Hasnain Kazim, La Stampa 26/10/2008 (da Der Spiegel), 26 ottobre 2008
Dottor Yunus, da anni lei predica un modo di fare affari più attento ai bisogni sociali e denuncia la gretta concentrazione sulla massimizzazione dei profitti
Dottor Yunus, da anni lei predica un modo di fare affari più attento ai bisogni sociali e denuncia la gretta concentrazione sulla massimizzazione dei profitti. Ora l’intero sistema finanziario vacilla... «Quello che sta succedendo mi rattrista molto, non ne sono contento. Il tracollo ha improvvisamente reso instabile tutto il mondo. Ora dovremmo fare in modo che crisi di questo genere non accadano più». Che cosa si dovrebbe fare? «Nel sistema finanziario ci sono enormi buchi che devono essere tappati. evidente che il mercato non è in grado di risolvere i problemi da solo: deve rivolgersi ai governi per un’assistenza di emergenza. Questo non è un buon segnale perché dimostra che la fiducia nei mercati è svaporata. Al momento purtroppo non ci sono altre opzioni se non le acquisizioni da parte dei governi». Lei vede problemi in una strategia di questo genere? «Le soluzioni dovrebbero arrivare dal mercato e non dai governi. Dobbiamo tornare il più presto possibile ai meccanismi di mercato». Lei ha appena detto che il mercato non è capace di risolvere questa crisi. «E’ proprio su questo che dobbiamo lavorare. Per molto tempo le priorità sono state la massimizzazione dei profitti e la crescita rapida, ma è proprio questo che ha portato all’attuale situazione. Invece ogni giorno dobbiamo controllare se da qualche parte c’è una crescita potenzialmente nociva. E se ne troviamo una, dobbiamo reagire immediatamente. Se qualcosa cresce troppo in fretta, dobbiamo fermarlo. Perché tutte le società non contribuiscono a un fondo che rilevi i titoli che sono diventati troppo rischiosi? Posso perfino immaginare un modello di business per un programma del genere». Da una parte lei dice che il mercato deve risolvere i problemi da solo, dall’altra critica la crescita troppo veloce. Sembra che lei pensi che il capitalismo orientato al profitto ha fallito. «Non del tutto. Il capitalismo, con tutti i suoi meccanismi di mercato, deve sopravvivere - questo non si discute. Quello che critico è il fatto che oggi c’è un solo incentivo a fare affari: la massimizzazione dei profitti. Invece va incluso anche l’incentivo a fare del bene alla società. Ci devono essere molte più imprese il cui scopo primario non sia fare i profitti più alti ma fornire all’umanità i benefici più grandi». Come Grameen Bank, la Banca che lei ha fondato e le ha portato il Nobel per la Pace 2006. «Grameen è un’impresa concentrata sul bene sociale, non sui profitti. Non sono interessato a trasformare società orientate al profitto in attività socialmente consapevoli: ci saranno sempre imprese del genere. Questo va bene, ma può essere soltanto il mezzo, non un fine in sé. Si deve investire il denaro in qualcosa di significativo, qualcosa che migliori la qualità della vita di tutti. Se ci fossero più imprese socialmente orientate, i mercati sarebbero più equilibrati». Lei sta parlando di salvare il mondo con l’altruismo... «Al mondo ci sono molti filantropi, c’è molta gente che aiuta il prossimo. Questo è denaro speso che non torna mai indietro. Se invece lo si investisse in un’impresa orientata socialmente, quel denaro rimarrebbe nell’economia e sarebbe molto più efficace perché verrebbe usato secondo i criteri del mercato». Chi è il colpevole dell’attuale disastro finanziario? «Il mercato stesso, con la sua mancanza di controlli adeguati. Il capitalismo di oggi è degenerato in un casinò. La speculazione ha raggiunto proporzioni catastrofiche. Tutto questo deve finire». La crisi finanziaria è cominciata con i mutui americani. Alla Grameen Bank, che concede microcrediti, il tasso di restituzione è prossimo al cento per cento. Lei pensa che la sua banca possa essere un modello? «La differenza fondamentale sta nel fatto che il nostro business è legato all’economia reale. Quando noi prestiamo 200 dollari, finiscono nell’acquisto di una mucca. Se ne prestiamo cento, qualcuno comprerà dei pulcini. In altre parole: il denaro finisce in qualcosa che ha un valore concreto. Finanza ed economia reale devono essere collegate. Negli Stati Uniti il sistema finanziario si è completamente staccato dall’economia reale. Si sono costruiti castelli in aria». E’ arrivato il momento che i governi intervengano nell’economia di mercato e rafforzino le regole? «Ci devono essere delle regole, ma ai governi non dev’essere permesso governare il mercato. D’altro canto, è diventato chiaro che la ”mano invisibile” di Adam Smith, che si presume risolva tutti i problemi del mercato, non esiste. Quello che stiamo vivendo è il fallimento drammatico dei mercati». Copyright Der Spiegel Stampa Articolo