Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 26 Domenica calendario

NEW YORK

Dovendo descrivere Barack Obama con un solo aggettivo, probabilmente la scelta cadrebbe su cool, che ha più di un significato, vuol dire chic, affascinante, ma anche calmo, pacato, che non tradisce le emozioni. Per alcuni ha persino una connotazione leggermente negativa: un po´ freddo, distaccato, troppo controllato. Ma nella fase finale della campagna elettorale che ha visto Obama guadagnare un sensibile vantaggio su John McCain, questo controllo e questo distacco gli sono stati molto utili. Nella frenesia del disastro di Wall Street, fatto bersaglio di attacchi feroci da parte dei suoi avversari, Obama non ha mai perso la sua compostezza, non ha mai dato sfogo alla rabbia. Al contrario, la calma e l´equilibrio mostrati nel bel mezzo della tempesta hanno portato ad un esito piuttosto sorprendente, un ribaltamento: gli elettori hanno avuto infatti la percezione che il candidato più affidabile come leader, l´unico davvero pronto a diventare presidente, sia Obama e non il più anziano e più navigato McCain. Paradossalmente negli ultimi due mesi McCain, il veterano, è apparso imprevedibile e irascibile, ha cambiato parere sulla crisi di Wall Street, ha annullato e poi confermato il dibattito con Obama, ha zigzagato tra posizioni moderate e di estrema destra, ha ribadito di voler condurre una campagna positiva e poi si è lanciato in aspri attacchi personali. Obama, il neofita, invece è rimasto impassibile, calmo, dignitoso, fedele alla sua strategia e dando di sé, con grande sorpresa di molti, un´immagine più presidenziale rispetto al suo avversario che ha alle spalle quasi un quarto di secolo di attività al Senato.
Ma particolarmente interessante è come si è evoluto il suo stile sotto gli occhi degli americani nell´ultimo anno e mezzo-due. Anche se molti a ragione lamentano i tempi lunghi della campagna presidenziale americana, in questo caso essi si sono rivelati utili come straordinario test di laboratorio in cui un gruppo di leader è sottoposto ad una scrupolosa analisi e a terribili pressioni. Nel caso di Obama, forse a causa della giovane età - solo quarantasette anni - si ha la sensazione di aver avuto l´occasione di osservare in presa diretta lo sviluppo e la maturazione delle doti naturali di un politico di prim´ordine.
Obama salì alla ribalta nazionale con un intervento di grande impatto alla convention democratica del 2004. Molti lo giudicarono un miracolo di eloquenza e acume, paragonandolo a Martin Luther King. Ma mentre Martin Luther King era stato il modello di un certo tipo di eloquenza che combinava efficacemente la retorica e le immagini bibliche con un´enfasi trascinante, Obama faceva un uso molto diverso, esperto, del linguaggio: intriso di un senso di speranza ma privo della rabbia, dell´indignazione e della passionalità che hanno dato fama a King e ai predicatori della tradizione afro-americana. Obama sembrava trascendere la razza, entrando in una dimensione post-razziale. Il suo messaggio andava oltre la vecchia dicotomia tra repubblicani e democratici, neri e bianchi, l´America e i nemici dell´America, e dava vita a una visione politica collettiva, post-razziale e globale.
Il messaggio ebbe risonanza perché lo stesso Obama e la sua biografia sembravano l´incarnazione di questo mutato approccio. Obama era sia nero che bianco, figlio di un´americana del Kansas e di un keniano di discendenza musulmana. Era cresciuto in parte in Indonesia, negli anni del secondo matrimonio della madre, e quindi alle Hawaii, una società multirazziale che fa parte sia dell´Asia che degli Stati Uniti. Era un progressista sotto molti aspetti ma in maniera moderata, non ideologica, pragmatica. Nella sua carriera di legislatore, prima in Illinois poi a Washington, era stato fautore di cambiamenti graduali più che radicali e si era impegnato molto per individuare e conquistare alleati alla sua causa tra i colleghi repubblicani (Poche cose spaventano gli americani bianchi più di un nero indignato o aggressivo e Obama ne è intimamente consapevole).
Ma accanto alla compostezza e all´eloquenza lo stile di Obama è caratterizzato dal altri elementi, forse più sottili: disciplina e tempra. All´esordio nelle primarie democratiche Obama sorprese Hillary Clinton e il resto del Paese mettendo a segno una serie di vittorie del tutto inaspettate in stati come Iowa, Wisconsin e Missouri. La campagna della Clinton, contando sull´appoggio dell´establishment democratico, su un´organizzazione più grande e più forte e (inizialmente) su maggiori finanziamenti, prevedeva di mettere al tappeto Obama in breve tempo. La previsione si rivelò sbagliata, cogliendo lo staff della Clinton del tutto alla sprovvista. Emerse che l´organizzazione di Obama aveva lavorato sul territorio senza clamore, aprendo uffici, arruolando da mesi volontari. Sembrava che l´organizzazione della campagna di Obama avesse attinto dalla condotta composta e imperturbabile del candidato.
Ma passando con forza al contrattacco dopo le prime sconfitte, Hillary mise a nudo una certa debolezza di Obama. La Clinton riuscì a trasformarsi in una combattente appassionata, paladina della classe lavoratrice. La retorica di Obama, fatta di alti ideali di «cambiamento» e «speranza», prese ad apparire piuttosto vaga e vuota. Che cosa aveva da offrire in particolare alla gente comune, soprattutto agli elettori anziani, bianchi, che avevano più difficoltà ad identificarsi con un messaggio di cambiamento generazionale e razziale?
Obama sopravvisse a malapena alla furiosa controffensiva di Hillary, ma dava l´idea di poter essere vulnerabile a questo genere di attacchi nelle elezioni generali. La campagna di McCain ha cercato di sfruttare questa vulnerabilità. Ma il candidato democratico ha dato una svolta decisiva al suo stile e al suo approccio. impressionante la sua capacità di imparare, presto e bene. Quasi mai ricade nello stesso errore. All´inizio della stagione elettorale non era particolarmente abile nei dibattiti: è migliorato di volta in volta. Ha smorzato i toni idealistici per dare spazio all´illustrazione circostanziata e chiara delle sue politiche, rivolgendosi direttamente agli elettori della classe media e della classe lavoratrice che lo avevano snobbato nelle primarie. Il tutto senza mutare il messaggio di fondo, bensì semplicemente approfondendolo.
Quando Obama è stato oggetto degli attacchi di McCain, molti democratici auspicavano una reazione dura da parte sua. Invece ha scelto di non perdere mai la calma; ma non ha dato l´impressione di essere debole, come a suo tempo John Kerry. Non ha esitato a condannare le politiche sia di Bush che di McCain ma si è astenuto dagli attacchi personali, e non ha mai perso la compostezza quando nei dibattiti ne è stato bersaglio. Nonostante gli aggiustamenti e i cambiamenti, Obama è rimasto notevolmente coerente e fedele al suo messaggio fondamentale: evitare «le vecchie politiche di distruzione personale». Ad ogni dibattito gli indici di gradimento di Obama salivano e quelli di McCain continuavano a scendere. La compostezza e la sobrietà di Obama, che si atteneva a un´attenta e chiara analisi dei fatti, trasmettevano un senso di serietà e autorità, mentre McCain sembrava sempre più vago e imprevedibile.
Si pensava che quanto a personalità McCain sarebbe stato il vincitore di questa elezione, mettendo a confronto il suo status di eroe di guerra che aveva resistito alla tortura con la personalità più amorfa di Obama. Chi è Barack Obama?, si chiedevano i repubblicani. bianco o nero? Sembra che non abbia radici: viene dal Kansas, dal Kenya, dall´Indonesia, dalle Hawaii o da Chicago? musulmano o cristiano? Eppure la discriminante della personalità (finora) ha sfavorito McCain e favorito Obama. La sua compostezza non sembra superficiale ma profondamente radicata e ha funzionato con gli elettori. Se questo modo di essere porterà Obama alla vittoria non è dato sapere. Alcuni potrebbero leggerlo come passività e mancanza di passione, altri come la capacità di traghettare l´America oltre un´epoca di intense divisioni e di infelicità.
Traduzione di Emilia Benghi