Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 26/10/2008, 26 ottobre 2008
ROMA – Schermi tecnologici, puntamento laser, manichino a grandezza naturale, video, impronte ingrandite
ROMA – Schermi tecnologici, puntamento laser, manichino a grandezza naturale, video, impronte ingrandite. Altro che Csi. L’arringa di Giulia Bongiorno a Perugia ha fatto impallidire i conduttori tv che si contendono la penalista-onorevole da quando, assistente ventottenne dell’avvocato Franco Coppi, difese Giulio Andreotti. Un’arringa che ha fatto scalpore. Anche in Parlamento. Sarà gelosia di colleghi o avversione politica, ma c’è chi storce il naso davanti al doppio ruolo di presidente della Commissione Giustizia e di penalista nel processo più seguito d’Italia, quello di Meredith. Alberto Maritati, ex viceprocuratore antimafia, poi avvocato, ora senatore Pd: «E’ questione di sensibilità. Io da sottosegretario mi sono sempre astenuto dalla difesa. Lei invece indossa la toga e la toglie con scioltezza, approfittando del suo ruolo che le dà risonanza». In sua difesa si schierano il predecessore Pecorella («avviene da Cicerone in poi»), i colleghi Pdl Costa e Paniz. L’avvocato Flammini Minuto («C’è chi finge di astenersi e poi manda il figlio»). E l’ex presidente della Consulta Contri («Ci sono ben altre incompatibilità ignorate»). Lei dubbi di incompatibilità non ne ha: «Ho votato contro l’indulto e mi batto per far restare le intercettazioni contro la pubblica amministrazione anche se non giova ai miei clienti. E sono in Parlamento anche i lunedì e i venerdì», rivendicando che il lavoro di avvocato non ostacola quello di presidente della Commissione Giustizia. Dal debutto nel circuito mediatico avvenuto 13 anni fa proprio tra Perugia e Palermo, la quarantaduenne palermitana, ha collezionato clienti sempre più noti, da Piero Angela a Sergio Cragnotti. Fino ai calciatori Bettarini (accusato di scommesse illecite) e Francesco Totti (squalificato per lo sputo in faccia). Nel 2006 l’arrivo in Parlamento, nelle file di An. E l’inizio della doppia vita professionale. Lo studio sempre più popolato di assistenti e consulenti. Ora sono in dieci, divisi in due appartamenti in attesa di trasferirsi nello studio cedutole da Andreotti in piazza San Lorenzo in Lucina. «Ma il flusso dei clienti è più o meno uguale», sottolinea. Difende Vittorio Emanuele e Clementina Forleo. Cura la separazione di Gianfranco Fini da Daniela Di Sotto. Sarà lui a caldeggiare il suo nome per la presidenza della Commissione Giustizia. La ottiene. E non lascia. Al suo studio bussano lo schermidore Baldini accusato di doping e Alessandro Moggi. Arriva Raffaele Sollecito. «Mi voglio prendere la Bongiorno perché può influire su questa storia a livello politico », dice in un’intercettazione divenuta oggetto di indagine su presunte pressioni sulla Mobile di Perugia. Lei non accetta. Lui perde in Cassazione e resta in carcere. Lei cambia idea: «Ma solo dopo aver letto tutte le intercettazioni e aver capito che mi sceglieva solo per le mie qualità di avvocato». A Perugia tace per tutta la indagine, poi venerdì, in aula, lo show tecnologico col manichino: «Ho dovuto ricostruire la storia del gancetto del reggiseno di Meredith con il Dna di Sollecito a 40 giorni dal delitto e due perquisizioni. La contaminazione con il manichino e il video era più evidente». Un’arringa che ha spettacolarizzato il lavoro di 16 consulenti, ma costruita come sempre: «Annotando su foglietti in gradazione di colore le prove più o meno importanti. Soffri nel gettarne via molte. Ma alla fine sei già preparato». Virginia Piccolillo