Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 26 Domenica calendario

ROMA - Lavorare di più e lavorare più a lungo. La Banca d´Italia rompe un lungo silenzio sul tema delicato della previdenza e avverte - tanto più in una fase di crisi economica - che se si vuole mantenere l´attuale standard di benessere non si possono, tra l´altro, rimuovere «vincoli quali quello di un´età di pensionamento prefissata e costante nel tempo»

ROMA - Lavorare di più e lavorare più a lungo. La Banca d´Italia rompe un lungo silenzio sul tema delicato della previdenza e avverte - tanto più in una fase di crisi economica - che se si vuole mantenere l´attuale standard di benessere non si possono, tra l´altro, rimuovere «vincoli quali quello di un´età di pensionamento prefissata e costante nel tempo». Insomma allungare l´età pensionabile, oltre a aumentare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e innalzare il tasso di produttività. L´analisi è stata fatta ieri dal vicedirettore di Via Nazionale, Ignazio Visco nella sua lezione all´Università di Perugia, durante la riunione annuale della Società italiana degli economisti. La crescita economica, cioè la ricchezza del paese, dipende anche dalle dinamiche demografiche, dai flussi degli immigrati e dalle politiche per la formazione, attraverso le quali passa la valorizzazine del capitale umano. Tra quarant´anni - ha spiegato Visco - l´Italia avrà una popolazione di 61 milioni di abitanti, con una crescita del rapporto di dipendenza degli anziani (over 65) che passerà dall´attuale 51 per cento all´85 per cento; la quota di persone con più di 80 anni salirebbe al 13 per cento (oggi è al 5,3). «Questo - ha precisato - avrebbe luogo nonostante il consistente afflusso di stranieri, mediamente più giovani e con tassi di fecondità maggiori, che giungerebbe a rappresentare oltre il 17 per cento della popolazione residente e circa il 22 per cento di quella in età da lavoro». Scenario preoccupante per la tenuta dei conti pubblici, con maggiori uscite per le voci previdenziali, sanitarie e assistenziali, e minori entrate con la riduzione della quota dei contribuenti attivi. A meno che non si intervenga nella direzione indicata da Visco e condivisa dal vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl) («considerazioni corrette») ma respinta dalla sinistra comunista che ha alzato la sua barriera con il segretario di Prc, Paolo Ferrero, e il segretario della Fiom-Cgil, Giorgio Cremaschi. Oggi l´età per l´accesso alla pensione di vecchiaia è di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini. Per la pensione di anzianità servono 35 anni di contributi e 58 di età. Da luglio scatterà il sistema della "quote", cioè la somma tra età e contributi. Lo scenario descritto da Visco, comunque, è futuro, mentre ora, da subito, va affrontata la recessione. Il dirigente della Banca d´Italia non ne ha fatto cenno. stato, invece, il tema centrale del meeting della Piccola industria di Confindustria riunita a Bologna, con il presidente Emma Marcegaglia. Che ha chiesto al governo l´istituzione di un fondo di garanzia per sostenere il credito alle imprese. Martedì ci sarà l´incontro a tre, governo, banche e industriali. E dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, è arrivato un primo segnale: l´attivazione di un fondo di 600 milioni di euro proprio a garanzia delle piccole imprese e a sostegno del capitale di rischio. La Confindustria teme che il sistema del credito tenga per sé la liquidità immessa nel mercato dalle operazioni della Banca centrale europea. Questo è il nodo da sciogliere il prima possibile per ridurre le conseguenze della crisi finanziaria sull´economia reale. «Credo - ha detto Marcegaglia - che le sorti delle imprese e dei lavoratori siano comuni. Gli imprenditori continueranno a fare il loro mestiere, ma proprio in un momento di questo tipo, di fase molto delicata, c´è bisogno di decisioni da parte del governo e dal parte delle banche nel supporto del credito. Senza il credito non possiamo andare avanti. Per questo - ha concluso il presidente della Confindustria - non faremo sconti a nessuno».