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 2008  ottobre 26 Domenica calendario

Roma, 15 settembre 1959 Carissimo Emilio,grazie delle tue lettere, e degli affettuosi ricordi che serbi degli anni di giovinezza ormai lontani: e grazie della cordiale esortazione a trascorrere qualche tempo con voi, a Stresa

Roma, 15 settembre 1959 Carissimo Emilio,grazie delle tue lettere, e degli affettuosi ricordi che serbi degli anni di giovinezza ormai lontani: e grazie della cordiale esortazione a trascorrere qualche tempo con voi, a Stresa. Ma quando potrò aver modo di lasciare questo groviglio d´impicci e di mali che mi lega alla ingrata residenza? Non avrei potuto lasciare l´afa e il vuoto di Roma prima di essere un po´ rinfrancato col cuore e coi nervi. Poi sono venuti i postumi, dolorosissimi, della caduta del gennaio; a straziarmi sotto forma di artrosi la colonna vertebrale. Ora è di nuovo il lavoro a tenermi, le troppe esigenze di chi mi ha aiutato, ma vuole ripagarsi: le pratiche, poi, con il fisco: il quale m´è saltato addosso per miseri introiti, già consumati da un pezzo. Nella primavera ho passato giorni nerissimi con editori-bambini di tre anni, ho avuto attacchi letterari da molti asini e asinesse, in genere invidiosi e invidiose, ma soprattutto somari e somare. Sono quindi in uno stato di esasperazione contro la folla dei ciuchi. Venendo a Stresa vi porterei la mia infermità fisica, il mutismo, la delusione di chi è stato mezzo salvato e mezzo rovinato dai medici e dalle loro cure. (...) Ti ringrazio di quanto mi dici di mia sorella: mi duole di essere stato causa (involontaria) di un suo tono così poco cortese verso Anita. Ma mia sorella deve essere certamente "fissata" su certi temi: e dovete aver considerazione per una creatura che ha sofferto l´incredibile, specie per merito di sua madre e di quel vecchio egoistone di coltivatore di pere di suo padre, che poi è morto quando lei aveva 14 anni lasciandola nella miseria longonese e nelle grinfie di una assassina. Lasciatela, è inutile e forse impossibile dimostrarle che le si vuol bene. A rivederci! Grazie di cuore a te e ad Anita. Un abbraccio dal tuo Carlo *** @_CITTA´ nero dx:Roma, 7 dicembre 1959 Carissima Anita,(...) Il cuore non va e il sistema nervoso, provato da tutta una vita e affaticato, meno che meno. (...) Soffro di insonnia dalle 4 alle 7 del mattino, dopo di che iniziano i rumori della giornata. Sono molto stanco: e cammino e mi applico con difficoltà. Il film di Germi non mi sembra un capolavoro, però gli sono egualmente grato di averlo fatto, anche se ha dato una soluzione diversa a tutto l´imbroglio, inserendo nella matassa particolari da lui escogitati. Comunque ho dato ufficialmente segno del mio gradimento, e ti prego di dire che ne sono contento, se mai capitassero a Stresa (tutto è possibile) parenti o conoscenti di Germi o lui stesso. Te ne prego vivamente. Il compenso è una cifra fissa (non una percentuale, come per il volume, che è il 10-15 per cento del prezzo, legatura esclusa): una percentuale molto modesta, circa un cinquantesimo o 1/100 di quanto spetta al regista. In ogni modo anche il compenso del regista italiano è mille miglia lontano dai "30 milioni per mammella" decernés alle poppe della Lollobrigida o alla bocca della Loren. Detto compenso fisso a me è stato pagato lo scorso anno e mi ha aiutato a tirare avanti per 3-4 mesi. Non è dell´ordine di grandezza del compenso-fisso di Hemingway o di altro ubriacone-fisso pagato in dollari, p. e. mezzo milione di dollari. Su cui si può ronfar sopra per tutta la vita, a Maiorca o altrove. Non ti consiglio di fare un viaggio apposta per andarlo a vedere lontano. Se lo proiettano a Pallanza o ad Arona, vacci ossia andateci: ma a Milano non ne vale assolutamente la pena. (...). Unisco un foglio per Emilio, e ti abbraccio affettuosamente, grato e pieno di rimproveri. Il tuo Carlo *** @_CITTA´ nero dx:Roma, 7 marzo 1960 Carissima Anita,come avevo scritto a Emilio, mi sono tenuto libero per i primi giorni di febbraio. Il tempo è stato ed è freddo-umido, piovoso e ventoso. (...) Le strade di Roma sono un po´ terremotate, specie alla periferia e nei miei paraggi: (dico per l´automobile di lusso). Ciò che mi angustia è non avere servizio fisso, né possibilità di ospitare Emilio per mancanza di spazio, di coperte, e domestica insufficiente oltreché saltuaria; oltre agli inconvenienti acustici: neonata che vagisce tutta la notte. Io scendo in città una volta al giorno, per fare un pranzo discreto: con molta perdita di tempo, dati i 7 chilometri di distanza. La salute non va, le cure non servono. Unica cosa è la dieta scarsa e a-salina, che mi lascia però molto debole. Le medicine, lo scorso anno, mi avevano avvelenato. un pezzo che "sono diventato vecchio": ed è nell´ordine naturale delle cose: già quando venni a Stresa nel ï¿?56, stavo tutt´altro che bene. Unica medicazione quella di non avere dispiaceri, né cattive notizie, né insulti. Non sono più in grado di sopportarne. La mia vita è stata troppo affaticata e tormentata, piena di privazioni e durezze: che gli impagabili nostri parenti ignorano o fingono di ignorare, per non guastarsi la digestione. Dopo la guerra, a Firenze, ero ridotto alla fame e alla più nera miseria. Con uno sforzo disperato mi sono ripreso, fra l´incomprensione dei suddetti parenti e quella loro politica del "come se nient füdess". Ma ora basta. finita. (...) Io ho bisogno di calma, di evitare i patemi d´animo, l´umidità, le scosse, il freddo, l´automobile: (non ci vado più, e quando gli amici mi vogliono riportare a casa, preferisco il bus). I cosiddetti divertimenti non mi hanno mai divertito, salvo la musica strumentale qualche concerto. Grazie di tutto, cara Anita! Saluta Emilio, saluta la brava Teresa e dille che il "suo Carlone" la ricorda. Credi all´affetto costante del tuo Carlo *** @_CITTA´ nero dx:Roma, 20 dicembre 1961 Carissima Anita, non dispiacerti troppo dei miei silenzi: ne sento io per primo il disagio, ma, credi, non ce la faccio più: en podi pü, anzi en poss pü come dicono i contadini del suburbio, scarsi nella grammatica classica. Due cose mi disturbano da anni: gli obblighi mondani e la relativa prammatica dei convenevoli, e il dover dare spiegazioni e quasi giustificazioni a persone (dive, critici, e altri somari e somaresse) della mia nessuna voglia di occuparmi di loro: persone che poi non ne tengono alcun conto, delle spiegazioni. Tutti i 50 milioni di nostri (impagabili) concittadini sono privi di senso aritmetico e statistico: e nella loro sprovveduta anaritmeticità credono davvero pensabile che un uomo possa sopravvivere alle 2.000 richieste, inviti, e scenate isteriche al telefono che riempiono la sua settimana nel manicomio di tutta Italia. Centinaia di lettere e di solleciti si ammucchiano senza risposta in polverose cartelle: che non ho più nemmeno la forza di guardare. (...) A Roma mi trovo malissimo, e sono tutt´altro che romano. Emilio e tu sapete perché ci sono ritornato nel ï¿?50, anzi ottobre ï¿?49. Ero a Zero: a cinquantasette anni, ed essendo un buon ingegnere e nient´affatto un asino neppure nel resto. Enrico R. mi scrive le solite frasi, d´altronde con un certo affetto, e lamenta di non poter seguire la mia "produzione": parola offensiva per un genio del mio calibro; "produzione" si può dire di una fabbrica di scatole o di saponette al gelsomino: ma il fare dello spirito su una cosa seria è un tentativo piccolo-borghese di svalutarne l´importanza. (...) Non faccio più auguri a nessuno, e non ne voglio da nessuno: chi ha passato la vita che ho dovuto passare io ha il diritto di non fare auguri e di respingere, anche duramente, le schiamazzanti verbosità di circostanza. Vi penso, vi spero bene; e prego la Madonna, mia divina ausiliatrice, per la vostra serenità: e granosità in quanto possibile: granosità da grana, che vuol dire palanche. Con tutto il cuore, credetemi il "molto meno secco e molto meno imbecille" di quanto i molti concittadini credano, vostro Carlo