Raffaello Masci, La Stampa 27/10/2008, 27 ottobre 2008
MARCO SODANO
La crisi avanza, le richieste per la cassa integrazione aumentano, il governo ha bisogno di aumentare la dotazione dei fondi. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha spiegato alla Camera nei giorni scorsi che il suo ministero «sta ritarando gli strumenti e le risorse» disponibili per gli ammortizzatori sociali. Ieri ha rilanciato l’allarme il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che ospite a Domenica In ha detto: «i fondi per la cassa integrazione finiranno in due mesi».
La manovra economica prevede 450 milioni di euro di spesa per stanziamenti in deroga e finanziamenti per altri 75 milioni, per un totale di 525 milioni, per fronteggiare l’aumento delle richieste di cassa integrazione. Tutto fa pensare che quei soldi non saranno sufficienti. Le richieste di Cigs arrivate tra gennaio e settembre sono 985, rispetto alle 923 dello stesso periodo del 2007. All’osservatorio della Cgil non hanno dubbi: nei prossimi mesi la situazione peggiorerà ancora. Secondo gli ultimi dati elaborati dal sindacato - le cifre si riferiscono al primo semestre dell’anno - nel corso del 2008 la cassa integrazione ordinaria è aumentata del 15,4% mentre quella straordinaria dell’1,5%.
Il numero di aziende che hanno fatto richiesta è salito del 24,5%. Preoccupa il fatto che il 52,5% delle domande di Cigs si deve a crisi aziendali, percentuali minori hanno invece come motivazione la ristrutturazione o la riorganizzazione. Così, concludono gli esperti della Cgil i «posti di lavoro a rischio nell’industria sono circa 300mila». E se queste sono le conclusioni basate sui primi sei mesi dell’anno - quando la crisi non era ancora entrata nell’economia reale - è facile immaginare cosa succederà quando si tireranno le somme del secondo semestre. Per esempio, tra i numeri del dipartimento settori produttivi della Cgil non è ancora conteggiata la decisione della Fiat di fare ricorso alla cassa integrazione per due settimane nello stabilimento di Mirafiori, dopo il crollo d’autunno del mercato automobilistico (circa 2.500 lavoratori). E nei giorni scorsi il presidente di Confapi Paolo Galassi ha annunciato che tra le pmi altri «150mila lavoratori rischiano di finire in cassa». Il totale sfiora il mezzo milione.
I settori dove le ore di cassa integrazione sono aumentate di più sono legno, pelli e commercio. Le regioni più colpite sono le Marche con la crisi dell’industria degli elettrodomestici, la Basilicata dove pesa il declino del distretto dei divani. E poi c’è la Toscana alle prese con il calzaturiero finito in rosso. Secondo la Cna toscana dal primo novembre i lavoratori del settore non potranno più contare sull’80% dello stipendio: i fondi per il calzaturiero sono già esaruriti, bisognerà accontentarsi di assegni ridotti al 40-50% grazie a un intervento della Regione. E poi Friuli e Veneto, regioni ad altissima densità di imprese.
Da Nord a Sud, intanto, si moltiplicano le situazioni di cassa ”cronica”. La Ferrania (Genova) è al quarto anno di cassa straordinaria per 400 lavoratori. Datitalia (Napoli) al quinto anno per 108 dipendenti. La Cagi di Pavia, storica azienda di abbigliamento intimo ha 200 dipendenti in cassa, mentre X-Pharma si contano 376 informatori scientifici che sono rimasti a casa.