, e il suo memorabile cimitero marino col sole fisso al «giusto mezzogiorno». Una cosa non sapevo e la racconta Marcenaro: un vecchio cane accompagnava i visitatori alla tomba del poeta, finché i funzionari non giudicarono disdicevole la cosa. Ma Valéry ci dice anche che i cimiteri sono fortemente radicati nel nostro immaginario e possono dunque essere persino inventati. A Roma spicca per bellezza e anche un po´ per originalità il cimitero degli inglesi che si trova presso la Piramide di Caio Cestio ed è conosciuto anche come cimitero acattolico. Nell´Ottocento la zona, oggi molto popolosa, era ancora piena di prati e le tombe non erano difese da nulla. Somma ignominia nella Roma governata dai Papi era la sepoltura di un non cattolico: osteggiata o appena tollerata, tanto che le inumazioni dovevano avvenire di notte. Tutti oggi sanno che qui riposa Gramsci (vedi Le ceneri di Gramsci di Pasolini) e Shelley e moltissimi altri personaggi di rilievo grande e piccolo. Marcenaro rievoca anche la storia di Rose Bathurst, una giovane bellissima che a Roma aveva attirato l´attenzione di molti e che morì precipitando da cavallo nei pressi di Ponte Milvio e finendo nel Tevere dove annegò. Era il 14 marzo del 1824, solo dopo cinque mesi il fiume restituì il corpo che fu appunto inumato nel cimitero degli inglesi. Alessandro Poerio le dedicò dei versi. Fu trattata come una santa e ciocche dei suoi capelli divennero reliquie. Solo alla fine dell´Ottocento il Cimitero acattolico poté avere il suo muro di cinta diventando quel luogo fuori dal tempo che certo non è incluso nelle normali mete turistiche. E´ curioso che a guardia del cimitero vi sia una piramide: un´altra tomba dunque, sia pure lontana dalle proporzioni delle piramidi egiziane. Oggi al Cairo si visita la città dei morti, un autentico quartiere che non ha per noi l´aspetto di un normale cimitero. I morti abitano in casette vere e proprie e le dividono con i vivi, custodi o parenti che siano. Non è raro, passando da quelle parti, vedere panni stesi, o addirittura residui di feste paesane. Perché si va nei cimiteri, a parte il rito scontato della visita ai propri cari defunti? Forse proprio per meditare sull´essere vivi, in un luogo che solo i vivi vedono, e dove solo i vivi leggono (vedi Le scritture ultime di Petrucci). All´inizio del Giardino dei Finzi-Contini ci sono le tombe etrusche di Cerveteri e da quelle tombe la narrazione corre ad altre morti, più recenti e naturalmente molto più dolorose. Ci ho ripensato andando a visitare la tomba di Giorgio Bassani nel cimitero ebraico di Ferrara, uno dei più belli, quasi un´arcadia dipinta. Bassani ha voluto essere sepolto in una parte del cimitero lontana dall´ingresso: chi mi vuole venire a trovare, sembra abbia detto, deve fare un po´ di strada. E´ una passeggiata lieve e silenziosa, durante la quale viene spontaneo ripensare a certi personaggi delle storie di Ferrara, a Geo Josz, che tornando dal lager trova il proprio nome tra quelli degli scomparsi, dei sommersi come diceva Levi. Il libro di Marcenaro ci invita a sfruttare meglio la memoria, forse la meno apprezzata, oggi, tra le qualità dell´uomo. Paolo Mauri